Per quanto poco trattata nella pur sterminata letteratura hobbesiana, la questione del rapporto fra ragione e passione appare nel pensiero di Hobbes caratterizzata da un problematico dualismo, sempre latente e mai definitivamente risolto. La ragione hobbesiana, pur mostrando le condizioni per l’instaurazione dell’ordine politico, non si sostituisce alla passionalità e non vanta neppure un’origine autonoma: il contrasto fra la dimensione passionale e la dimensione razionale resta comunque insuperato entro un processo che non conosce alcuna sintesi conclusiva. Per Hobbes la teoria politica, più che l’edificazione di nuovi ordinamenti, deve avere come scopo la dissoluzione della differenza individuale, o meglio l’azzeramento della rilevanza politica di questa differenza e del conflitto che ne deriva: per lui il vero problema non è tanto come far nascere lo Stato, ma piuttosto come non farlo morire, o almeno come farlo vivere più a lungo. Nell’ambiguità connaturata a questo modello si devono ricercare le ragioni di una destinata alternanza fra legittimazione e sovversione. Hobbes stesso si mostra del resto consapevole che gli individui identici e fungibili e la loro ragione calcolante non riescono a scongiurare sino in fondo la crisi; anzi possono talora diventarne la causa. Il riferimento alla volontà individuale per fondare la legittimità del potere statale, che è una conseguenza necessaria del presupposto individualistico, già di per sé pone l’esigenza di ricercare un rimedio impossibile.
"...partly in the passions partly in his reason..."
FIASCHI, GIOVANNI
2009
Abstract
Per quanto poco trattata nella pur sterminata letteratura hobbesiana, la questione del rapporto fra ragione e passione appare nel pensiero di Hobbes caratterizzata da un problematico dualismo, sempre latente e mai definitivamente risolto. La ragione hobbesiana, pur mostrando le condizioni per l’instaurazione dell’ordine politico, non si sostituisce alla passionalità e non vanta neppure un’origine autonoma: il contrasto fra la dimensione passionale e la dimensione razionale resta comunque insuperato entro un processo che non conosce alcuna sintesi conclusiva. Per Hobbes la teoria politica, più che l’edificazione di nuovi ordinamenti, deve avere come scopo la dissoluzione della differenza individuale, o meglio l’azzeramento della rilevanza politica di questa differenza e del conflitto che ne deriva: per lui il vero problema non è tanto come far nascere lo Stato, ma piuttosto come non farlo morire, o almeno come farlo vivere più a lungo. Nell’ambiguità connaturata a questo modello si devono ricercare le ragioni di una destinata alternanza fra legittimazione e sovversione. Hobbes stesso si mostra del resto consapevole che gli individui identici e fungibili e la loro ragione calcolante non riescono a scongiurare sino in fondo la crisi; anzi possono talora diventarne la causa. Il riferimento alla volontà individuale per fondare la legittimità del potere statale, che è una conseguenza necessaria del presupposto individualistico, già di per sé pone l’esigenza di ricercare un rimedio impossibile.Pubblicazioni consigliate
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