Sempre più spesso viene discussa nell’ambito della civilistica italiana la tesi del dolo colposo, secondo la quale il contratto sarebbe annullabile in presenza di ogni violazione dell’obbligo di correttezza nelle contrattazioni, sia essa intenzionale o colposa, purché induca in errore la controparte. L’idea per cui nel concetto di raggiro, ai fini dell’annullabilità, non sarebbe intrinseca l’intenzionalità è stata riportata in auge da Rodolfo Sacco e comincia a riscuotere un certo successo, anche se è ancora avvertita come ‘rivoluzionaria’ da dottrina e giurisprudenza maggioritarie, per le quali il dolo colposo sarebbe irrilevante ai fini della validità del contratto, perché al concetto di raggiro, così come disciplinato dagli art. 1439-1440 cod. civ. e come desumibile dalla storia dell’istituto, sarebbe connaturato l’elemento dell’intenzionalità. Secondo il filone interpretativo maggioritario, il dolo colposo potrebbe aver rilevanza soltanto quale elemento costitutivo di un fatto illecito sanzionato con il risarcimento del danno ex art. 2043 cod. civ. o 1337 cod. civ. Rodolfo Sacco giustifica la tesi del raggiro colposo con vari argomenti, tra i quali il fatto che le ragioni storiche avanzate dalla dottrina maggioritaria per sostenere l’opinione contraria non sarebbero oggi più valide. In realtà, tali ragioni storiche non esistono affatto, per lo meno se si ha riferimento al diritto romano: infatti, per i giuristi dell’epoca classica il concetto di dolo non richiedeva necessariamente l’intenzionalità tra i suoi presupposti. Nel diritto romano gli strumenti contro il dolo non perseguivano solo ipotesi negoziali connotate da dolo specifico, bensì qualunque condotta che arrecasse un danno, qualora tale condotta non fosse altrimenti sanzionata e il pretore ritenesse meritevole di tutela la posizione del danneggiato.
Dolo colposo: una figura della scienza giuridica romana
LAMBRINI, PAOLA
2011
Abstract
Sempre più spesso viene discussa nell’ambito della civilistica italiana la tesi del dolo colposo, secondo la quale il contratto sarebbe annullabile in presenza di ogni violazione dell’obbligo di correttezza nelle contrattazioni, sia essa intenzionale o colposa, purché induca in errore la controparte. L’idea per cui nel concetto di raggiro, ai fini dell’annullabilità, non sarebbe intrinseca l’intenzionalità è stata riportata in auge da Rodolfo Sacco e comincia a riscuotere un certo successo, anche se è ancora avvertita come ‘rivoluzionaria’ da dottrina e giurisprudenza maggioritarie, per le quali il dolo colposo sarebbe irrilevante ai fini della validità del contratto, perché al concetto di raggiro, così come disciplinato dagli art. 1439-1440 cod. civ. e come desumibile dalla storia dell’istituto, sarebbe connaturato l’elemento dell’intenzionalità. Secondo il filone interpretativo maggioritario, il dolo colposo potrebbe aver rilevanza soltanto quale elemento costitutivo di un fatto illecito sanzionato con il risarcimento del danno ex art. 2043 cod. civ. o 1337 cod. civ. Rodolfo Sacco giustifica la tesi del raggiro colposo con vari argomenti, tra i quali il fatto che le ragioni storiche avanzate dalla dottrina maggioritaria per sostenere l’opinione contraria non sarebbero oggi più valide. In realtà, tali ragioni storiche non esistono affatto, per lo meno se si ha riferimento al diritto romano: infatti, per i giuristi dell’epoca classica il concetto di dolo non richiedeva necessariamente l’intenzionalità tra i suoi presupposti. Nel diritto romano gli strumenti contro il dolo non perseguivano solo ipotesi negoziali connotate da dolo specifico, bensì qualunque condotta che arrecasse un danno, qualora tale condotta non fosse altrimenti sanzionata e il pretore ritenesse meritevole di tutela la posizione del danneggiato.Pubblicazioni consigliate
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