Dagli ultimi rapporti della Commissione per le Adozioni Internazionali (CAI, rapporto sui fascicoli dal 16/11/2000 al 31/12/2004), organo ministeriale con il compito di vigilare in materia di adozione, emerge che la pratica dell’adozione è in crescita, soprattutto per quanto riguarda quella internazionale. La scelta adottiva comporta, tuttavia, secondo molti autori (Brodzinsky & Pinderhughes, 2002; Johnson, 2002) vari aspetti di difficoltà e di rischio per lo sviluppo dei figli, la genitorialità e la famiglia. In effetti, alla crescente diffusione dell’adozione si accompagna anche un aumento dei casi di fallimento adottivo, inteso, nella forma più eclatante e definita, come l’allontanamento del figlio dalla famiglia e l’interruzione del rapporto di filiazione. Il fenomeno del fallimento adottivo, tuttavia, può essere considerato in modo più ampio e complesso, includendo anche quelle situazioni di disagio individuale e familiare, che non necessariamente sfociano in un allontanamento del minore, ma che comportano, comunque, un elevato grado di problematicità connesso o derivante dall’adozione. A riguardo, alcune ricerche (Moretti, 2003; Galli & Viero, 2002) propongono dati preoccupanti sia sulla restituzione dei minori, sia sulla presenza di vari aspetti di criticità per queste famiglie (Brodzinsky & Pinderhughes, 2002). A fronte di tale problematicità, nell’ottica della tutela del minore e della famiglia, si rende necessario lo sviluppo di programmi di intervento, di sostegno e di prevenzione per le famiglie adottive. Da un punto di vista giuridico, la legge n. 476 del 1998 ha affidato alle Regioni il compito di promuovere la definizione di protocolli operativi e di svolgere le funzioni di programmazione, indirizzo e controllo in materia di adozione. La Regione Veneto ha stilato delle linee guida innovative per la definizione di una cornice operativa nel procedimento adottivo con lo scopo di dettagliare gli interventi di sensibilizzazione, formazione, valutazione delle coppie e sostegno alle famiglie, da realizzarsi fino ad almeno il primo anno dopo l’inseirmento del minore. I successivi interventi stabilti dalla Regione non si riferiscono propriamente ad aspetti preventivi, ma riguardano il monitoraggio e la vigilanza. La letteratura, per contro, suggerisce che il ciclo di vita delle famiglie adottive presenti difficoltà e compiti specifici, che vanno oltre i momenti iniziali dell’inserimento del bambino: spesso, infatti, le crisi si presentano anni dopo che si è concluso il percorso fatto con i servizi. Da questo punto di vista, l’adozione non è un processo che si risolve con la conclusione delle scadenze scandite dall’iter adottivo (Galli & Viero, 2002). Lo scopo di questo lavoro è quello di fornire un contributo, attraverso la rassegna di quanto presente in materia in ambito nazionale e internazionale, circa i fattori critici dei diversi momenti della vita familiare adottiva, al fine di delineare possibili campi di prevenzione del disagio nell’adozione, anche in fasi evolutive più avanzate rispetto a quelle fino ad ora proposte. Lo studio, quindi, si è focalizzato sulla comprensione delle tappe di sviluppo individuali e familiari nell’adozione e sugli aspetti peculiari connessi con l’esperienza pre e postadottiva implicati con la maturazione e l’adattamento. Si sono esplorate le problematiche tipiche dell’età prescolare, dell’età scolare e dell’adolescenza e, parallelamente, si è discusso dei cambiamenti, delle difficoltà specifiche e degli aspetti di criticità che la famiglia adottiva affronta lungo il ciclo di vita, al fine di evidenziare aree rilevanti per possibili interventi di prevenzione del disagio.

La prevenzione del disagio nell’adozione: Rassegna delle aree di possibile intervento post-adottivo

CALVO, VINCENZO
2005

Abstract

Dagli ultimi rapporti della Commissione per le Adozioni Internazionali (CAI, rapporto sui fascicoli dal 16/11/2000 al 31/12/2004), organo ministeriale con il compito di vigilare in materia di adozione, emerge che la pratica dell’adozione è in crescita, soprattutto per quanto riguarda quella internazionale. La scelta adottiva comporta, tuttavia, secondo molti autori (Brodzinsky & Pinderhughes, 2002; Johnson, 2002) vari aspetti di difficoltà e di rischio per lo sviluppo dei figli, la genitorialità e la famiglia. In effetti, alla crescente diffusione dell’adozione si accompagna anche un aumento dei casi di fallimento adottivo, inteso, nella forma più eclatante e definita, come l’allontanamento del figlio dalla famiglia e l’interruzione del rapporto di filiazione. Il fenomeno del fallimento adottivo, tuttavia, può essere considerato in modo più ampio e complesso, includendo anche quelle situazioni di disagio individuale e familiare, che non necessariamente sfociano in un allontanamento del minore, ma che comportano, comunque, un elevato grado di problematicità connesso o derivante dall’adozione. A riguardo, alcune ricerche (Moretti, 2003; Galli & Viero, 2002) propongono dati preoccupanti sia sulla restituzione dei minori, sia sulla presenza di vari aspetti di criticità per queste famiglie (Brodzinsky & Pinderhughes, 2002). A fronte di tale problematicità, nell’ottica della tutela del minore e della famiglia, si rende necessario lo sviluppo di programmi di intervento, di sostegno e di prevenzione per le famiglie adottive. Da un punto di vista giuridico, la legge n. 476 del 1998 ha affidato alle Regioni il compito di promuovere la definizione di protocolli operativi e di svolgere le funzioni di programmazione, indirizzo e controllo in materia di adozione. La Regione Veneto ha stilato delle linee guida innovative per la definizione di una cornice operativa nel procedimento adottivo con lo scopo di dettagliare gli interventi di sensibilizzazione, formazione, valutazione delle coppie e sostegno alle famiglie, da realizzarsi fino ad almeno il primo anno dopo l’inseirmento del minore. I successivi interventi stabilti dalla Regione non si riferiscono propriamente ad aspetti preventivi, ma riguardano il monitoraggio e la vigilanza. La letteratura, per contro, suggerisce che il ciclo di vita delle famiglie adottive presenti difficoltà e compiti specifici, che vanno oltre i momenti iniziali dell’inserimento del bambino: spesso, infatti, le crisi si presentano anni dopo che si è concluso il percorso fatto con i servizi. Da questo punto di vista, l’adozione non è un processo che si risolve con la conclusione delle scadenze scandite dall’iter adottivo (Galli & Viero, 2002). Lo scopo di questo lavoro è quello di fornire un contributo, attraverso la rassegna di quanto presente in materia in ambito nazionale e internazionale, circa i fattori critici dei diversi momenti della vita familiare adottiva, al fine di delineare possibili campi di prevenzione del disagio nell’adozione, anche in fasi evolutive più avanzate rispetto a quelle fino ad ora proposte. Lo studio, quindi, si è focalizzato sulla comprensione delle tappe di sviluppo individuali e familiari nell’adozione e sugli aspetti peculiari connessi con l’esperienza pre e postadottiva implicati con la maturazione e l’adattamento. Si sono esplorate le problematiche tipiche dell’età prescolare, dell’età scolare e dell’adolescenza e, parallelamente, si è discusso dei cambiamenti, delle difficoltà specifiche e degli aspetti di criticità che la famiglia adottiva affronta lungo il ciclo di vita, al fine di evidenziare aree rilevanti per possibili interventi di prevenzione del disagio.
2005
V Convegno Nazionale “La prevenzione nella scuola e nella comunita’: dal cambiamento individuale al
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