L'interrogativo di ricerca a cui gli autori hanno cercato di dare risposta riguarda la capacità della cultura politica, ovvero dei paradigmi interpretativi costruiti su di essa, di continuare a spiegare le scelte di voto. Per quanto riguarda la Toscana, la risposta è positiva. L'analisi del comportamento elettorale ha mostrato che nell'area rossa non ci sono stati rivolgimenti elettorali; superato lo sconcerto che seguì alla svolta e allo scioglimento del Pci, la scelta nettamente prevalente dell'elettorato è andata nel senso della continuità, non si sono avuti spostamenti di campo e i partiti nati sulle ceneri del Pci, Pds/Ds, Prc (e poi anche Pdci) ne hanno raccolto quasi per intero, nel complesso, il patrimonio di voti. L'eredità organizzativa della subcultura rossa si è frammentata e fortemente indebolita, alcuni cardini dell'ideologia sono irrimediabilmente declinati, ma la Toscana si è mostrata sostanzialmente fedele al suo passato, negli orientamenti di voto prevalenti e nelle modalità di organizzazione della vita politica. Se è vero che nel 1990-92 l'elettorato ex comunista appariva in preda al disorientamento e pronto a disperdersi, il recupero fu molto rapido. La ricomposizione della base elettorale fu possibile grazie alla bipolarizzazione prodotta dai nuovi sistemi elettorali e dalla ristrutturazione del sistema partitico dopo il 1993, che aveva fatto emergere come unici antagonisti della sinistra un partito post-fascista e un partito-impresa: la maggioranza dell'elettorato ha mostrato di non ritenerli un'apprezzabile alternativa elettorale. Dalla seconda metà degli anni Novanta il cambiamento nella continuità è proseguito con l'indolore travaso di voti dai partiti di sinistra alle alleanze di centro-sinistra che ruotavano attorno al Pds-Ds. L'elettorato «di sinistra» toscano ha mostrato una ampia disponibilità a trasformarsi in elettorato «di centro-sinistra», accettando facilmente le nuove regole della competizione maggioritaria. Certamente, è venuto meno il sentimento di appartenenza partitica, come si può rilevare dalla ricerca, condotta in una delle zone di più solida appartenenza subculturale quale era appunto il Comprensorio del Cuoio. Se l'orientamento elettorale non è cambiato, si riscontra una laicizzazione delle motivazioni del voto, che cessa di essere il momento espressivo forte dell'identità, e si aprono spazi per l'astensionismo intermittente e per una sempre più ampia fluidità infracoalizionale. L'interrogativo che resta aperto ruota intorno alla capacità di rappresentanza che il costituendo Partito Democratico potrà avere nella regione. Il partito è chiamato a fondere due distinte eredità organizzative e identità politico culturali; ma è chiamato soprattutto a costruire un'offerta politica adeguata a ricostruire consenso e fiducia in una società regionale che resta molto politicizzata ma che è anch'essa pervasa da sfiducia e diffidenza verso la politica. Diversi sono i risultati della ricerca sul Veneto, dove la rottura, sul piano elettorale, nei confronti del partito egemone è stata netta. Tra 1992 e 1994 la scomparsa della Dc ha prodotto un'ampia articolazione dell'offerta e le scelte di voto dell'elettorato - nell'arco del quindicennio circa successivo alla sua scomparsa - non sono andate, a differenza della Toscana, nel senso della continuità, non hanno premiato in maniera preminente i partiti postdemocristiani come quelli post(o neo)comunisti, bensì si sono orientate verso una chiara e stabile adesione all'offerta del centro-destra nelle sue componenti maggiori e più nuove, Lega e Forza Italia. La Lega emerge dall'analisi ecologica come il partito che ha saputo allacciare e mantenere il legame più stretto con il territorio e che ha ottenuto con più continuità nel maggior numero di comuni medie di voto superiori a quella regionale. L'analisi del voto condotta nel Veneto individua una forte e specifica «continuità» territoriale alla base del «mutamento»: si osserva, cioè, che laddove era più solida l'egemonia elettorale democristiana ha trovato più largo ascolto il tema della «questione settentrionale» e più successo ha avuto l'offerta della Lega Nord; che ha recuperato e riprodotto in chiave localistica gli elementi di identità territoriale. In Veneto la cultura politica territoriale ha mostrato una capacità di tenere e di riprodursi indipendentemente dalle sorti del partito egemone, e si è colorata repentinamente e intensamente del verde leghista laddove si era per decenni colorata del bianco democristiano. La conclusione è che la specificità della cultura politica radicata intorno alla frattura centro-periferia permane e trova rappresentanza politico-elettorale specialmente, anche se non esclusivamente, nella Lega Nord.

Le culture politiche al voto (1992-2008)

RICCAMBONI, GIANNI;
2009

Abstract

L'interrogativo di ricerca a cui gli autori hanno cercato di dare risposta riguarda la capacità della cultura politica, ovvero dei paradigmi interpretativi costruiti su di essa, di continuare a spiegare le scelte di voto. Per quanto riguarda la Toscana, la risposta è positiva. L'analisi del comportamento elettorale ha mostrato che nell'area rossa non ci sono stati rivolgimenti elettorali; superato lo sconcerto che seguì alla svolta e allo scioglimento del Pci, la scelta nettamente prevalente dell'elettorato è andata nel senso della continuità, non si sono avuti spostamenti di campo e i partiti nati sulle ceneri del Pci, Pds/Ds, Prc (e poi anche Pdci) ne hanno raccolto quasi per intero, nel complesso, il patrimonio di voti. L'eredità organizzativa della subcultura rossa si è frammentata e fortemente indebolita, alcuni cardini dell'ideologia sono irrimediabilmente declinati, ma la Toscana si è mostrata sostanzialmente fedele al suo passato, negli orientamenti di voto prevalenti e nelle modalità di organizzazione della vita politica. Se è vero che nel 1990-92 l'elettorato ex comunista appariva in preda al disorientamento e pronto a disperdersi, il recupero fu molto rapido. La ricomposizione della base elettorale fu possibile grazie alla bipolarizzazione prodotta dai nuovi sistemi elettorali e dalla ristrutturazione del sistema partitico dopo il 1993, che aveva fatto emergere come unici antagonisti della sinistra un partito post-fascista e un partito-impresa: la maggioranza dell'elettorato ha mostrato di non ritenerli un'apprezzabile alternativa elettorale. Dalla seconda metà degli anni Novanta il cambiamento nella continuità è proseguito con l'indolore travaso di voti dai partiti di sinistra alle alleanze di centro-sinistra che ruotavano attorno al Pds-Ds. L'elettorato «di sinistra» toscano ha mostrato una ampia disponibilità a trasformarsi in elettorato «di centro-sinistra», accettando facilmente le nuove regole della competizione maggioritaria. Certamente, è venuto meno il sentimento di appartenenza partitica, come si può rilevare dalla ricerca, condotta in una delle zone di più solida appartenenza subculturale quale era appunto il Comprensorio del Cuoio. Se l'orientamento elettorale non è cambiato, si riscontra una laicizzazione delle motivazioni del voto, che cessa di essere il momento espressivo forte dell'identità, e si aprono spazi per l'astensionismo intermittente e per una sempre più ampia fluidità infracoalizionale. L'interrogativo che resta aperto ruota intorno alla capacità di rappresentanza che il costituendo Partito Democratico potrà avere nella regione. Il partito è chiamato a fondere due distinte eredità organizzative e identità politico culturali; ma è chiamato soprattutto a costruire un'offerta politica adeguata a ricostruire consenso e fiducia in una società regionale che resta molto politicizzata ma che è anch'essa pervasa da sfiducia e diffidenza verso la politica. Diversi sono i risultati della ricerca sul Veneto, dove la rottura, sul piano elettorale, nei confronti del partito egemone è stata netta. Tra 1992 e 1994 la scomparsa della Dc ha prodotto un'ampia articolazione dell'offerta e le scelte di voto dell'elettorato - nell'arco del quindicennio circa successivo alla sua scomparsa - non sono andate, a differenza della Toscana, nel senso della continuità, non hanno premiato in maniera preminente i partiti postdemocristiani come quelli post(o neo)comunisti, bensì si sono orientate verso una chiara e stabile adesione all'offerta del centro-destra nelle sue componenti maggiori e più nuove, Lega e Forza Italia. La Lega emerge dall'analisi ecologica come il partito che ha saputo allacciare e mantenere il legame più stretto con il territorio e che ha ottenuto con più continuità nel maggior numero di comuni medie di voto superiori a quella regionale. L'analisi del voto condotta nel Veneto individua una forte e specifica «continuità» territoriale alla base del «mutamento»: si osserva, cioè, che laddove era più solida l'egemonia elettorale democristiana ha trovato più largo ascolto il tema della «questione settentrionale» e più successo ha avuto l'offerta della Lega Nord; che ha recuperato e riprodotto in chiave localistica gli elementi di identità territoriale. In Veneto la cultura politica territoriale ha mostrato una capacità di tenere e di riprodursi indipendentemente dalle sorti del partito egemone, e si è colorata repentinamente e intensamente del verde leghista laddove si era per decenni colorata del bianco democristiano. La conclusione è che la specificità della cultura politica radicata intorno alla frattura centro-periferia permane e trova rappresentanza politico-elettorale specialmente, anche se non esclusivamente, nella Lega Nord.
2009
L'eredità. Le subculture politiche della Toscana e del Veneto
9788876756405
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