Il processo di metal injection moulding (MIM) può essere considerato un “ibrido” tra la più nota tecnica di iniezione dei materiali polimerici e le tecniche più tradizionali della metallurgia delle polveri. Il materiale di partenza è costituito da granuli di polvere metallica molto fine e un legante polimerico termoplastico, che insieme formano il cosiddetto “feedstock”. Quest’ultimo viene iniettato caldo, tramite una coclea, nella cavità dello stampo riproducente la forma desiderata. Il “verde” così prodotto viene sottoposto a successivo “debinding”, per rimuovere, mediante calore, il legante polimerico. Terminato questo stadio, si passa a quello di sinterizzazione vera e propria. Poiché al termine di questo processo si ottiene praticamente il pezzo finito e sono realizzabili forme anche molto complesse, è ovvio il confronto con una tecnica di fonderia quale l’investment casting o cera persa. In un primo momento si potrebbe pensare che le due tecnologie siano agguerrite concorrenti; in realtà, invece, ognuna delle due si colloca in una ‘nicchia’ ben precisa. Alcune sostanziali differenze, infatti, portano a ritenere il MIM più adatto a componenti piccoli, di forme complesse, da produrre in serie elevate; per l’investment casting invece i quantitativi realizzabili sono inferiori, poiché il processo è più lungo, ma le dimensioni raggiunte dai pezzi possono essere decisamente superiori. Un altro aspetto da tenere presente riguarda il materiale di partenza: la produzione di feedstock è molto costosa e, fino ad oggi, non sono disponibili pellets per tutte le tipologie di materiali, mentre la varietà di leghe colabili e quindi impiegabili nel processo di investment casting è molto vasta.
MIM: TECNOLOGIA CONCORRENTE; PERICOLOSA FINO A CHE PUNTO ?
BONOLLO, FRANCO
2003
Abstract
Il processo di metal injection moulding (MIM) può essere considerato un “ibrido” tra la più nota tecnica di iniezione dei materiali polimerici e le tecniche più tradizionali della metallurgia delle polveri. Il materiale di partenza è costituito da granuli di polvere metallica molto fine e un legante polimerico termoplastico, che insieme formano il cosiddetto “feedstock”. Quest’ultimo viene iniettato caldo, tramite una coclea, nella cavità dello stampo riproducente la forma desiderata. Il “verde” così prodotto viene sottoposto a successivo “debinding”, per rimuovere, mediante calore, il legante polimerico. Terminato questo stadio, si passa a quello di sinterizzazione vera e propria. Poiché al termine di questo processo si ottiene praticamente il pezzo finito e sono realizzabili forme anche molto complesse, è ovvio il confronto con una tecnica di fonderia quale l’investment casting o cera persa. In un primo momento si potrebbe pensare che le due tecnologie siano agguerrite concorrenti; in realtà, invece, ognuna delle due si colloca in una ‘nicchia’ ben precisa. Alcune sostanziali differenze, infatti, portano a ritenere il MIM più adatto a componenti piccoli, di forme complesse, da produrre in serie elevate; per l’investment casting invece i quantitativi realizzabili sono inferiori, poiché il processo è più lungo, ma le dimensioni raggiunte dai pezzi possono essere decisamente superiori. Un altro aspetto da tenere presente riguarda il materiale di partenza: la produzione di feedstock è molto costosa e, fino ad oggi, non sono disponibili pellets per tutte le tipologie di materiali, mentre la varietà di leghe colabili e quindi impiegabili nel processo di investment casting è molto vasta.Pubblicazioni consigliate
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