Background. La distrofia miotonica di tipo 1 (DM1), nota anche come distrofia di Steinert, è la più frequente distrofia muscolare dell’adulto con compromissione multisistemica ed eredità autosomica dominante, il cui difetto genetico consiste in una anomala espansione della tripletta CTG localizzata sul cromosoma 19. Il coinvolgimento cardiaco in questa patologia è frequente e consiste sia in alterazioni del sistema di conduzione che possono esitare in blocchi avanzati che in aritmie ipercinetiche pericolose per la vita. È ben noto infatti come l’incidenza di morte improvvisa negli affetti da DM1 sia superiore a quella della popolazione generale. Scopo. Lo scopo di questo studio è valutare con metodi diagnostici non invasivi ed invasivi i predittori di evoluzione verso disturbi di conduzione avanzati e/o tachicardie ventricolari (TV) e morte improvvisa. Metodi. 68 pazienti con diagnosi clinica e genetica di DM1 sono stati sottoposti a visita cardiologica, ECG, ECG-Holter con analisi dell’heart rate variability (HRV) ogni 6 mesi ed ad ecocardiogramma, ricerca dei potenziali tardivi e visita neurologica annuali. Qualora vi fosse indicazione (blocchi AV e/o disturbi di conduzione intraventricolare) è stato eseguito uno studio elettrofisiologico intracavitario (SEF) sulla base del quale si è deciso l’eventuale impianto di pacemaker (PM) o ICD. Risultati. Durante un follow-up medio di 28±15 mesi si sono verificati 3 decessi, uno per morte improvvisa e 2 per patologie extracardiache. Il paziente morto improvvisamente a 40 anni, in attesa di eseguire SEF, presentava un blocco AV di I grado + blocco di branca sinistra all’ECG di base e non erano state registrate aritmie all’Holter. Un secondo paziente ha presentato un episodio di TV sostenuta che ha necessitato di cardioversione elettrica; in questo caso il paziente era in flutter atriale con blocco fascicolare anteriore ed era inoltre presente lieve disfunzione sistolica del ventricolo sinistro. Dodici pazienti che soddisfacevano i criteri di inclusione sono stati sottoposti a SEF: in 5 si è proceduto ad impianto di PM ed in 2 di ICD. I pazienti con intervallo HV patologico (≥70 msec) al SEF presentavano una maggiore espansione della tripletta CTG all’analisi genetica (948±327 vs 603±394 copie, p = 0.04), una durata maggiore del QRS all’ECG di superficie (121±36 vs 96±20 msec) e del QRS filtrato all’ECG ad alta risoluzione (139±34 vs 121±14 msec, p = 0.05), più frequenti blocchi AV di grado avanzato (43 vs 2%, p <0.001) e pause (43 vs 5%, p = 0.001) registrati all’Holter, inoltre all’analisi dell’HRV avevano un RMSSD maggiore (79±71 vs 46±23, p = 0.03). Conclusioni. I pazienti con DM1 presentano frequentemente alterazioni cardiache che variano dalla morte improvvisa, alle tachicardie ventricolari sostenute, ai disturbi del sistema di conduzione sottohissiano. Un’attenta valutazione cardiologica non invasiva è necessaria per stratificare il rischio aritmico e porre indicazione ad eventuali esami invasivi e/o all’impianto di device salvavita.

Utilità della diagnostica non invasiva ed invasiva nella stratificazione del rischio aritmico ipo ed ipercinetico nella Distrofia Miotonica tipo I.

PESCATORE, VALENTINA;MELACINI, PAOLA;CALORE, CHIARA;BOVOLATO, FRANCESCA ELISA;ROMEO, VINCENZO;BUJA, GIANFRANCO;CORRADO, DOMENICO;PEGORARO, ELENA;ANGELINI, CORRADO;ILICETO, SABINO
2009

Abstract

Background. La distrofia miotonica di tipo 1 (DM1), nota anche come distrofia di Steinert, è la più frequente distrofia muscolare dell’adulto con compromissione multisistemica ed eredità autosomica dominante, il cui difetto genetico consiste in una anomala espansione della tripletta CTG localizzata sul cromosoma 19. Il coinvolgimento cardiaco in questa patologia è frequente e consiste sia in alterazioni del sistema di conduzione che possono esitare in blocchi avanzati che in aritmie ipercinetiche pericolose per la vita. È ben noto infatti come l’incidenza di morte improvvisa negli affetti da DM1 sia superiore a quella della popolazione generale. Scopo. Lo scopo di questo studio è valutare con metodi diagnostici non invasivi ed invasivi i predittori di evoluzione verso disturbi di conduzione avanzati e/o tachicardie ventricolari (TV) e morte improvvisa. Metodi. 68 pazienti con diagnosi clinica e genetica di DM1 sono stati sottoposti a visita cardiologica, ECG, ECG-Holter con analisi dell’heart rate variability (HRV) ogni 6 mesi ed ad ecocardiogramma, ricerca dei potenziali tardivi e visita neurologica annuali. Qualora vi fosse indicazione (blocchi AV e/o disturbi di conduzione intraventricolare) è stato eseguito uno studio elettrofisiologico intracavitario (SEF) sulla base del quale si è deciso l’eventuale impianto di pacemaker (PM) o ICD. Risultati. Durante un follow-up medio di 28±15 mesi si sono verificati 3 decessi, uno per morte improvvisa e 2 per patologie extracardiache. Il paziente morto improvvisamente a 40 anni, in attesa di eseguire SEF, presentava un blocco AV di I grado + blocco di branca sinistra all’ECG di base e non erano state registrate aritmie all’Holter. Un secondo paziente ha presentato un episodio di TV sostenuta che ha necessitato di cardioversione elettrica; in questo caso il paziente era in flutter atriale con blocco fascicolare anteriore ed era inoltre presente lieve disfunzione sistolica del ventricolo sinistro. Dodici pazienti che soddisfacevano i criteri di inclusione sono stati sottoposti a SEF: in 5 si è proceduto ad impianto di PM ed in 2 di ICD. I pazienti con intervallo HV patologico (≥70 msec) al SEF presentavano una maggiore espansione della tripletta CTG all’analisi genetica (948±327 vs 603±394 copie, p = 0.04), una durata maggiore del QRS all’ECG di superficie (121±36 vs 96±20 msec) e del QRS filtrato all’ECG ad alta risoluzione (139±34 vs 121±14 msec, p = 0.05), più frequenti blocchi AV di grado avanzato (43 vs 2%, p <0.001) e pause (43 vs 5%, p = 0.001) registrati all’Holter, inoltre all’analisi dell’HRV avevano un RMSSD maggiore (79±71 vs 46±23, p = 0.03). Conclusioni. I pazienti con DM1 presentano frequentemente alterazioni cardiache che variano dalla morte improvvisa, alle tachicardie ventricolari sostenute, ai disturbi del sistema di conduzione sottohissiano. Un’attenta valutazione cardiologica non invasiva è necessaria per stratificare il rischio aritmico e porre indicazione ad eventuali esami invasivi e/o all’impianto di device salvavita.
2009
Giornale Italiano di Cardiologia
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