L’abolizione dell’imposta sulle successioni e donazioni avvenuta nel 2001 (art. 13, l. n. 383/2001) aveva portato, prima della sua reintroduzione nel 2006 (l. n. 286/2006), ad un fiorire dell’utilizzo dello strumento donativo per realizzare il trasferimento della titolarità di beni immobili, in particolare nella sfera endofamiliare. Il moltiplicarsi delle donazioni, però, ha fatto emergere ben presto i limiti di questa forma negoziale che, essendo esposta alle « rivendicazioni » dei legittimari del donante, finisce per rendere di fatto il bene che ne è oggetto difficilmente commerciabile e praticamente insuscettibile di poter fungere da garanzia, in particolare per prestiti bancari. Proprio le difficoltà connesse alle implicazioni successorie nella circolazione dei beni di provenienza liberale, non risolte in modo soddisfacente nemmeno dalle modifiche apportate da ultimo agli artt. 561 e 563 c.c., hanno indotto la prassi più recente a ricercare mezzi giuridici idonei ad eliminare ex post l’atto donativo, per recuperare appunto la piena circolabilità dei beni. La scelta è caduta per lo più sul negozio di mutuo dissenso, contemplato nell’art. 1372 c.c. e letto come riferibile anche a negozi traslativi, o comunque eseguiti, ma in concreto mancante di una disciplina dedicata. Il saggio si occupa dunque, per superarle, delle difficoltà teoriche che si profilano in ordine all’ammissibilità di tale operazione, con particolare riguardo al problema di reperire una forma idonea per rendere opponibile ai terzi un negozio risolutorio siffatto.

Risoluzione, mutuo dissenso e tutela dei terzi

GIROLAMI, MATILDE
2009

Abstract

L’abolizione dell’imposta sulle successioni e donazioni avvenuta nel 2001 (art. 13, l. n. 383/2001) aveva portato, prima della sua reintroduzione nel 2006 (l. n. 286/2006), ad un fiorire dell’utilizzo dello strumento donativo per realizzare il trasferimento della titolarità di beni immobili, in particolare nella sfera endofamiliare. Il moltiplicarsi delle donazioni, però, ha fatto emergere ben presto i limiti di questa forma negoziale che, essendo esposta alle « rivendicazioni » dei legittimari del donante, finisce per rendere di fatto il bene che ne è oggetto difficilmente commerciabile e praticamente insuscettibile di poter fungere da garanzia, in particolare per prestiti bancari. Proprio le difficoltà connesse alle implicazioni successorie nella circolazione dei beni di provenienza liberale, non risolte in modo soddisfacente nemmeno dalle modifiche apportate da ultimo agli artt. 561 e 563 c.c., hanno indotto la prassi più recente a ricercare mezzi giuridici idonei ad eliminare ex post l’atto donativo, per recuperare appunto la piena circolabilità dei beni. La scelta è caduta per lo più sul negozio di mutuo dissenso, contemplato nell’art. 1372 c.c. e letto come riferibile anche a negozi traslativi, o comunque eseguiti, ma in concreto mancante di una disciplina dedicata. Il saggio si occupa dunque, per superarle, delle difficoltà teoriche che si profilano in ordine all’ammissibilità di tale operazione, con particolare riguardo al problema di reperire una forma idonea per rendere opponibile ai terzi un negozio risolutorio siffatto.
2009
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