L’incontro internazionale nel Kerala che ha dato origine a questo saggio aveva l’intento di discutere l’incontro scientifico tra Europa e India nel secolo XVI e la prima metà del XVII, da una prospettiva del tutto inconsueta. In passato, l’incontro è stato esaminato quasi solo nel presupposto di un trasporto unidirezionale di nozioni, dall’ovest europeo all’est asiatico (quello in senso contrario sarebbe potuto avvenire solo in forma di ricostruzione erudita di un patrimonio storicamente interessante ed affascinante per la sua “alienità”, ma non rilevante per la ricerca scientifica in atto). L’incontro intendeva invece sondare la possibilità che da est a ovest viaggiassero anche nozioni e metodi che, se “tradotti” nelle forme espressive e probatorie della matematica europea, potevano rivestire un potenziale di novità anche radicale. Un tale passaggio, se avvenuto (come sostenuto da alcuni), configurerebbe in modo radicalmente diverso certi passaggi essenziali dello sviluppo scientifico durante il Seicento, sminuendo il ruolo esclusivo sempre attribuito all’Europa. Scopo specifico del contributo, entro l’orizzonte generale, è stato quello di sondare la possibilità materiale della trasmissione, cioè la possibilità che viaggiatori colti europei, i più “indiziabili” dei quali sono certamente i matematici-missionari e in particolare i gesuiti, avessero accesso ai testi della matematica braminica, potessero tradurli e fossero in grado di penetrarne il senso al di sotto delle forme espressive spesso simboliche e metaforiche, del tutto estranee alle forme europee del discorso matematico. Tutta la documentazione pertinente nota sembra univoca nell’escludere che il processo avvenisse, e che fosse possibile.

The Jesuit Mathematicians in India (1578-1650) as possible Intermediaries between European and Indian Mathematical traditions

BALDINI, UGO
2009

Abstract

L’incontro internazionale nel Kerala che ha dato origine a questo saggio aveva l’intento di discutere l’incontro scientifico tra Europa e India nel secolo XVI e la prima metà del XVII, da una prospettiva del tutto inconsueta. In passato, l’incontro è stato esaminato quasi solo nel presupposto di un trasporto unidirezionale di nozioni, dall’ovest europeo all’est asiatico (quello in senso contrario sarebbe potuto avvenire solo in forma di ricostruzione erudita di un patrimonio storicamente interessante ed affascinante per la sua “alienità”, ma non rilevante per la ricerca scientifica in atto). L’incontro intendeva invece sondare la possibilità che da est a ovest viaggiassero anche nozioni e metodi che, se “tradotti” nelle forme espressive e probatorie della matematica europea, potevano rivestire un potenziale di novità anche radicale. Un tale passaggio, se avvenuto (come sostenuto da alcuni), configurerebbe in modo radicalmente diverso certi passaggi essenziali dello sviluppo scientifico durante il Seicento, sminuendo il ruolo esclusivo sempre attribuito all’Europa. Scopo specifico del contributo, entro l’orizzonte generale, è stato quello di sondare la possibilità materiale della trasmissione, cioè la possibilità che viaggiatori colti europei, i più “indiziabili” dei quali sono certamente i matematici-missionari e in particolare i gesuiti, avessero accesso ai testi della matematica braminica, potessero tradurli e fossero in grado di penetrarne il senso al di sotto delle forme espressive spesso simboliche e metaforiche, del tutto estranee alle forme europee del discorso matematico. Tutta la documentazione pertinente nota sembra univoca nell’escludere che il processo avvenisse, e che fosse possibile.
2009
Kerala Mathematics. History and Its Possible Transmission to Europe
9788176466622
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