In seno al volume, dedicato alle espressioni figurative di soggetto sacro nella zona del Lago di Garda, il contributo mira a tracciare un panorama ad ampio raggio, prendendo in esame altari e sculture settecentesche in area veronese. Vengono finalmente messi in risalto artisti come Francesco Filippini, autore della “Fede” e della “Speranza” per la parrocchiale di Garda o di “San Carlo” e “Sant’Ignazio” dell’oratorio Da Persico ad Affi, che tradiscono l’influenza della lezione marinaliana, declinandola in forme più flessuose e aggraziate. Su un piano completamente diverso si muove invece Giacomo Ceola, portatore di un naturalismo esasperato che sconfina quasi nel caricaturale. Ma in ambito veronese domina senza dubbio un linguaggio più calibrato e composto, in accordo con le coeve esperienze pittoriche, come dimostrano i lavori di Giuseppe Antonio Schiavi nella parrocchiale di Torri del Benaco. Più semplificato ma energico il linguaggio di Michelangelo Speranza, al quale vengono qui rivendicate anche il “San Luigi” e il “San Giovanni Nepomuceno” della parrocchiale di Torri del Benaco, all’interno di un cantiere che lo vede protagonista indiscusso nell’arredo plastico. Conclude la parabola Francesco Zoppi, che con il suo “Angelo” di Pacengo mostra chiaramente di aver ormai imboccato la strada del neoclassicismo. Ne risulta complessivamente un quadro paradigmatico della produzione scultore del Settecento a Verona, che contribuisce con nuovi elementi a far luce su una situazione critica ancora fortemente penalizzata negli studi.

Altari e sculture sacre del Settecento sulla sponda veronese del Garda

TOMEZZOLI, ANDREA
2004

Abstract

In seno al volume, dedicato alle espressioni figurative di soggetto sacro nella zona del Lago di Garda, il contributo mira a tracciare un panorama ad ampio raggio, prendendo in esame altari e sculture settecentesche in area veronese. Vengono finalmente messi in risalto artisti come Francesco Filippini, autore della “Fede” e della “Speranza” per la parrocchiale di Garda o di “San Carlo” e “Sant’Ignazio” dell’oratorio Da Persico ad Affi, che tradiscono l’influenza della lezione marinaliana, declinandola in forme più flessuose e aggraziate. Su un piano completamente diverso si muove invece Giacomo Ceola, portatore di un naturalismo esasperato che sconfina quasi nel caricaturale. Ma in ambito veronese domina senza dubbio un linguaggio più calibrato e composto, in accordo con le coeve esperienze pittoriche, come dimostrano i lavori di Giuseppe Antonio Schiavi nella parrocchiale di Torri del Benaco. Più semplificato ma energico il linguaggio di Michelangelo Speranza, al quale vengono qui rivendicate anche il “San Luigi” e il “San Giovanni Nepomuceno” della parrocchiale di Torri del Benaco, all’interno di un cantiere che lo vede protagonista indiscusso nell’arredo plastico. Conclude la parabola Francesco Zoppi, che con il suo “Angelo” di Pacengo mostra chiaramente di aver ormai imboccato la strada del neoclassicismo. Ne risulta complessivamente un quadro paradigmatico della produzione scultore del Settecento a Verona, che contribuisce con nuovi elementi a far luce su una situazione critica ancora fortemente penalizzata negli studi.
2004
Il Garda. Segni del sacro
9788884861481
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