Esattamente sette secoli fa, nel 1298, l'incontro del veneziano Marco Polo e del pisano Rustichello nelle carceri di Genova produsse una delle grandi opere del Medioevo occidentale, un libro che rivelava agli europei le singolarità del continente asiatico incardinando la narrazione delle meraviglie orientali sulla figura di un sovrano ideale, ricco e generoso, saggio e potente: Qubilai, qaghan dei Mongoli. Il Milione (per aferesi da Emilione, soprannome di un ramo della famiglia Polo; è questa l'intitolazione che ben presto si impose in Italia), scritto originariamente in francese, conobbe sin dal principio una straordinaria fortuna: fu ricercato, copiato, tradotto in latino e in diverse parlate volgari. I primi lettori furono sicuramente catturati dall'attrattiva delle realtà esotiche, dalla seduttiva rivelazione di un mondo 'altro', strano ed incognito, ma il potere di fascinazione del libro risiedeva anche nella sua natura ibrida e multiforme, nel suo statuto testuale sfuggente, difficile da classificare, nel suo collocarsi al crocevia di vari generi letterari. L'opera poliana era prima di tutto un trattato geo-etnografico messo in forma entro una struttura da roman cortese, ma poteva essere letta anche come un prontuario di tecnica commerciale, una relazione di viaggio, una celebrazione dell'impero gengiskhanide, una rassegna di mostruosità, ricchezze e mirabilia. Queste diverse potenzialità furono sviluppate da amanuensi e rifacitori, i quali, enfatizzando aspetti e orientamenti presenti nel libro, generarono una varietà di redazioni. Così, nel moltiplicarsi delle copie, l'attività rielaborativa degli scribi condusse al dissolvimento del perduto testo primitivo in una tradizione manoscritta plurilingue molto ampia e intricata; e in questa complessa vicenda di rimaneggiamenti e riscritture il Milione venne riassettato, scorciato, riassunto. Tra gli innumerevoli testimoni che ci conservano il testo poliano un posto di primo piano spetta alla versione latina che qui si pubblica, tràdita dal manoscritto 49. 20 Zelada dell'Archivio Capitolare di Toledo (noto agli studiosi con la sigla Z). Benché sia notevolmente abbreviato nella parte iniziale, Z contiene numerosi passi mancanti in tutte le altre redazioni del Milione, passi di sicura autenticità che offrono un considerevole supplemento di informazione. Alcuni di questi frammenti sembrano essere caduti nel resto della tradizione per il loro contenuto scabroso o inquietante, potati dalle forbici censorie di copisti scrupolosi in materia di morale e di fede, e quindi inclini a tagliare quelle pagine in cui si parlava di usanze o pratiche cultuali che potevano sconcertare un pubblico di devoti cristiani: emblematica, a questo proposito, è la soppressione del brano relativo alla verifica medico-legale della verginità cui devono sottoporsi le damigelle del Catai prima delle nozze, oppure di quello in cui si descrivono i riti delle cortigiane templari, che recano offerte votive e danzano nude nei sacrari del Maabar idolatra. La presente edizione di Z, corredata di traduzione italiana e note di commento, fornisce una versione del libro di Marco che fa spicco nel quadro della tradizione poliana non solo per la correttezza della sua lezione, ma per la sua ricchezza contenutistica, tanto da rivestire un ruolo di capitale importanza ai fini della ricostituzione di un Milione più vicino all'integrità originaria.
Marco Polo, Milione. Redazione latina del manoscritto Z
BARBIERI, ALVARO
1998
Abstract
Esattamente sette secoli fa, nel 1298, l'incontro del veneziano Marco Polo e del pisano Rustichello nelle carceri di Genova produsse una delle grandi opere del Medioevo occidentale, un libro che rivelava agli europei le singolarità del continente asiatico incardinando la narrazione delle meraviglie orientali sulla figura di un sovrano ideale, ricco e generoso, saggio e potente: Qubilai, qaghan dei Mongoli. Il Milione (per aferesi da Emilione, soprannome di un ramo della famiglia Polo; è questa l'intitolazione che ben presto si impose in Italia), scritto originariamente in francese, conobbe sin dal principio una straordinaria fortuna: fu ricercato, copiato, tradotto in latino e in diverse parlate volgari. I primi lettori furono sicuramente catturati dall'attrattiva delle realtà esotiche, dalla seduttiva rivelazione di un mondo 'altro', strano ed incognito, ma il potere di fascinazione del libro risiedeva anche nella sua natura ibrida e multiforme, nel suo statuto testuale sfuggente, difficile da classificare, nel suo collocarsi al crocevia di vari generi letterari. L'opera poliana era prima di tutto un trattato geo-etnografico messo in forma entro una struttura da roman cortese, ma poteva essere letta anche come un prontuario di tecnica commerciale, una relazione di viaggio, una celebrazione dell'impero gengiskhanide, una rassegna di mostruosità, ricchezze e mirabilia. Queste diverse potenzialità furono sviluppate da amanuensi e rifacitori, i quali, enfatizzando aspetti e orientamenti presenti nel libro, generarono una varietà di redazioni. Così, nel moltiplicarsi delle copie, l'attività rielaborativa degli scribi condusse al dissolvimento del perduto testo primitivo in una tradizione manoscritta plurilingue molto ampia e intricata; e in questa complessa vicenda di rimaneggiamenti e riscritture il Milione venne riassettato, scorciato, riassunto. Tra gli innumerevoli testimoni che ci conservano il testo poliano un posto di primo piano spetta alla versione latina che qui si pubblica, tràdita dal manoscritto 49. 20 Zelada dell'Archivio Capitolare di Toledo (noto agli studiosi con la sigla Z). Benché sia notevolmente abbreviato nella parte iniziale, Z contiene numerosi passi mancanti in tutte le altre redazioni del Milione, passi di sicura autenticità che offrono un considerevole supplemento di informazione. Alcuni di questi frammenti sembrano essere caduti nel resto della tradizione per il loro contenuto scabroso o inquietante, potati dalle forbici censorie di copisti scrupolosi in materia di morale e di fede, e quindi inclini a tagliare quelle pagine in cui si parlava di usanze o pratiche cultuali che potevano sconcertare un pubblico di devoti cristiani: emblematica, a questo proposito, è la soppressione del brano relativo alla verifica medico-legale della verginità cui devono sottoporsi le damigelle del Catai prima delle nozze, oppure di quello in cui si descrivono i riti delle cortigiane templari, che recano offerte votive e danzano nude nei sacrari del Maabar idolatra. La presente edizione di Z, corredata di traduzione italiana e note di commento, fornisce una versione del libro di Marco che fa spicco nel quadro della tradizione poliana non solo per la correttezza della sua lezione, ma per la sua ricchezza contenutistica, tanto da rivestire un ruolo di capitale importanza ai fini della ricostituzione di un Milione più vicino all'integrità originaria.Pubblicazioni consigliate
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