Con l’espressione delitti di vilipendio politico si fa riferimento ai reati previsti e puniti dall'art. 290 (Vilipendio della Repubblica, delle istituzioni costituzionali e delle forze armate), dall'art. 291 (Vilipendio alla Nazione italiana) e dall' art. 292 (Vilipendio alla bandiera o ad altro emblema dello Stato), ispirati dall’esigenza di tutelare le istituzioni, il sentimento di italianità e i simboli rappresentativi dello Stato, onde non siano intaccati nella loro considerazione generale e non ne derivi pregiudizio al principio di autorità. Le odierne fattispecie, che hanno il proprio antecedente storico nel codice Zanardelli, sono state rivisitate dalla legge n.85/2006 di modifica al codice penale in materia di reati d’opinione che, nella sostanza, non ha variato il contenuto precettivo – ad eccezione del vilipendio alla bandiera – limitandosi ad incidere sul trattamento sanzionatorio con sostituzione della pena pecuniaria a quella detentiva (multa in luogo della reclusione che permane solo nell’ipotesi di danneggiamento alla bandiera). La legge di riforma ha altresì abrogato le circostanze aggravanti previste per il fatto commesso dal militare in congedo (art. 292 bis) e dal cittadino in territorio estero (art. 293). La categoria dei delitti in oggetto è stata ed è al centro di un vivace fermento dottrinale, in particolare alla luce dei principi affermatisi dopo l'entrata in vigore della Costituzione, con l’auspicio - de iure condendo – di giungere alla loro abolizione, prospettandosene da più parti l’incompatibilità con i valori e le libertà costituzionalmente garantite. Principalmente due sono le censure mosse ai delitti in questione: l’indeterminatezza del concetto di vilipendio e quindi il deficit di tassatività dei precetti modellati attorno a tale concetto, i quali confliggono così con l'art. 25 Cost.; l’inconciliabilità con la tutela accordata dalla Carta fondamentale alla libertà di manifestazione del pensiero.
I reati di vilipendio.
ZAMBUSI, ANGELO
2009
Abstract
Con l’espressione delitti di vilipendio politico si fa riferimento ai reati previsti e puniti dall'art. 290 (Vilipendio della Repubblica, delle istituzioni costituzionali e delle forze armate), dall'art. 291 (Vilipendio alla Nazione italiana) e dall' art. 292 (Vilipendio alla bandiera o ad altro emblema dello Stato), ispirati dall’esigenza di tutelare le istituzioni, il sentimento di italianità e i simboli rappresentativi dello Stato, onde non siano intaccati nella loro considerazione generale e non ne derivi pregiudizio al principio di autorità. Le odierne fattispecie, che hanno il proprio antecedente storico nel codice Zanardelli, sono state rivisitate dalla legge n.85/2006 di modifica al codice penale in materia di reati d’opinione che, nella sostanza, non ha variato il contenuto precettivo – ad eccezione del vilipendio alla bandiera – limitandosi ad incidere sul trattamento sanzionatorio con sostituzione della pena pecuniaria a quella detentiva (multa in luogo della reclusione che permane solo nell’ipotesi di danneggiamento alla bandiera). La legge di riforma ha altresì abrogato le circostanze aggravanti previste per il fatto commesso dal militare in congedo (art. 292 bis) e dal cittadino in territorio estero (art. 293). La categoria dei delitti in oggetto è stata ed è al centro di un vivace fermento dottrinale, in particolare alla luce dei principi affermatisi dopo l'entrata in vigore della Costituzione, con l’auspicio - de iure condendo – di giungere alla loro abolizione, prospettandosene da più parti l’incompatibilità con i valori e le libertà costituzionalmente garantite. Principalmente due sono le censure mosse ai delitti in questione: l’indeterminatezza del concetto di vilipendio e quindi il deficit di tassatività dei precetti modellati attorno a tale concetto, i quali confliggono così con l'art. 25 Cost.; l’inconciliabilità con la tutela accordata dalla Carta fondamentale alla libertà di manifestazione del pensiero.Pubblicazioni consigliate
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