L’analisi per campioni dell’attività di accademie e società filarmoniche sparse lungo la penisola conferma che nell’Italia della prima metà dell’Ottocento la musica sacra, quella liturgica in particolare, andava perdendo la sua secolare identità sotto l’influsso del genere teatrale e di quello sinfonico. Nella partecipazione al processo di trasformazione, le società filarmoniche rimasero legate al gusto corrente, ma non di rado manifestarono una chiara consapevolezza del disorientamento della musica da chiesa in Italia e cercarono i rimedi per ridare dignità al canto sacro nella cultura d’oltralpe, quella tedesca soprattutto, sia pure con risultati alterni e contraddittori. Ad aprire il dibattito fu il “Rapporto sulla msuica sacra” di Gaspare Spontini e subito sulla questione si crearono due fronti: da un lato gli esponenti degli ambienti accademici (Baini, Alfieri, Boucheron, Cattaneo, Candotti) che propugnavano il ritorno all’antico; dall’altro i fautori dello strumentalismo romantico (Buzzolla, Polledro, Mayr, Morlacchi, Mercadante e lo stesso Spontini) i quali erano propensi a trapiantare in Italia linguaggi propri di altri contesti culturali. Alquanto atipica la posizione del filippino Sebastiano Maggi che, pur mosso da esigenze di purismo, sollevò precocemente il problema del rapporto tra linguaggi musicali e assemblee dei fedeli. L’esigenza di attualizzare il passato fu il presupposto sul quale si sviluppò il movimento di riforma della musica sacra nell’ultimo scorcio dell’Ottocento; l’insegnamento pianificato offerto dalle istituzioni educative create dallo Stato unitario, invece, fu lo strumento che permise a musicisti quali Petrali, Capocci e Bossi di trasformare in assimilazione metodica e in originali elaborazioni l’apertura della musica sacra alle innovazioni d’oltralpe.

I filarmonici e la musica sacra

LOVATO, ANTONIO
1998

Abstract

L’analisi per campioni dell’attività di accademie e società filarmoniche sparse lungo la penisola conferma che nell’Italia della prima metà dell’Ottocento la musica sacra, quella liturgica in particolare, andava perdendo la sua secolare identità sotto l’influsso del genere teatrale e di quello sinfonico. Nella partecipazione al processo di trasformazione, le società filarmoniche rimasero legate al gusto corrente, ma non di rado manifestarono una chiara consapevolezza del disorientamento della musica da chiesa in Italia e cercarono i rimedi per ridare dignità al canto sacro nella cultura d’oltralpe, quella tedesca soprattutto, sia pure con risultati alterni e contraddittori. Ad aprire il dibattito fu il “Rapporto sulla msuica sacra” di Gaspare Spontini e subito sulla questione si crearono due fronti: da un lato gli esponenti degli ambienti accademici (Baini, Alfieri, Boucheron, Cattaneo, Candotti) che propugnavano il ritorno all’antico; dall’altro i fautori dello strumentalismo romantico (Buzzolla, Polledro, Mayr, Morlacchi, Mercadante e lo stesso Spontini) i quali erano propensi a trapiantare in Italia linguaggi propri di altri contesti culturali. Alquanto atipica la posizione del filippino Sebastiano Maggi che, pur mosso da esigenze di purismo, sollevò precocemente il problema del rapporto tra linguaggi musicali e assemblee dei fedeli. L’esigenza di attualizzare il passato fu il presupposto sul quale si sviluppò il movimento di riforma della musica sacra nell’ultimo scorcio dell’Ottocento; l’insegnamento pianificato offerto dalle istituzioni educative create dallo Stato unitario, invece, fu lo strumento che permise a musicisti quali Petrali, Capocci e Bossi di trasformare in assimilazione metodica e in originali elaborazioni l’apertura della musica sacra alle innovazioni d’oltralpe.
1998
Accademie e società filarmoniche. Organizzazione, cultura e attività dei filarmonici nell'Italia dell'Ottocento, a cura di A. Carlini
8877020784
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