Il PCI in Veneto eredita la tradizione del movimento socialista nel ruolo di antagonista del movimento cattolico. La subcultura "bianca" diventa infatti egemone non nello scontro con i socialisti prima del fascismo quanto nello scontro con i comunisti, a partire dalla guerra di Spagna fino all'esplodere dela guerra fredda, anche se i risultati si "misurano" solo il 18 aprile del 1948. Il PCI tenta di insediarsi all'interno della subcultura "bianca" secondo la formula togliattiana del "partito nuovo", cioè il modello emiliano della subcultura "rossa", ma senza successo (tranne che, parzialmente nel Polesine). Questo spiega la sua debolezza organizzativa e il rapporto ocn l'ambiente "ostile" vissuto come esclusione, almeno fino alla fine degli anni '60. Quando la crisi del mondo cattolico e la stagione dei movimenti collettivi liberano forze disponibili a nuove esperienze politiche, il PCI veneto riesce a superare la soglia di sopravvivenza.. L'adesione al partitio di una nuova generazione di militanti contribuisce a legittimare la presenza del PCI. La "svolta" di Occhetto, con la rottura della tradizione e l'abbandono di molti elementi di specificità del PCI, crea le condizioni per mettere in crisi la già fragile identità dei comunisti veneti. Attraverso la ricostruzione dello sviluppo organizzativo del PCI e l'analisi dei risultati di tre sondaggi condotti sui militanti nel corso degli anni '80, si mette in luce come all'interno del PCI veneto coesistano, in un difficile equilibrio, una pluralità di identità espressione sia delle diverse culture politiche territoriali sia di differenti generazioni politiche confluite nella comune militanza comunista.
L'identità esclusa. Comunisti in una subcultura bianca
RICCAMBONI, GIANNI
1992
Abstract
Il PCI in Veneto eredita la tradizione del movimento socialista nel ruolo di antagonista del movimento cattolico. La subcultura "bianca" diventa infatti egemone non nello scontro con i socialisti prima del fascismo quanto nello scontro con i comunisti, a partire dalla guerra di Spagna fino all'esplodere dela guerra fredda, anche se i risultati si "misurano" solo il 18 aprile del 1948. Il PCI tenta di insediarsi all'interno della subcultura "bianca" secondo la formula togliattiana del "partito nuovo", cioè il modello emiliano della subcultura "rossa", ma senza successo (tranne che, parzialmente nel Polesine). Questo spiega la sua debolezza organizzativa e il rapporto ocn l'ambiente "ostile" vissuto come esclusione, almeno fino alla fine degli anni '60. Quando la crisi del mondo cattolico e la stagione dei movimenti collettivi liberano forze disponibili a nuove esperienze politiche, il PCI veneto riesce a superare la soglia di sopravvivenza.. L'adesione al partitio di una nuova generazione di militanti contribuisce a legittimare la presenza del PCI. La "svolta" di Occhetto, con la rottura della tradizione e l'abbandono di molti elementi di specificità del PCI, crea le condizioni per mettere in crisi la già fragile identità dei comunisti veneti. Attraverso la ricostruzione dello sviluppo organizzativo del PCI e l'analisi dei risultati di tre sondaggi condotti sui militanti nel corso degli anni '80, si mette in luce come all'interno del PCI veneto coesistano, in un difficile equilibrio, una pluralità di identità espressione sia delle diverse culture politiche territoriali sia di differenti generazioni politiche confluite nella comune militanza comunista.Pubblicazioni consigliate
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