Il volume raccoglie sette ampi saggi per compongono un’analisi basata su ricerca storica documentaria originale di cinquant'anni di politica dell'Europa comunitaria verso i paesi emergenti in materia di sviluppo, ne ricostruiscono le direttrici regionali principali, ne illuminano problemi, strumenti e metodi, raccogliendo sotto un unico tetto le origini e l’evoluzione più recente. Il saggio di Migani àncora il tema alla sua radice post-coloniale e alla realtà intergovernativa del primo decennio: è l’interesse nazionale francese a essere al centro della prospettiva e il suo rapporto con una politica comune che ad esso rimase soggetta. La dinamica intergovernativa risulta ricca di capacità esplicative anche nei contributi di Calandri e Albiani, che spiegano la “non-politica” verso il Mediterraneo e l’America latina nel primo decennio come risultato di une rete paralizzante di interessi nazionali e del primato assegnato alla costruzione del mercato interno. Ciò è confermato da Caviglia e Garavini sul tema dei negoziati monetari internazionali. Fin dalla metà degli anni sessanta fu nelle sede globali che la struttura delle relazioni economiche internazionali fu messa in causa: non tanto quindi nei rapporti nord-sud, quanto nei negoziati nord-nord si tenevano le fila delle strutture di base del sistema globale. La limitata “generosità” europea nell’aprire il sistema monetario alle esigenze dello sviluppo si confermava attraverso l’adesione a ortodossie economiche che nel periodo in esame confermavano assetti consolidati. Il contributo di Palayret dedicato al sistema di Lomé e le analisi di Calandri e Albiani mostrano come nel secondo decennio la comunità appariva ormai soggetto politico e i rapporti con il mondo in via di sviluppo risultavano essere il principale terreno di tale trasformazione. In realtà l’evoluzione del rapporto con i paesi Acp, la ricerca incompiuta di un’efficace politica mediterranea, la latitanza di una vera iniziativa latinoamericana ribadivano luci e ombre dell’impegno comunitario. Gli studi mostrano l’articolarsi di idee di interdipendenza e lo spostarsi dell’attenzione non più sulla dose maggior o minore di eredità coloniale, quanto sulla maggiore o minore efficacia dell’intervento. L’analisi di Lapucci conduce anche a un tema cruciale della costruzione comunitaria, la trasparenza e credibilità della burocrazia, il potere delle lobby, le disfunzioni organizzative che irruppero nel dibattito comunitario a metà anni novanta. E sempre sul ruolo della Commissione come custode di certi equilibri e visioni, così come sul peso dei “feudi” interni e della competizione fra uffici, ritorna Albiani nel descrivere il difficile affermarsi dell’iniziativa verso il Sud-America a fronte di “una certa idea della Comunità”. La fine della guerra fredda aprì un periodo di transizione e incertezza. Nel Mediterraneo e in America latina esso è sfociato in un maggiore impegno: verso l’America latina Albiani documenta l’irrobustirsi di un interesse economico dell’Unione europea che diventa il vero cuore del rapporto. Nel Mediterraneo, i successivi allargamenti hanno certamente amplificato la presenza dell’Unione, lasciando però i paesi nordafricani e del Vicino oriente in una categoria, quella del “vicinato” dalle potenzialità economiche crescenti, ma assai imbarazzante dal punto di vista politico. Con il contributo di Maria Rosa Pettazzoni si percepisce a fondo l’ambiguità con cui l’UE reclama di conservare relazioni economiche “di sviluppo” con i paesi Acp nel contesto della liberalizzazione globale delle economie, e non più solo dei mercati, avviata sotto l’egida dell’Organizzazione mondiale del Commercio.
Il primato sfuggente. L'Europa e l'intervento per lo sviluppo 1957-2007
CALANDRI, ELENA
2009
Abstract
Il volume raccoglie sette ampi saggi per compongono un’analisi basata su ricerca storica documentaria originale di cinquant'anni di politica dell'Europa comunitaria verso i paesi emergenti in materia di sviluppo, ne ricostruiscono le direttrici regionali principali, ne illuminano problemi, strumenti e metodi, raccogliendo sotto un unico tetto le origini e l’evoluzione più recente. Il saggio di Migani àncora il tema alla sua radice post-coloniale e alla realtà intergovernativa del primo decennio: è l’interesse nazionale francese a essere al centro della prospettiva e il suo rapporto con una politica comune che ad esso rimase soggetta. La dinamica intergovernativa risulta ricca di capacità esplicative anche nei contributi di Calandri e Albiani, che spiegano la “non-politica” verso il Mediterraneo e l’America latina nel primo decennio come risultato di une rete paralizzante di interessi nazionali e del primato assegnato alla costruzione del mercato interno. Ciò è confermato da Caviglia e Garavini sul tema dei negoziati monetari internazionali. Fin dalla metà degli anni sessanta fu nelle sede globali che la struttura delle relazioni economiche internazionali fu messa in causa: non tanto quindi nei rapporti nord-sud, quanto nei negoziati nord-nord si tenevano le fila delle strutture di base del sistema globale. La limitata “generosità” europea nell’aprire il sistema monetario alle esigenze dello sviluppo si confermava attraverso l’adesione a ortodossie economiche che nel periodo in esame confermavano assetti consolidati. Il contributo di Palayret dedicato al sistema di Lomé e le analisi di Calandri e Albiani mostrano come nel secondo decennio la comunità appariva ormai soggetto politico e i rapporti con il mondo in via di sviluppo risultavano essere il principale terreno di tale trasformazione. In realtà l’evoluzione del rapporto con i paesi Acp, la ricerca incompiuta di un’efficace politica mediterranea, la latitanza di una vera iniziativa latinoamericana ribadivano luci e ombre dell’impegno comunitario. Gli studi mostrano l’articolarsi di idee di interdipendenza e lo spostarsi dell’attenzione non più sulla dose maggior o minore di eredità coloniale, quanto sulla maggiore o minore efficacia dell’intervento. L’analisi di Lapucci conduce anche a un tema cruciale della costruzione comunitaria, la trasparenza e credibilità della burocrazia, il potere delle lobby, le disfunzioni organizzative che irruppero nel dibattito comunitario a metà anni novanta. E sempre sul ruolo della Commissione come custode di certi equilibri e visioni, così come sul peso dei “feudi” interni e della competizione fra uffici, ritorna Albiani nel descrivere il difficile affermarsi dell’iniziativa verso il Sud-America a fronte di “una certa idea della Comunità”. La fine della guerra fredda aprì un periodo di transizione e incertezza. Nel Mediterraneo e in America latina esso è sfociato in un maggiore impegno: verso l’America latina Albiani documenta l’irrobustirsi di un interesse economico dell’Unione europea che diventa il vero cuore del rapporto. Nel Mediterraneo, i successivi allargamenti hanno certamente amplificato la presenza dell’Unione, lasciando però i paesi nordafricani e del Vicino oriente in una categoria, quella del “vicinato” dalle potenzialità economiche crescenti, ma assai imbarazzante dal punto di vista politico. Con il contributo di Maria Rosa Pettazzoni si percepisce a fondo l’ambiguità con cui l’UE reclama di conservare relazioni economiche “di sviluppo” con i paesi Acp nel contesto della liberalizzazione globale delle economie, e non più solo dei mercati, avviata sotto l’egida dell’Organizzazione mondiale del Commercio.Pubblicazioni consigliate
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