L’eccessivo assorbimento di ferro(III) e alluminio(III) da parte dell’organismo umano è in relazione con l’insorgenza di patologie [1–4], la cui terapia può consistere nella somministrazione di un opportuno chelante che sia in grado di legare selettivamente il metallo e quindi di rimuoverlo dall’organismo malato. I chelanti attualmente più promettenti sono il Desferal (un peptide estratto dal Streptomyces Pilosus) e il deferiprone (1,2-dimetil-3-idrossi-4-piridinone); tuttavia essi presentano alcuni importanti svantaggi [2], tali da rendere necessaria la ricerca di molecole chelanti alternative [3,4]. Queste vengono dapprima scelte in base alla stabilità dei complessi da esse formati col metallo di interesse, e successivamente sperimentate in vitro ed in vivo per valutarne le proprietà farmacologiche. Alcuni isomeri degli acidi idrossi-piridincarbossilici presentano i requisiti strutturali per formare complessi particolarmente stabili col ferro(III) e con l’alluminio(III). Inoltre essi possiedono alcune proprietà farmacologiche note, ed una classe di loro derivati viene utilizzata da tempo come principio attivo in farmaci antibatterici [5,6]. Ciononostante, gli acidi idrossi-piridincarbossilici non sono stati mai presi in considerazione per un’eventuale sperimentazione farmacologica come chelanti selettivi, probabilmente per l’assenza in letteratura di dati di speciazione riguardanti i complessi da essi formati con i metalli più interessanti. Per tale motivo, si è deciso di condurre un accurato studio termodinamico sulla formazione di complessi tra questi leganti e gli ioni Fe(III) e Al(III). Vengono qui presentati i risultati ottenuti nel caso del ferro(III) e degli acidi 2-idrossinicotinico e 3-idrossipicolinico (H2L). I dati sperimentali sono stati ottenuti a 25 °C in un ambiente di forza ionica 0.6 m. Le tecniche utilizzate sono state la potenziometria e spettrofotometria UV. Per entrambi i leganti è stata osservata la formazione di un elevato numero di complessi di stechiometria generale FeHnLm (m=1,2,3, n<=m), a causa della relativa facilità con cui il ferro(III) idrolizza. In prospettiva, sarà necessario integrare i dati potenziometrici e spettrofotometrici con dati di tecniche differenti, quali l’NMR e la spettrometria di massa con ionizzazione ad electrospray, in modo da confermare il complicato quadro di speciazione trovato. D’altra parte, la forza complessante dei leganti esaminati suggerisce l’esecuzione di prove in vitro per verificarne l’efficacia come chelanti selettivi per il ferro(III) e per l’alluminio(III). Queste prove sono attualmente in corso presso i laboratori del prof. R. Yokel (Lexington University, Kentucky, U.S.A.). Riferimenti 1)G.J. Kontoghiorghes, Toxic. letters, 80, 1 (1995) 2)R.A. Yokel, P. Ackrill, E. Burgess, J.P. Day, J.L. Domingo, T.P. Flaten, J. Savory, J. Toxicol. Environ. Health, 48, 667 (1996) 3)L. Graff, G. Muller, D. Burnel, Vet. Human Toxic., 37, 455 (1995) 4)G. Faa, G. Crisponi, Coord. Chem. Rev. 184, 291 (1999) 5)R. Gleckman, S. Alvares, D.W. Joubert, S.J. Matthews, Am. J. Hosp. Pharm., 36, 1071 (1979) 6)K. Spear, C. Johnson, H.W. Gschwend, PCT Int. Appl. WO 94 20, 527 (1993)

Potenziali farmaci chelanti per Fe(III) e Al(III): studio termodinamico

DI MARCO, VALERIO;TAPPARO, ANDREA;BOMBI, GIUSEPPE GIORGIO
2000

Abstract

L’eccessivo assorbimento di ferro(III) e alluminio(III) da parte dell’organismo umano è in relazione con l’insorgenza di patologie [1–4], la cui terapia può consistere nella somministrazione di un opportuno chelante che sia in grado di legare selettivamente il metallo e quindi di rimuoverlo dall’organismo malato. I chelanti attualmente più promettenti sono il Desferal (un peptide estratto dal Streptomyces Pilosus) e il deferiprone (1,2-dimetil-3-idrossi-4-piridinone); tuttavia essi presentano alcuni importanti svantaggi [2], tali da rendere necessaria la ricerca di molecole chelanti alternative [3,4]. Queste vengono dapprima scelte in base alla stabilità dei complessi da esse formati col metallo di interesse, e successivamente sperimentate in vitro ed in vivo per valutarne le proprietà farmacologiche. Alcuni isomeri degli acidi idrossi-piridincarbossilici presentano i requisiti strutturali per formare complessi particolarmente stabili col ferro(III) e con l’alluminio(III). Inoltre essi possiedono alcune proprietà farmacologiche note, ed una classe di loro derivati viene utilizzata da tempo come principio attivo in farmaci antibatterici [5,6]. Ciononostante, gli acidi idrossi-piridincarbossilici non sono stati mai presi in considerazione per un’eventuale sperimentazione farmacologica come chelanti selettivi, probabilmente per l’assenza in letteratura di dati di speciazione riguardanti i complessi da essi formati con i metalli più interessanti. Per tale motivo, si è deciso di condurre un accurato studio termodinamico sulla formazione di complessi tra questi leganti e gli ioni Fe(III) e Al(III). Vengono qui presentati i risultati ottenuti nel caso del ferro(III) e degli acidi 2-idrossinicotinico e 3-idrossipicolinico (H2L). I dati sperimentali sono stati ottenuti a 25 °C in un ambiente di forza ionica 0.6 m. Le tecniche utilizzate sono state la potenziometria e spettrofotometria UV. Per entrambi i leganti è stata osservata la formazione di un elevato numero di complessi di stechiometria generale FeHnLm (m=1,2,3, n<=m), a causa della relativa facilità con cui il ferro(III) idrolizza. In prospettiva, sarà necessario integrare i dati potenziometrici e spettrofotometrici con dati di tecniche differenti, quali l’NMR e la spettrometria di massa con ionizzazione ad electrospray, in modo da confermare il complicato quadro di speciazione trovato. D’altra parte, la forza complessante dei leganti esaminati suggerisce l’esecuzione di prove in vitro per verificarne l’efficacia come chelanti selettivi per il ferro(III) e per l’alluminio(III). Queste prove sono attualmente in corso presso i laboratori del prof. R. Yokel (Lexington University, Kentucky, U.S.A.). Riferimenti 1)G.J. Kontoghiorghes, Toxic. letters, 80, 1 (1995) 2)R.A. Yokel, P. Ackrill, E. Burgess, J.P. Day, J.L. Domingo, T.P. Flaten, J. Savory, J. Toxicol. Environ. Health, 48, 667 (1996) 3)L. Graff, G. Muller, D. Burnel, Vet. Human Toxic., 37, 455 (1995) 4)G. Faa, G. Crisponi, Coord. Chem. Rev. 184, 291 (1999) 5)R. Gleckman, S. Alvares, D.W. Joubert, S.J. Matthews, Am. J. Hosp. Pharm., 36, 1071 (1979) 6)K. Spear, C. Johnson, H.W. Gschwend, PCT Int. Appl. WO 94 20, 527 (1993)
2000
Atti del Convegno
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