Fra Sette e Ottocento nel Veneto l’attenzione degli organi di governo e degli esperti d’idraulica, a lungo polarizzata prevalentemente (ma non esclusivamente) sul corso inferiore dei fiumi, con interventi di grande portata per portarli a sfociare al di fuori della laguna di Venezia, fra Sette e Ottocento va spostandosi al corso superiore, e quindi alle aree montane. Aumenta l’interesse per l’assetto idrogeologico del territorio e cresce l’allarme per lo “svegro dei monti”, per l’espansione delle colture a spese di pascoli e boschi. Si denuncia l’avanzare del processo di deforestazione, attribuito al rapido incremento dell’uso di legna da fuoco e carbone vegetale come fonte di energia, di legname da costruzione per l’edilizia e le costruzioni navali. Si guarda con apprensione al ripetersi di frane, piene, inondazioni, pronosticando il generalizzarsi di eventi catastrofici. Si dibatte sulla legittimità e l’opportunità dell’intervento dello stato, nello scontro di idee liberistiche e tesi vincolistiche. Si agitano proposte discordi sulla qualità degli interventi a difesa del suolo: dai lavori di rimboschimento propugnati da Francesco Mengotti alle opere di sistemazione idraulica tentate da Pietro Paleocapa ed altri. L’autore si chiede se tutto questo risponda ad un effettivo allargamento dei fenomeni di erosione e del degrado ambientale, indotti dall’espansione della popolazione e dal crescere delle attività manifatturiere ad alto consumo di legno; oppure se si tratti soltanto di una maggiore sensibilità per tali questioni derivata dalla consapevolezza delle cause e dalla fiducia nella possibilità di intervenire servendosi della scienza per dominare la natura.

Hydrogeological Instability Problems in the Nineteenth Century in Veneto

LAZZARINI, ANTONIO
2005

Abstract

Fra Sette e Ottocento nel Veneto l’attenzione degli organi di governo e degli esperti d’idraulica, a lungo polarizzata prevalentemente (ma non esclusivamente) sul corso inferiore dei fiumi, con interventi di grande portata per portarli a sfociare al di fuori della laguna di Venezia, fra Sette e Ottocento va spostandosi al corso superiore, e quindi alle aree montane. Aumenta l’interesse per l’assetto idrogeologico del territorio e cresce l’allarme per lo “svegro dei monti”, per l’espansione delle colture a spese di pascoli e boschi. Si denuncia l’avanzare del processo di deforestazione, attribuito al rapido incremento dell’uso di legna da fuoco e carbone vegetale come fonte di energia, di legname da costruzione per l’edilizia e le costruzioni navali. Si guarda con apprensione al ripetersi di frane, piene, inondazioni, pronosticando il generalizzarsi di eventi catastrofici. Si dibatte sulla legittimità e l’opportunità dell’intervento dello stato, nello scontro di idee liberistiche e tesi vincolistiche. Si agitano proposte discordi sulla qualità degli interventi a difesa del suolo: dai lavori di rimboschimento propugnati da Francesco Mengotti alle opere di sistemazione idraulica tentate da Pietro Paleocapa ed altri. L’autore si chiede se tutto questo risponda ad un effettivo allargamento dei fenomeni di erosione e del degrado ambientale, indotti dall’espansione della popolazione e dal crescere delle attività manifatturiere ad alto consumo di legno; oppure se si tratti soltanto di una maggiore sensibilità per tali questioni derivata dalla consapevolezza delle cause e dalla fiducia nella possibilità di intervenire servendosi della scienza per dominare la natura.
2005
History and Sustainability
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