La necropoli dell’età del Bronzo finale in località Pobietto di Morano sul Po ha restituito interessanti corredi funerari; nelle incinerazioni i reperti ceramici e gli elementi metallici sono numerosi, vi è invece una scarsa presenza di materiali vetrosi (In riva al fiume Eridano 1999). Da questo sito provengono infatti solamente due oggetti ornamentali, molti diversi fra loro sia per composizione e struttura, che per cronologia. Il primo reperto è una perlina segmenta in faïence, di colore verde azzurro chiaro, e proviene da un ritrovamento sporadico (figg. 62; 247,7). Vaghi confrontabili per tipologia ed aspetto (ma non sempre per le dimensioni), sono presenti durante tutto il Bronzo Antico (BA) e diffusi nell’area delle palafitte gardesane, in Liguria ed in una vasta area dell’Europa centrale, oltre che in Grecia ed in Egitto (BELLINTANI - RESIDORI 2003). Tuttavia le analisi di materiali europei disponibili in letteratura sono piuttosto scarse; si segnalano dati relativi a: reperti provenienti dalla palafitta del Lavagnone (ANGELINI et al. 2006; in stampa a), che risultano di particolare interesse poiché le faïence appartengono ad un contesto ben datato (BA IC 1.900- 1.800 a.C., DE MARINIS 1999; 2000b); quelli provenienti dalla necropoli svizzera di Hauterive-Champréveyeres (HENDERSON 1993) e quelli di alcune necropoli slovacche (BÁTORA 1995; ANGELINI et al. 2006). Il secondo reperto è una perlina anulare in vetro blu-turchese, rinvenuta nella tomba 12 (figg. 63; 115,7). Il corredo associato al vago permette di datare la tomba alla terza fase della necropoli (Morano 3, seconda metà X secolo a.C.). Perle anulari di tipologia e materiale simile sono diffuse in molti contesti italiani dell’età del Bronzo finale. Vi sono in letteratura un buon numero di dati analitici relativi ai reperti provenienti dal sito di Frattesina (HENDERSON 1988a; BIAVATI - VERITÀ 1989; BRILL 1992; SANTOPADRE - VERITÀ 2000; TOWLE et al. 2001; ANGELINI et al. 2004), mentre gli studi archeometrici di materiali vetrosi provenienti da altri contesti italiani sono piuttosto scarsi (ANGELINI et al. 2002; 2005; BELLINTANI et al. 2000; in stampa). In tab. 1 vengono riportate: le sigle utilizzate per i campioni prelevati, le età, la segnatura da scavo e le principali caratteristiche macroscopiche (dimensioni in mm, peso in g, colore a vista e colore misurato con le tavole internazionali NCS - Natural Color System) dei reperti sottoposti ad indagini archeometriche. I campioni per le analisi sono stati prelevati tramite un bisturi, dotato di apposita lama, dopo un attento studio al microscopio ottico (OM). Le schegge di materiale campionato, dell’ordine di circa 0.4-0.6 mg, con dimensioni di circa 200/400 x 200/400 μm, sono state inglobate in resina epossidica, lucidate e grafitizzate per poter essere sottoposte ad analisi. I campioni sono stati indagati con microscopio elettronico a scansione (SEM) accoppiato a microsonda a dispersione di energia (EDS), al fine valutare la tessitura e lo stato di conservazione del materiale, e di analizzare preliminarmente la natura degli inclusi, delle alterazioni e la composizione della fase vetrosa. Le analisi chimiche quantitative della fase vetrosa sono state effettuate, sul medesimo campione utilizzato per l’analisi SEM, tramite microsonda elettronica (EPMA). L’analisi mineralogica dei campioni è stata effettuata tramite diffrazione di raggi-X (XRD), utilizzando uno speciale arrangiamento strumentale che consente di misurare gli spettri di diffrazione direttamente sulla superficie del reperto in modo completamente non invasivo1. Il limite di rilevabilità nelle analisi EPMA è dello 0.1 % in peso per gli elementi maggiori e per il Pb, mentre si abbassa ad alcune centinaia di ppm per i metalli in traccia, nell’intervallo dei 250-600 ppm (rispettivamente per Co e Sb). Nelle analisi SEM-EDS il limite di rilevabilità strumentale è decisamente maggiore, dell’ordine dello 0.1-0.5 % in peso a seconda degli elementi analizzati.

Studio analitico dei materiali vetrosi

ANGELINI, IVANA;ARTIOLI, GILBERTO
2006

Abstract

La necropoli dell’età del Bronzo finale in località Pobietto di Morano sul Po ha restituito interessanti corredi funerari; nelle incinerazioni i reperti ceramici e gli elementi metallici sono numerosi, vi è invece una scarsa presenza di materiali vetrosi (In riva al fiume Eridano 1999). Da questo sito provengono infatti solamente due oggetti ornamentali, molti diversi fra loro sia per composizione e struttura, che per cronologia. Il primo reperto è una perlina segmenta in faïence, di colore verde azzurro chiaro, e proviene da un ritrovamento sporadico (figg. 62; 247,7). Vaghi confrontabili per tipologia ed aspetto (ma non sempre per le dimensioni), sono presenti durante tutto il Bronzo Antico (BA) e diffusi nell’area delle palafitte gardesane, in Liguria ed in una vasta area dell’Europa centrale, oltre che in Grecia ed in Egitto (BELLINTANI - RESIDORI 2003). Tuttavia le analisi di materiali europei disponibili in letteratura sono piuttosto scarse; si segnalano dati relativi a: reperti provenienti dalla palafitta del Lavagnone (ANGELINI et al. 2006; in stampa a), che risultano di particolare interesse poiché le faïence appartengono ad un contesto ben datato (BA IC 1.900- 1.800 a.C., DE MARINIS 1999; 2000b); quelli provenienti dalla necropoli svizzera di Hauterive-Champréveyeres (HENDERSON 1993) e quelli di alcune necropoli slovacche (BÁTORA 1995; ANGELINI et al. 2006). Il secondo reperto è una perlina anulare in vetro blu-turchese, rinvenuta nella tomba 12 (figg. 63; 115,7). Il corredo associato al vago permette di datare la tomba alla terza fase della necropoli (Morano 3, seconda metà X secolo a.C.). Perle anulari di tipologia e materiale simile sono diffuse in molti contesti italiani dell’età del Bronzo finale. Vi sono in letteratura un buon numero di dati analitici relativi ai reperti provenienti dal sito di Frattesina (HENDERSON 1988a; BIAVATI - VERITÀ 1989; BRILL 1992; SANTOPADRE - VERITÀ 2000; TOWLE et al. 2001; ANGELINI et al. 2004), mentre gli studi archeometrici di materiali vetrosi provenienti da altri contesti italiani sono piuttosto scarsi (ANGELINI et al. 2002; 2005; BELLINTANI et al. 2000; in stampa). In tab. 1 vengono riportate: le sigle utilizzate per i campioni prelevati, le età, la segnatura da scavo e le principali caratteristiche macroscopiche (dimensioni in mm, peso in g, colore a vista e colore misurato con le tavole internazionali NCS - Natural Color System) dei reperti sottoposti ad indagini archeometriche. I campioni per le analisi sono stati prelevati tramite un bisturi, dotato di apposita lama, dopo un attento studio al microscopio ottico (OM). Le schegge di materiale campionato, dell’ordine di circa 0.4-0.6 mg, con dimensioni di circa 200/400 x 200/400 μm, sono state inglobate in resina epossidica, lucidate e grafitizzate per poter essere sottoposte ad analisi. I campioni sono stati indagati con microscopio elettronico a scansione (SEM) accoppiato a microsonda a dispersione di energia (EDS), al fine valutare la tessitura e lo stato di conservazione del materiale, e di analizzare preliminarmente la natura degli inclusi, delle alterazioni e la composizione della fase vetrosa. Le analisi chimiche quantitative della fase vetrosa sono state effettuate, sul medesimo campione utilizzato per l’analisi SEM, tramite microsonda elettronica (EPMA). L’analisi mineralogica dei campioni è stata effettuata tramite diffrazione di raggi-X (XRD), utilizzando uno speciale arrangiamento strumentale che consente di misurare gli spettri di diffrazione direttamente sulla superficie del reperto in modo completamente non invasivo1. Il limite di rilevabilità nelle analisi EPMA è dello 0.1 % in peso per gli elementi maggiori e per il Pb, mentre si abbassa ad alcune centinaia di ppm per i metalli in traccia, nell’intervallo dei 250-600 ppm (rispettivamente per Co e Sb). Nelle analisi SEM-EDS il limite di rilevabilità strumentale è decisamente maggiore, dell’ordine dello 0.1-0.5 % in peso a seconda degli elementi analizzati.
2006
Navigando lungo l'Eridano. La necropoli protogolasecchiana di Morano sul Po.
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