Il lavoro si pone l'obiettivo di analizzare il delicatissimo problema dei limiti ai nova in appello, tema questo che autorevoli studiosi qualificano tra le questioni di maggior complessità teorica, particolarmente nella delineazione della novità della domanda in concreto. Le elaborazioni della dottrina processualcivilistica sul concetto di domanda sono impiegate come fondamento per una riflessione sulle peculiarità di essa nel processo tributario, ambito nel quale la soluzione del problema dei limiti ai nova non può prescindere dall’approccio dogmatico che impone di esaminare le diverse teorie (dichiarativista, costitutivista o sincretista) sulla natura e sull’oggetto di questo (processo). La prima parte del lavoro è, dunque, orientata a ricostruire le nozioni di petitum e causa petendi alla luce delle differenti posizioni teoriche, evidenziando come le divergenze possano far emergere problematiche applicative in casi particolari che vengono proposti all’attenzione del lettore. Si prospetta, dunque, una prima sintesi, nella quale vengono sistemati i risultati dell’analisi, evidenziando come, sia in letteratura che nella giurisprudenza, gli spazi per i nova in appello appaiano in concreto assolutamente circoscritti. Se ne traggono indicazioni per gli operatori. Nel seguito del lavoro si cerca di sottoporre a vaglio critico la lettura più tradizionale, proponendo una ricostruzione che, partendo dal dato positivo, cerca di attenuare le rigidità delle preclusioni poste dall'art. 57 del D.Lgs. 546 del 1992. La ragione generale che induce a percorrere tale linea di ricerca è la convinzione che il processo tributario sia essenzialmente orientato a garantire il diritto del soggetto passivo a non essere sottoposto ad un prelievo superiore alla sua effettiva capacità contributiva, valore questo centrale nell’impianto del diritto costituzionale tributario. Tale funzione del giudizio tributario mal sembra conciliarsi con rigide preclusioni che possono pregiudicare la ricostruzione veritiera dei fatti, così rischiando di cristallizzare un prelievo difforme dalla reale attitudine alla contribuzione. Dopo aver cercato di dimostrare, dunque, attraverso l’esegesi dei dati normativi, che non sussiste una necessità strutturale di piena corrispondenza tra ambito di cognizione del giudice di primo grado ed ambito di cognizione del giudice d’appello, si passa ad esaminare il regime delle eccezioni, mettendo il luce come, per il tramite di esse, diversi fatti nuovi possano fare ingresso nel processo tributario. In considerazione delle caratteristiche del rito, si evidenziano talune disomogeneità difensive, poiché il ricorrente non potrebbe introdurre fatti nuovi se non nei ristrettissimi limiti dell’integrazione dei motivi, mentre il resistente potrebbe innestarli nel giudizio per contrastare le argomentazioni di controparte per tutta l’area delle eccezioni rilevabili d’ufficio, area che, stando agli indirizzi di legittimità, può essere molto ampia, al punto da costituire regola generale. Tale assunto è sostenuto proponendo diverse esemplificazioni pratiche che manifesterebbero dette situazioni di asimmetria difensiva tra le parti in causa. Sulla base delle descritte premesse teoriche, dell’esegesi del dato normativo e dell’analisi casistica, la riflessione muove, pertanto, verso l’affermazione di un criterio interpretativo che, recuperando simmetria tra domande ed eccezioni nuove, permetta di attenuare le preclusioni dei nova in appello, vagliando l’incidenza applicativa di detto criterio alla luce delle diverse teorie sulla natura e l’oggetto del processo tributario. Nella terza parte del lavoro si prospetta una rassegna casistica delle problematiche sorte con riguardo alla nozione di domanda nuova e di nuova eccezione, con l’obiettivo di fornire un sintetico quadro delle principali questioni passate al vaglio della giurisprudenza o esaminate dalla dottrina.

Domande ed eccezioni nuove. L'inammissibilità e la rilevabilità d'ufficio

TRIVELLIN, MAURO
2007

Abstract

Il lavoro si pone l'obiettivo di analizzare il delicatissimo problema dei limiti ai nova in appello, tema questo che autorevoli studiosi qualificano tra le questioni di maggior complessità teorica, particolarmente nella delineazione della novità della domanda in concreto. Le elaborazioni della dottrina processualcivilistica sul concetto di domanda sono impiegate come fondamento per una riflessione sulle peculiarità di essa nel processo tributario, ambito nel quale la soluzione del problema dei limiti ai nova non può prescindere dall’approccio dogmatico che impone di esaminare le diverse teorie (dichiarativista, costitutivista o sincretista) sulla natura e sull’oggetto di questo (processo). La prima parte del lavoro è, dunque, orientata a ricostruire le nozioni di petitum e causa petendi alla luce delle differenti posizioni teoriche, evidenziando come le divergenze possano far emergere problematiche applicative in casi particolari che vengono proposti all’attenzione del lettore. Si prospetta, dunque, una prima sintesi, nella quale vengono sistemati i risultati dell’analisi, evidenziando come, sia in letteratura che nella giurisprudenza, gli spazi per i nova in appello appaiano in concreto assolutamente circoscritti. Se ne traggono indicazioni per gli operatori. Nel seguito del lavoro si cerca di sottoporre a vaglio critico la lettura più tradizionale, proponendo una ricostruzione che, partendo dal dato positivo, cerca di attenuare le rigidità delle preclusioni poste dall'art. 57 del D.Lgs. 546 del 1992. La ragione generale che induce a percorrere tale linea di ricerca è la convinzione che il processo tributario sia essenzialmente orientato a garantire il diritto del soggetto passivo a non essere sottoposto ad un prelievo superiore alla sua effettiva capacità contributiva, valore questo centrale nell’impianto del diritto costituzionale tributario. Tale funzione del giudizio tributario mal sembra conciliarsi con rigide preclusioni che possono pregiudicare la ricostruzione veritiera dei fatti, così rischiando di cristallizzare un prelievo difforme dalla reale attitudine alla contribuzione. Dopo aver cercato di dimostrare, dunque, attraverso l’esegesi dei dati normativi, che non sussiste una necessità strutturale di piena corrispondenza tra ambito di cognizione del giudice di primo grado ed ambito di cognizione del giudice d’appello, si passa ad esaminare il regime delle eccezioni, mettendo il luce come, per il tramite di esse, diversi fatti nuovi possano fare ingresso nel processo tributario. In considerazione delle caratteristiche del rito, si evidenziano talune disomogeneità difensive, poiché il ricorrente non potrebbe introdurre fatti nuovi se non nei ristrettissimi limiti dell’integrazione dei motivi, mentre il resistente potrebbe innestarli nel giudizio per contrastare le argomentazioni di controparte per tutta l’area delle eccezioni rilevabili d’ufficio, area che, stando agli indirizzi di legittimità, può essere molto ampia, al punto da costituire regola generale. Tale assunto è sostenuto proponendo diverse esemplificazioni pratiche che manifesterebbero dette situazioni di asimmetria difensiva tra le parti in causa. Sulla base delle descritte premesse teoriche, dell’esegesi del dato normativo e dell’analisi casistica, la riflessione muove, pertanto, verso l’affermazione di un criterio interpretativo che, recuperando simmetria tra domande ed eccezioni nuove, permetta di attenuare le preclusioni dei nova in appello, vagliando l’incidenza applicativa di detto criterio alla luce delle diverse teorie sulla natura e l’oggetto del processo tributario. Nella terza parte del lavoro si prospetta una rassegna casistica delle problematiche sorte con riguardo alla nozione di domanda nuova e di nuova eccezione, con l’obiettivo di fornire un sintetico quadro delle principali questioni passate al vaglio della giurisprudenza o esaminate dalla dottrina.
2007
Codice del processo tributario. Diritto e pratica
9788861320642
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