L’indagine documentaria intesa a ricostruire il profilo storico, il repertorio e la prassi esecutiva adottata dalla scuola di canto attiva nel Seminario di Padova durante il secolo XIX ha permesso di prendere in esame una serie di testimonianze, in parte inedite ed esclusivamente locali, che attestano la continuità ininterrotta di alcuni “modus cantandi” i quali affondano le radici nel lontano Medioevo. Antologie in canto fratto, composizioni neogregoriane e in “cantus planus binatim” costituivano il modo più consueto per accompagnare le celebrazioni liturgiche. Non solo le edizioni aggiornate dei “24 Credo a canto fermo” (1619) di Lodovico Grossi da Viadana o i “26 Credo in conto fermo semifigurato” (1698) di Giuseppe Frezza dalle Grotte di Castro, ma intere raccoolte manoscritte di intonazioni per il Credo, ignote al repertorio del Miazga, e di brani liturgico-musicali e devozionali intonati a una e due voci, secondo i criteri indicati nel “Cantore ecclesiastico” (1698) dello stesso Frezza. La vitalità di questa pratica trova conferma in una breve silloge di canti a due voci per il Triduo sacro composti da Giuseppe Sarto (poi Pio X) quando era studente di teologia nel Seminario di Padova. La conoscenza di questi repertori serve a meglio comprendere anche le ragioni e gli obiettivi posti dai movimenti di riforma della musica sacra tra Otto e Novecento.
«Disciplina musicae» nel seminario di Padova (1822-1882). Statuti e pratica del "canto fratto", repertorio locale e polifonie popolari
LOVATO, ANTONIO
1993
Abstract
L’indagine documentaria intesa a ricostruire il profilo storico, il repertorio e la prassi esecutiva adottata dalla scuola di canto attiva nel Seminario di Padova durante il secolo XIX ha permesso di prendere in esame una serie di testimonianze, in parte inedite ed esclusivamente locali, che attestano la continuità ininterrotta di alcuni “modus cantandi” i quali affondano le radici nel lontano Medioevo. Antologie in canto fratto, composizioni neogregoriane e in “cantus planus binatim” costituivano il modo più consueto per accompagnare le celebrazioni liturgiche. Non solo le edizioni aggiornate dei “24 Credo a canto fermo” (1619) di Lodovico Grossi da Viadana o i “26 Credo in conto fermo semifigurato” (1698) di Giuseppe Frezza dalle Grotte di Castro, ma intere raccoolte manoscritte di intonazioni per il Credo, ignote al repertorio del Miazga, e di brani liturgico-musicali e devozionali intonati a una e due voci, secondo i criteri indicati nel “Cantore ecclesiastico” (1698) dello stesso Frezza. La vitalità di questa pratica trova conferma in una breve silloge di canti a due voci per il Triduo sacro composti da Giuseppe Sarto (poi Pio X) quando era studente di teologia nel Seminario di Padova. La conoscenza di questi repertori serve a meglio comprendere anche le ragioni e gli obiettivi posti dai movimenti di riforma della musica sacra tra Otto e Novecento.Pubblicazioni consigliate
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