Nell’Adriatico orientale non possiamo che rilevare diverse tradizioni storiografiche nazionali e regionali. Ciò è frutto dell’evoluzione dei rapporti nazionali e culturali tra le componenti italiana, da un lato, e quella slovena, croata e serba dall’altro. Nei contesti di Trieste, dell’Istria, di Fiume e dell’estesa Dalmazia per buona parte dell’Ottocento ha predominato una storiografia italiana. Ad essa si affiancò dal 1850-60, la storiografia croata, soprattutto per la storia della Dalmazia, la regione che ha assunto un ruolo decisivo nei rapporti culturali e politici tra l’Italia e la nascente Slavia. Nel delineare la relazione tra ricerca storica e gli sviluppi degli archivi in questa area è necessario estendere la prospettiva oltre il litorale stesso e toccare il regno di Croazia-Slavonia, ovvero allineare in modo comparativo la situazione delle regioni adriatiche orientali, punti di incontro/scontro nazionale e culturale, con la situazione nel contesto nazionale croato, che a Zagabria, lontano quindi dal mare, aveva la sua capitale. La realizzazione delle identità nazionali, basate su lingua e tradizione culturale, necessitava delle prove che soltanto il passato poteva fornire; e la storia offriva appunto il senso all’identità presente della nazione. La cultura storica nei contesti adriatici orientali quasi sempre fu strumento di legittimazione culturale e politica del gruppo nazionale che rappresentava. Sebbene le connotazioni di fondo sembrano le stesse, si nota la differenza nelle esperienze storiografiche tra Trieste, Istria, Fiume da una parte e la Dalmazia dall’altra, a prova delle differenti dinamiche nazionali. Nettamente dominante, fino alla Prima guerra mondiale, la componente italiana nell’organizzazione della ricerca storica nel primo contesto; teatro di contrapposte tradizioni storiografiche invece la Dalmazia, dove si sviluppa una storiografia locale italiana, in risposta alla storiografia croata che trovava a Zagabria, nelle istituzioni scientifiche e culturali il centro di propulsione. Lo sviluppo delle storiografie nell’Adriatico orientale dell’Ottocento si può ripartire in tre fasi: una prima, che si colloca tra l’inizio del secolo e il 1848-50, caratterizzata dal carattere municipalistico e regionale nelle ricerche; una seconda, quasi di stasi riflessiva, quando dalle identità territoriali si passa a quelle nazionali e iniziano ad affermarsi la raccolta di documenti che testimoniano la presenza storica della componente nazionale di riferimento, fase da collocare grossomodo tra il 1848 e il 1870; una terza, in cui si gettano le basi di una continuativa e strutturata produzione storiografica nazionale, fase che va dal 1870 al 1914 (l’alba delle storiografie contemporanee), e che vede la pubblicazione di riviste, monografie e sintesi, con crescente impronta nazionalistica. In ciascuno di questi periodi il rapporto con le fonti e gli archivi segna una tappa specifica. Complessivamente, nel corso dell’Ottocento, si osserva il passaggio dall’erudizione locale, fondata sul culto della classicità, verso i modelli delle elaborazioni storiche nazionali, dove il medioevo ebbe un ruolo prioritario; si osserva altresì un crescente ricorso alle fonti d’archivio, alla loro pubblicazione in vari corpus e monumenta, fonti generalmente conservate fuori dall’area (Venezia, Vienna, Roma), mentre relativamente tardivi, e comunque in linea con gli sviluppi dell’archivistica nella Duplice Monarchia, furono gli allestimenti degli archivi locali e statali così come la loro apertura agli studiosi e dunque a una più sistematica ricerca storica.

Ricerca storica, archivi e sviluppo nazionale nell'Adriatico orientale e in Croazia (1815-1914)

IVETIC, EGIDIO
2006

Abstract

Nell’Adriatico orientale non possiamo che rilevare diverse tradizioni storiografiche nazionali e regionali. Ciò è frutto dell’evoluzione dei rapporti nazionali e culturali tra le componenti italiana, da un lato, e quella slovena, croata e serba dall’altro. Nei contesti di Trieste, dell’Istria, di Fiume e dell’estesa Dalmazia per buona parte dell’Ottocento ha predominato una storiografia italiana. Ad essa si affiancò dal 1850-60, la storiografia croata, soprattutto per la storia della Dalmazia, la regione che ha assunto un ruolo decisivo nei rapporti culturali e politici tra l’Italia e la nascente Slavia. Nel delineare la relazione tra ricerca storica e gli sviluppi degli archivi in questa area è necessario estendere la prospettiva oltre il litorale stesso e toccare il regno di Croazia-Slavonia, ovvero allineare in modo comparativo la situazione delle regioni adriatiche orientali, punti di incontro/scontro nazionale e culturale, con la situazione nel contesto nazionale croato, che a Zagabria, lontano quindi dal mare, aveva la sua capitale. La realizzazione delle identità nazionali, basate su lingua e tradizione culturale, necessitava delle prove che soltanto il passato poteva fornire; e la storia offriva appunto il senso all’identità presente della nazione. La cultura storica nei contesti adriatici orientali quasi sempre fu strumento di legittimazione culturale e politica del gruppo nazionale che rappresentava. Sebbene le connotazioni di fondo sembrano le stesse, si nota la differenza nelle esperienze storiografiche tra Trieste, Istria, Fiume da una parte e la Dalmazia dall’altra, a prova delle differenti dinamiche nazionali. Nettamente dominante, fino alla Prima guerra mondiale, la componente italiana nell’organizzazione della ricerca storica nel primo contesto; teatro di contrapposte tradizioni storiografiche invece la Dalmazia, dove si sviluppa una storiografia locale italiana, in risposta alla storiografia croata che trovava a Zagabria, nelle istituzioni scientifiche e culturali il centro di propulsione. Lo sviluppo delle storiografie nell’Adriatico orientale dell’Ottocento si può ripartire in tre fasi: una prima, che si colloca tra l’inizio del secolo e il 1848-50, caratterizzata dal carattere municipalistico e regionale nelle ricerche; una seconda, quasi di stasi riflessiva, quando dalle identità territoriali si passa a quelle nazionali e iniziano ad affermarsi la raccolta di documenti che testimoniano la presenza storica della componente nazionale di riferimento, fase da collocare grossomodo tra il 1848 e il 1870; una terza, in cui si gettano le basi di una continuativa e strutturata produzione storiografica nazionale, fase che va dal 1870 al 1914 (l’alba delle storiografie contemporanee), e che vede la pubblicazione di riviste, monografie e sintesi, con crescente impronta nazionalistica. In ciascuno di questi periodi il rapporto con le fonti e gli archivi segna una tappa specifica. Complessivamente, nel corso dell’Ottocento, si osserva il passaggio dall’erudizione locale, fondata sul culto della classicità, verso i modelli delle elaborazioni storiche nazionali, dove il medioevo ebbe un ruolo prioritario; si osserva altresì un crescente ricorso alle fonti d’archivio, alla loro pubblicazione in vari corpus e monumenta, fonti generalmente conservate fuori dall’area (Venezia, Vienna, Roma), mentre relativamente tardivi, e comunque in linea con gli sviluppi dell’archivistica nella Duplice Monarchia, furono gli allestimenti degli archivi locali e statali così come la loro apertura agli studiosi e dunque a una più sistematica ricerca storica.
2006
Archivi e storia nell'Europa del XIX secolo. Alle radici dell'identità culturale europea
88-7125-286-1
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11577/163160
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