Le fonti giurisprudenziali romane attestano come sul finire dell’età classica fosse conosciuta e utilizzata con una certa frequenza la possibilità di eliminare un contratto tramite la sostituzione a esso di un 'contractus renovatus', cioè un nuovo contratto diverso in qualche elemento essenziale. La fattispecie del contractus renovatus ha in comune con la novatio il fatto che un nuovo atto costitutivo di un rapporto obbligatorio sostituisce automaticamente altro atto precedente, in modo che l’operazione rimane unitaria. I giuristi romani, tuttavia, non riconducono in alcun modo la descritta operazione entro la categoria della 'novatio' e sviluppano per essa un’autonoma costruzione concettuale. Volendo ricondurre tale operazione entro una classificazione dogmatica e terminologica moderna, si potrebbe parlare di contratto rinnovativo, quello cioè che disciplina ex novo, spesso modificandolo o adattandolo alle nuove esigenze, un rapporto già creato con un precedente negozio, che viene assorbito e sostituito. Oggi, se è vero che la quantità del prezzo o del canone di locazione non devono più essere considerati elementi essenziali dei rispettivi contratti, il successivo accordo diretto a modificarli andrebbe inquadrato piuttosto nell’ambito del contratto modificativo, cioè in quel accordo che opera su di un precedente regolamento negoziale, in modo da non far perdere ad esso – e al rapporto che ne è derivato – l’originaria fisionomia e il nomen iuris. Il contratto modificativo incide sul precedente accordo comportando la sostituzione delle nuove clausole alle vecchie, di solito in ordine a elementi accessori, in modo che il rapporto giuridico originariamente sorto non si estingua, ma venga solo esteso o compresso. Il principale risvolto pratico della diversa qualificazione giuridica è lo stesso che si è affrontato in un passo di Ulpiano (Ulp. 28 ad Sab. D. 18, 2, 6, 1), cioè lo stabilire il momento a partire dal quale decorrono gli effetti del contratto: nel caso in cui il nuovo accordo venga interpretato come patto modificativo, la data cui fare riferimento sarà quella del primo negozio; altrimenti, qualora si intenda il secondo accordo come un contratto rinnovativo, solo da esso scaturiranno tutte le conseguenze giuridiche. Per le ipotesi di cosiddetta novazione del rapporto di lavoro, infine, sarebbe più corretto applicare la categoria del contratto rinnovativo, in quanto solitamente si richiede la prova di un accordo che determini la costituzione di un rapporto di lavoro effettivamente diverso da quello precedente e si è quindi in presenza di un contratto che si sostituisce completamente a quello precedente nel regolamentare il rapporto.

Novazione del contratto o contratto rinnovativo

LAMBRINI, PAOLA
2008

Abstract

Le fonti giurisprudenziali romane attestano come sul finire dell’età classica fosse conosciuta e utilizzata con una certa frequenza la possibilità di eliminare un contratto tramite la sostituzione a esso di un 'contractus renovatus', cioè un nuovo contratto diverso in qualche elemento essenziale. La fattispecie del contractus renovatus ha in comune con la novatio il fatto che un nuovo atto costitutivo di un rapporto obbligatorio sostituisce automaticamente altro atto precedente, in modo che l’operazione rimane unitaria. I giuristi romani, tuttavia, non riconducono in alcun modo la descritta operazione entro la categoria della 'novatio' e sviluppano per essa un’autonoma costruzione concettuale. Volendo ricondurre tale operazione entro una classificazione dogmatica e terminologica moderna, si potrebbe parlare di contratto rinnovativo, quello cioè che disciplina ex novo, spesso modificandolo o adattandolo alle nuove esigenze, un rapporto già creato con un precedente negozio, che viene assorbito e sostituito. Oggi, se è vero che la quantità del prezzo o del canone di locazione non devono più essere considerati elementi essenziali dei rispettivi contratti, il successivo accordo diretto a modificarli andrebbe inquadrato piuttosto nell’ambito del contratto modificativo, cioè in quel accordo che opera su di un precedente regolamento negoziale, in modo da non far perdere ad esso – e al rapporto che ne è derivato – l’originaria fisionomia e il nomen iuris. Il contratto modificativo incide sul precedente accordo comportando la sostituzione delle nuove clausole alle vecchie, di solito in ordine a elementi accessori, in modo che il rapporto giuridico originariamente sorto non si estingua, ma venga solo esteso o compresso. Il principale risvolto pratico della diversa qualificazione giuridica è lo stesso che si è affrontato in un passo di Ulpiano (Ulp. 28 ad Sab. D. 18, 2, 6, 1), cioè lo stabilire il momento a partire dal quale decorrono gli effetti del contratto: nel caso in cui il nuovo accordo venga interpretato come patto modificativo, la data cui fare riferimento sarà quella del primo negozio; altrimenti, qualora si intenda il secondo accordo come un contratto rinnovativo, solo da esso scaturiranno tutte le conseguenze giuridiche. Per le ipotesi di cosiddetta novazione del rapporto di lavoro, infine, sarebbe più corretto applicare la categoria del contratto rinnovativo, in quanto solitamente si richiede la prova di un accordo che determini la costituzione di un rapporto di lavoro effettivamente diverso da quello precedente e si è quindi in presenza di un contratto che si sostituisce completamente a quello precedente nel regolamentare il rapporto.
2008
Modelli teorici e metodologici nella storia del diritto privato
9788824318273
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