Non è facile ricostruire le forme in cui si configura la damnatio memoriae nell’ambito delle cosiddette scritture esposte medievali, in particolare nelle iscrizioni lapidarie, poiché in realtà sono scarse le tracce di questa pratica e della conseguente deletio nominis oltre che memoriae, cioè l’eliminazione dalla pubblica vista del nome e dell’effige scultorea di una persona sottoposta a condanna. Si ritrovano in qualche caso atteggiamenti analoghi a quelli di età classica, anche se in una serie di attestazioni troppo rarefatte e frammentarie per essere considerate testimonianze significative di una prassi comportamentale radicata, consapevole, condivisa e soprattutto diacronicamente attestata con regolarità. Si tratta di una circostanza che testimonia come la scelta di comunicare il biasimo e di condannare all’oblio si sia indirizzata verso altri linguaggi comunicativi. Una scelta che si rivela certo originale e peculiare, e forse per certi versi sorprendente, considerando in particolare la forte espansione dell’epigrafia pubblica urbana nel tardo medioevo. Sono soprattutto gli stemmi familiari che diventano uno scontato e pertanto facile bersaglio. Come si affermano il proprio ruolo e il proprio prestigio apponendo sui luoghi del potere il proprio stemma, così questo viene rimosso o scalpellato quando quel ruolo e quel prestigio vengono a mancare, come mostrano i tanti stemmi dei podestà e dei capitani del popolo ancora visibili sulle facciate dei palazzi comunali italiani che assai spesso, quando non sono stati eliminati, sono stati comunque danneggiati sino a renderli irriconoscibili. Accentuando, anzi esagerando una delle modalità della damnatio memoriae del mondo classico, quella cioè della scalpellatura delle statue e dei busti o dei ritratti dai bassorilievi e dalle monete, nel medioevo si giunge anche, in alcuni casi, alla distruzione del monumento funebre, il quale dovrebbe appunto custodire e garantire la memoria di un individuo. Si deve però ribadire che la damnatio memoriae non è nel medioevo un atteggiamento culturale e politico condiviso e diffuso, che recepisce e conserva l’eredità del mondo classico, ma essa sembra realizzarsi eventualmente secondo altre modalità.

Cancellare il ricordo: la damnatio memoriae nelle iscrizioni medievali tra formule e scalpellature

GIOVE', NICOLETTA
2010

Abstract

Non è facile ricostruire le forme in cui si configura la damnatio memoriae nell’ambito delle cosiddette scritture esposte medievali, in particolare nelle iscrizioni lapidarie, poiché in realtà sono scarse le tracce di questa pratica e della conseguente deletio nominis oltre che memoriae, cioè l’eliminazione dalla pubblica vista del nome e dell’effige scultorea di una persona sottoposta a condanna. Si ritrovano in qualche caso atteggiamenti analoghi a quelli di età classica, anche se in una serie di attestazioni troppo rarefatte e frammentarie per essere considerate testimonianze significative di una prassi comportamentale radicata, consapevole, condivisa e soprattutto diacronicamente attestata con regolarità. Si tratta di una circostanza che testimonia come la scelta di comunicare il biasimo e di condannare all’oblio si sia indirizzata verso altri linguaggi comunicativi. Una scelta che si rivela certo originale e peculiare, e forse per certi versi sorprendente, considerando in particolare la forte espansione dell’epigrafia pubblica urbana nel tardo medioevo. Sono soprattutto gli stemmi familiari che diventano uno scontato e pertanto facile bersaglio. Come si affermano il proprio ruolo e il proprio prestigio apponendo sui luoghi del potere il proprio stemma, così questo viene rimosso o scalpellato quando quel ruolo e quel prestigio vengono a mancare, come mostrano i tanti stemmi dei podestà e dei capitani del popolo ancora visibili sulle facciate dei palazzi comunali italiani che assai spesso, quando non sono stati eliminati, sono stati comunque danneggiati sino a renderli irriconoscibili. Accentuando, anzi esagerando una delle modalità della damnatio memoriae del mondo classico, quella cioè della scalpellatura delle statue e dei busti o dei ritratti dai bassorilievi e dalle monete, nel medioevo si giunge anche, in alcuni casi, alla distruzione del monumento funebre, il quale dovrebbe appunto custodire e garantire la memoria di un individuo. Si deve però ribadire che la damnatio memoriae non è nel medioevo un atteggiamento culturale e politico condiviso e diffuso, che recepisce e conserva l’eredità del mondo classico, ma essa sembra realizzarsi eventualmente secondo altre modalità.
2010
Condannare all'oblio. Pratiche della damnatio memoriae nel Medioevo
9788889190739
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