Partendo dalle vicende passate e presenti della realtà argentina, la presente prefazione introduce al tema dell’oppressione secondo la psicologia della liberazione. Un movimento di psicologi latinoamericani che, verso la fine del ventesimo secolo, ha fatto del proprio sapere e della propria professione non un semplice esercizio accademico, ma piuttosto una piattaforma di conoscenze e di strumenti di comunità per contribuire alla trasformazione delle condizioni di vita delle masse popolari. Nel difficile clima sociale di quegli anni, gli psicologi cominciarono ad avvertire un forte malessere in merito alle condizioni e alle finalità del proprio operato. E la nuova prospettiva che si affacciava all’orizzonte sovvertiva i canoni consolidati. Gli psicologi cominciarono a vedere i problemi con gli occhi del dominato e non del dominatore. Progettavano una psicologia dell’educazione dal versante dell’analfabeta; facevano una psicologia del lavoro assumendo la prospettiva del disoccupato; praticavano una psicologia clinica dal punto di vista dell’emarginato. Tutto ciò implicò che la psicologia, in particolare quella sociale e di comunità, ponesse come obiettivo principale la verifica della coerenza tra le domande dei settori popolari e gli interventi pensati e realizzati in tali ambiti. E inoltre che il lavoro psicologico dovesse partire dall’idea di un soggetto attivo, protagonista delle stesse trasformazioni poste in essere.

Prefazione:Violenza di Stato e psicologia della liberazione

ZAMPERINI, ADRIANO
2008

Abstract

Partendo dalle vicende passate e presenti della realtà argentina, la presente prefazione introduce al tema dell’oppressione secondo la psicologia della liberazione. Un movimento di psicologi latinoamericani che, verso la fine del ventesimo secolo, ha fatto del proprio sapere e della propria professione non un semplice esercizio accademico, ma piuttosto una piattaforma di conoscenze e di strumenti di comunità per contribuire alla trasformazione delle condizioni di vita delle masse popolari. Nel difficile clima sociale di quegli anni, gli psicologi cominciarono ad avvertire un forte malessere in merito alle condizioni e alle finalità del proprio operato. E la nuova prospettiva che si affacciava all’orizzonte sovvertiva i canoni consolidati. Gli psicologi cominciarono a vedere i problemi con gli occhi del dominato e non del dominatore. Progettavano una psicologia dell’educazione dal versante dell’analfabeta; facevano una psicologia del lavoro assumendo la prospettiva del disoccupato; praticavano una psicologia clinica dal punto di vista dell’emarginato. Tutto ciò implicò che la psicologia, in particolare quella sociale e di comunità, ponesse come obiettivo principale la verifica della coerenza tra le domande dei settori popolari e gli interventi pensati e realizzati in tali ambiti. E inoltre che il lavoro psicologico dovesse partire dall’idea di un soggetto attivo, protagonista delle stesse trasformazioni poste in essere.
2008
Lutto, protesta, democrazia
9788820742065
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