Si può dire che uno dei percorsi intrapresi dal canto piano della liturgia negli anni del Concilio di Trento è stato dettato, più che dagli orientamenti della cosiddetta Controriforma, dal diffondersi della cultura umanistica che, impegnata a recuperare i valori del classicismo, impose l’idea di una metrica quantitativa anche ai testi liturgici. Ripetute conferme si possono individuare, ad esempio, nella posizioni teoriche di Johannes Tinctoris, Biagio Rossetto, fra Mauro da Firenze, Pietro Aaron, Gioseffo Zarlino e Bonaventura da Brescia, oltre che nella revisione del Graduale e dell’Antifonario operata da Francesco de Brugis e nel “Compendium musices” posto in appendice al “Sacerdotale” di Alberto castellani. A questa stessa visione, che imponeva il riordino del repertorio in canto piano ai valori della musica figurata, si richiamano le edizioni ufficiali dei libri liturgico-musicali pubblicate tra Cinque e Seicento. L’altro percorso che ha segnato le sorti del canto piano dopo il Concilio di Trento, per molti aspetti collegato al precedente, porta alla fioritura dei repertori in canto neogregoriano, in canto fratto e in canto piano “binatim” che, in questo saggio, vengono analizzati attraverso la riflessione di numerosi teorici dei secoli XVI-XVIII: Marco Dionigi, Pietro fabrizi, Girolamo Cantone, Giovanni D’Avella, Matteo Coferati, Giuseppe Frezza dalle Grotte di castro, Andrea da Modena, Marzio Erculeo, Francesco Maria Vallara e Lorenzo Penna.

Teoria e didattica del canto piano

LOVATO, ANTONIO
1995

Abstract

Si può dire che uno dei percorsi intrapresi dal canto piano della liturgia negli anni del Concilio di Trento è stato dettato, più che dagli orientamenti della cosiddetta Controriforma, dal diffondersi della cultura umanistica che, impegnata a recuperare i valori del classicismo, impose l’idea di una metrica quantitativa anche ai testi liturgici. Ripetute conferme si possono individuare, ad esempio, nella posizioni teoriche di Johannes Tinctoris, Biagio Rossetto, fra Mauro da Firenze, Pietro Aaron, Gioseffo Zarlino e Bonaventura da Brescia, oltre che nella revisione del Graduale e dell’Antifonario operata da Francesco de Brugis e nel “Compendium musices” posto in appendice al “Sacerdotale” di Alberto castellani. A questa stessa visione, che imponeva il riordino del repertorio in canto piano ai valori della musica figurata, si richiamano le edizioni ufficiali dei libri liturgico-musicali pubblicate tra Cinque e Seicento. L’altro percorso che ha segnato le sorti del canto piano dopo il Concilio di Trento, per molti aspetti collegato al precedente, porta alla fioritura dei repertori in canto neogregoriano, in canto fratto e in canto piano “binatim” che, in questo saggio, vengono analizzati attraverso la riflessione di numerosi teorici dei secoli XVI-XVIII: Marco Dionigi, Pietro fabrizi, Girolamo Cantone, Giovanni D’Avella, Matteo Coferati, Giuseppe Frezza dalle Grotte di castro, Andrea da Modena, Marzio Erculeo, Francesco Maria Vallara e Lorenzo Penna.
1995
Musica e liturgia nella riforma tridentina
9788886602020
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