Il contributo si apre con una valutazione relativa allo stato degli studi dopo un ventennio di ricerche, segnato dai due convegni di Cividale (1980) e Venezia (1996), durante il quale il fenomeno delle cosiddette “polifonie semplici” ha finito per assumere dimensioni sempre più complesse e dilatate, obbligando a ripensare concetti di base, solo in apparenza storicamente definiti, quali contrappunto e polifonia. Uno degli esiti più significativi della ricerca consiste nell’avere stabilito che si tratta della pratica costante di un “modus cantandi” (poi anche “modus scribendi”), ininterrotta dal Medioevo fino al sec. XIX inoltrato. Quindi, dopo avere esaminato le trasformazioni della notazione, della conduzione melodica e dello sviluppo armonico, lo studio affronta una serie di problemi di metodo e di definizioni musicologiche poste dallo status questionis, al fine di stabilire la legittimità anche liturgica di un fenomeno che presenta molte gradazioni e che, pur avendo conosciuto mutamenti ricorrenti, si innesta nel repertorio monodico della Chiesa occidentale, dalle prime espressioni del “cantus planus binatim” fino alla produzione “alla zoppa”, “in tempo rotto” e ai “canti da ferlengotti”. Le conferme sono ricavate dall’analisi di nuove fonti musicali e testimonianze teoriche.

Polifonie semplici in trattati dei secoli XVII-XVIII. Riflessioni sulla continuità  di una tradizione tra oralità  e scrittura.

LOVATO, ANTONIO
2003

Abstract

Il contributo si apre con una valutazione relativa allo stato degli studi dopo un ventennio di ricerche, segnato dai due convegni di Cividale (1980) e Venezia (1996), durante il quale il fenomeno delle cosiddette “polifonie semplici” ha finito per assumere dimensioni sempre più complesse e dilatate, obbligando a ripensare concetti di base, solo in apparenza storicamente definiti, quali contrappunto e polifonia. Uno degli esiti più significativi della ricerca consiste nell’avere stabilito che si tratta della pratica costante di un “modus cantandi” (poi anche “modus scribendi”), ininterrotta dal Medioevo fino al sec. XIX inoltrato. Quindi, dopo avere esaminato le trasformazioni della notazione, della conduzione melodica e dello sviluppo armonico, lo studio affronta una serie di problemi di metodo e di definizioni musicologiche poste dallo status questionis, al fine di stabilire la legittimità anche liturgica di un fenomeno che presenta molte gradazioni e che, pur avendo conosciuto mutamenti ricorrenti, si innesta nel repertorio monodico della Chiesa occidentale, dalle prime espressioni del “cantus planus binatim” fino alla produzione “alla zoppa”, “in tempo rotto” e ai “canti da ferlengotti”. Le conferme sono ricavate dall’analisi di nuove fonti musicali e testimonianze teoriche.
2003
Polifonie semplici
8889046007
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