Partendo dalle analisi sviluppate in sede europea dall’Innovation Scoreboard (Pro Inno Europe, 2007; 2009) il capitolo ripercorre anzitutto gli snodi fondamentali delle diagnosi sul potenziale innovativo italiano. Secondo tali analisi, il “problema italiano” non risiede semplicemente in una insufficiente produzione di output innovativi (codificati in brevetti richiesti dagli agenti o dalla realizzazione di prodotti innovativi), né in una qualche forma di inefficienza nello sfruttamento della dotazione di fattori di input del processo innovativo (dotazione di capitale umano qualificato, spesa pubblica e privata in R&S, etc.), ma in una relativamente bassa dotazione di questi ultimi. Le implicazioni di policy che ne derivano sono piuttosto semplici. Da questa diagnosi emerge infatti la necessità di agire sui singoli input del processo innovativo - sia in maniera diretta (p.e. incremento della spesa pubblica in ricerca) sia indiretta (p.e. incentivi alle imprese per la realizzazione di attività di ricerca applicata) - allo scopo di accrescerne la dotazione. Tuttavia, questa impostazione – largamente accettata nel dibattito corrente sulle politiche per l’innovazione – non sembra tener sufficiente conto dei fenomeni messi in evidenza dalla nostra indagine: soprattutto non sembra tenere adeguatamente conto della dimensione relazionale e sistemica e del radicamento territoriale dei processi di innovazione radicale. L’importanza di questi aspetti – peraltro segnalata da molti contributi recenti della letteratura sull’innovazione, nonché da altre indagini della stessa Unione Europea - solleva dubbi rilevanti sulla possibilità di identificare dei nessi causali diretti tra incremento dei singoli input del processo innovativo (per esempio, la spesa pubblica in R&S) e incremento degli output dello stesso (tra i quali è tradizionalmente stata considerata la produzione brevettuale). Ciò mette in discussione le impostazioni tradizionali delle politiche per l’innovazione basate sul semplice sostegno alla R&S attraverso la spesa pubblica e sulla politica di incentivazione finanziaria alle imprese singole. I processi innovativi si svolgono, infatti, all’interno di contesti sistemici caratterizzati da reti di relazioni complesse (dirette, indirette, effetti di feedback) che si sviluppano tra i componenti del sistema (singoli individui, imprese e istituzioni che strutturano il sistema) in condizioni di incertezza e lungo orizzonti temporali diversi. In quest’ottica, il compito della politica non è semplicemente quello di aumentare un supposto stock di input del processo innovativo, ma anche di favorire lo sviluppo di contesti relazionali entro i quali i vari componenti del sistema innovativo possano generare e sviluppare adeguate sinergie e in ultimo processi innovativi. In questo capitolo ci proponiamo di sviluppare questo aspetto relativo alle implicazioni per le politiche dei risultati della nostra indagine. Dopo aver richiamato la “diagnosi” prevalente a livello comunitario sul potenziale innovativo italiano e le ricette per migliorarlo ci concentriamo sull’osservazione delle politiche per l’innovazione realizzate dalle Regioni italiane. L’obiettivo che ci proponiamo è di osservare se e in che misura tali politiche si discostino da una prevalente visione input-output del processo innovativo per accogliere un approccio relazionale, di sistema. Basandoci su alcune recenti ricerche in materia osserviamo quindi l’intervento a sostegno delle attività di ricerca e innovazione non solo in termini di risorse erogate dalle varie Regioni italiane , ma anche in termini di architetture di intervento pubblico da esse promosse, più o meno rivolte ad un intervento di sistema. Il capitolo si chiude con alcune considerazioni relative alle attività di misurazione delle performance innovative in un’ottica di sistema.

Contesti regionali delle politiche per l'innovazione

CALOFFI, ANNALISA
2010

Abstract

Partendo dalle analisi sviluppate in sede europea dall’Innovation Scoreboard (Pro Inno Europe, 2007; 2009) il capitolo ripercorre anzitutto gli snodi fondamentali delle diagnosi sul potenziale innovativo italiano. Secondo tali analisi, il “problema italiano” non risiede semplicemente in una insufficiente produzione di output innovativi (codificati in brevetti richiesti dagli agenti o dalla realizzazione di prodotti innovativi), né in una qualche forma di inefficienza nello sfruttamento della dotazione di fattori di input del processo innovativo (dotazione di capitale umano qualificato, spesa pubblica e privata in R&S, etc.), ma in una relativamente bassa dotazione di questi ultimi. Le implicazioni di policy che ne derivano sono piuttosto semplici. Da questa diagnosi emerge infatti la necessità di agire sui singoli input del processo innovativo - sia in maniera diretta (p.e. incremento della spesa pubblica in ricerca) sia indiretta (p.e. incentivi alle imprese per la realizzazione di attività di ricerca applicata) - allo scopo di accrescerne la dotazione. Tuttavia, questa impostazione – largamente accettata nel dibattito corrente sulle politiche per l’innovazione – non sembra tener sufficiente conto dei fenomeni messi in evidenza dalla nostra indagine: soprattutto non sembra tenere adeguatamente conto della dimensione relazionale e sistemica e del radicamento territoriale dei processi di innovazione radicale. L’importanza di questi aspetti – peraltro segnalata da molti contributi recenti della letteratura sull’innovazione, nonché da altre indagini della stessa Unione Europea - solleva dubbi rilevanti sulla possibilità di identificare dei nessi causali diretti tra incremento dei singoli input del processo innovativo (per esempio, la spesa pubblica in R&S) e incremento degli output dello stesso (tra i quali è tradizionalmente stata considerata la produzione brevettuale). Ciò mette in discussione le impostazioni tradizionali delle politiche per l’innovazione basate sul semplice sostegno alla R&S attraverso la spesa pubblica e sulla politica di incentivazione finanziaria alle imprese singole. I processi innovativi si svolgono, infatti, all’interno di contesti sistemici caratterizzati da reti di relazioni complesse (dirette, indirette, effetti di feedback) che si sviluppano tra i componenti del sistema (singoli individui, imprese e istituzioni che strutturano il sistema) in condizioni di incertezza e lungo orizzonti temporali diversi. In quest’ottica, il compito della politica non è semplicemente quello di aumentare un supposto stock di input del processo innovativo, ma anche di favorire lo sviluppo di contesti relazionali entro i quali i vari componenti del sistema innovativo possano generare e sviluppare adeguate sinergie e in ultimo processi innovativi. In questo capitolo ci proponiamo di sviluppare questo aspetto relativo alle implicazioni per le politiche dei risultati della nostra indagine. Dopo aver richiamato la “diagnosi” prevalente a livello comunitario sul potenziale innovativo italiano e le ricette per migliorarlo ci concentriamo sull’osservazione delle politiche per l’innovazione realizzate dalle Regioni italiane. L’obiettivo che ci proponiamo è di osservare se e in che misura tali politiche si discostino da una prevalente visione input-output del processo innovativo per accogliere un approccio relazionale, di sistema. Basandoci su alcune recenti ricerche in materia osserviamo quindi l’intervento a sostegno delle attività di ricerca e innovazione non solo in termini di risorse erogate dalle varie Regioni italiane , ma anche in termini di architetture di intervento pubblico da esse promosse, più o meno rivolte ad un intervento di sistema. Il capitolo si chiude con alcune considerazioni relative alle attività di misurazione delle performance innovative in un’ottica di sistema.
2010
Imprese e territori dell'Alta Tecnologia in Italia
9788815139047
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11577/2421321
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