L'A. definisce dirompente la decisione in epigrafe nella quale la Corte di Giustizia CE dichiara che il diritto comunitario non consente l'applicazione del diritto nazionale, come l'art. 2909 del codice civile italiano, volta a sancire il principio dell'autorità della cosa giudicata, nei limiti in cui l'applicazione di tale disposizione impedisce il recupero di un aiuto di Stato erogato in contrasto con il diritto comunitario e la cui incompatibilità con il mercato comune è stata dichiarata con decisione della Commissione divenuta definitiva. L'A. osserva che mentre l'avvocato generale della Corte ha sostenuto la difesa richiamandosi al primato del diritto comunitario di cui all'art. 88 del trattato C.E., il governo italiano ha cercato di sostenere che il principio dell'autorità della cosa giudicata entra in considerazione solo quando vi sia stato un giudizio avente il medesimo oggetto, il medesimo fondamento giuridico e le medesime parti e questa situazione non ricorrerebbe alla perfezione nel caso di specie, in quanto il titolo della causa civilistica che aveva dato ragione a Lucchini nei confronti dello Stato italiano sarebbe diverso rispetto al titolo del procedimento davanti al giudice amministrativo volto ad impugnare gli atti amministrativi italiani autorizzativi del recupero del contributo, quali alla fine emessi sulla base della decisione della Commissione che ha imposto il recupero dell'aiuto indebito. In tal modo il Governo italiano si è posto al fianco della Commissione, in coerenza col fatto di aver scelto di adempiere alle prescrizioni della stessa.

La sentenza Lucchini della Corte di Giustizia: quale possibile adattamento degli ordinamenti processuali interni e in specie del nostro?, (Nota a Corte giust. Comunità  europee, 18 luglio 2007, n. 119/05, Min. ind. c. Soc. Lucchini)

CONSOLO, CLAUDIO
2008

Abstract

L'A. definisce dirompente la decisione in epigrafe nella quale la Corte di Giustizia CE dichiara che il diritto comunitario non consente l'applicazione del diritto nazionale, come l'art. 2909 del codice civile italiano, volta a sancire il principio dell'autorità della cosa giudicata, nei limiti in cui l'applicazione di tale disposizione impedisce il recupero di un aiuto di Stato erogato in contrasto con il diritto comunitario e la cui incompatibilità con il mercato comune è stata dichiarata con decisione della Commissione divenuta definitiva. L'A. osserva che mentre l'avvocato generale della Corte ha sostenuto la difesa richiamandosi al primato del diritto comunitario di cui all'art. 88 del trattato C.E., il governo italiano ha cercato di sostenere che il principio dell'autorità della cosa giudicata entra in considerazione solo quando vi sia stato un giudizio avente il medesimo oggetto, il medesimo fondamento giuridico e le medesime parti e questa situazione non ricorrerebbe alla perfezione nel caso di specie, in quanto il titolo della causa civilistica che aveva dato ragione a Lucchini nei confronti dello Stato italiano sarebbe diverso rispetto al titolo del procedimento davanti al giudice amministrativo volto ad impugnare gli atti amministrativi italiani autorizzativi del recupero del contributo, quali alla fine emessi sulla base della decisione della Commissione che ha imposto il recupero dell'aiuto indebito. In tal modo il Governo italiano si è posto al fianco della Commissione, in coerenza col fatto di aver scelto di adempiere alle prescrizioni della stessa.
2008
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