L'autore si concentra sul modo in cui la Corte di Giustizia delle Comunità europee si è occupata di due principi generali del diritto e del processo penale: il principio di legalità dei reati e delle pene (nullum crimen, nulla poena sine lege), e quello dell’applicazione della legge più favorevole al reo, in caso di successione di leggi penali nel tempo (lex mitior), prendendo in particolare in considerazione due importanti sentenze rese dalla Corte negli ultimi anni: la sentenza nel caso Berlusconi e altri del 2005, e quella nel caso Advocaten voor de Wereld, del 2007. Ora, ad avviso dell'autore, gli approcci seguiti dalla Corte in quei due casi sono almeno in parte in contraddizione tra loro. Nella causa Berlusconi, di fronte alla violazione dell'imperativo di sanzionare la violazione della normativa armonizzata da una direttiva con strumenti efficaci e dissuasivi, per l'intervenuta abrogazione da parte del legislatore interno di una normativa che dava attuazione a quell'imperativo, la Corte esclude la possibilità di invocare il principio del primato per giustificare la perdurante applicazione della normativa sanzionatoria preesistente: a ciò si opporrebbero infatti, ad avviso della Corte, i limiti inerenti al meccanismo dell’armonizzazione tramite direttiva, che non può da sé solo portare all’affermazione o all’aggravamento della responsabilità penale individuale. Nella causa Advocaten voor de Wereld, la Corte riconosce certo che il principio della legalità dei reati e delle pene fa parte dei principi generali del diritto alla base delle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri, ed è sancito da vari strumenti internazionali. Tuttavia, la previsione all'art. 2, n. 2, della Decisione quadro sul MAE di reati che danno luogo a consegna anche in mancanza di doppia criminalizzazione, non viola il principio di legalità, perché la definizione di quei reati è comunque operata dalla legislazione dello Stato membro emittente. Ciò significa che, nell’ambito della cooperazione giudiziaria europea, il principio di legalità è soddisfatto, all’interno di un dato ordinamento nazionale, facendo riferimento ad un altro ordinamento giuridico nazionale: si tratta qui dunque di una chiara applicazione del principio di mutuo riconoscimento, nella materia penale. Se però il principio di legalità può essere soddisfatto facendo riferimento ad un ordinamento giuridico differente da quello dello Stato richiesto della consegna, in caso di mandato di arresto europeo, ciò può evidentemente comportare una relativizzazione del principio stesso della lex mitior. Un approccio del genere dovrebbe allora avere una ricaduta anche sulla portata del principio da ultimo richiamato, quando il fenomeno della successione delle leggi nel tempo interferisca con la presenza di obblighi punitivi derivanti dal diritto UE, come nel caso Berlusconi. In particolare, qualora la competenza in materia di definizione delle fattispecie di reato fosse esercitata tramite un atto regolamentare, ed una volta che a tale previsione venisse assicurata la necessaria integrazione tramite la previsione di precise conseguenze sanzionatorie nel diritto interno di un determinato Stato membro, una successiva eventuale modifica della sanzione in termini non rispondenti ai parametri di diritto UE, configgerebbe apertamente con i principi del primato e dell'effetto diretto, cosicché non sarebbe più possibile invocare il principio dell’applicazione al reo della legge più favorevole. Soprattutto, però, secondo l'autore l’approccio alla definizione dei principi generali del diritto penale seguito nella sentenza Advocaten voor de Wereld, valorizzando il principio del mutuo riconoscimento, porta ad una definizione maggiormente decentralizzata dei principi generali del diritto comunitario in materia penale. In coerenza con tale approccio, secondo l'autore, una maggiore attenzione alle particolarità dei diversi sistemi nazionali avrebbe dovuto spingere la Corte a lasciare al giudice nazionale la valutazione del contenuto del principio lex mitior, e dei limiti all'abrogazione della legge penale, secondo l’approccio del sistema costituzionale nazionale rilevante.

La dialettica tra ordinamenti nazionali e ordinamento comunitario in relazione ai principi fondamentali in materia penale

CORTESE, BERNARDO
2010

Abstract

L'autore si concentra sul modo in cui la Corte di Giustizia delle Comunità europee si è occupata di due principi generali del diritto e del processo penale: il principio di legalità dei reati e delle pene (nullum crimen, nulla poena sine lege), e quello dell’applicazione della legge più favorevole al reo, in caso di successione di leggi penali nel tempo (lex mitior), prendendo in particolare in considerazione due importanti sentenze rese dalla Corte negli ultimi anni: la sentenza nel caso Berlusconi e altri del 2005, e quella nel caso Advocaten voor de Wereld, del 2007. Ora, ad avviso dell'autore, gli approcci seguiti dalla Corte in quei due casi sono almeno in parte in contraddizione tra loro. Nella causa Berlusconi, di fronte alla violazione dell'imperativo di sanzionare la violazione della normativa armonizzata da una direttiva con strumenti efficaci e dissuasivi, per l'intervenuta abrogazione da parte del legislatore interno di una normativa che dava attuazione a quell'imperativo, la Corte esclude la possibilità di invocare il principio del primato per giustificare la perdurante applicazione della normativa sanzionatoria preesistente: a ciò si opporrebbero infatti, ad avviso della Corte, i limiti inerenti al meccanismo dell’armonizzazione tramite direttiva, che non può da sé solo portare all’affermazione o all’aggravamento della responsabilità penale individuale. Nella causa Advocaten voor de Wereld, la Corte riconosce certo che il principio della legalità dei reati e delle pene fa parte dei principi generali del diritto alla base delle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri, ed è sancito da vari strumenti internazionali. Tuttavia, la previsione all'art. 2, n. 2, della Decisione quadro sul MAE di reati che danno luogo a consegna anche in mancanza di doppia criminalizzazione, non viola il principio di legalità, perché la definizione di quei reati è comunque operata dalla legislazione dello Stato membro emittente. Ciò significa che, nell’ambito della cooperazione giudiziaria europea, il principio di legalità è soddisfatto, all’interno di un dato ordinamento nazionale, facendo riferimento ad un altro ordinamento giuridico nazionale: si tratta qui dunque di una chiara applicazione del principio di mutuo riconoscimento, nella materia penale. Se però il principio di legalità può essere soddisfatto facendo riferimento ad un ordinamento giuridico differente da quello dello Stato richiesto della consegna, in caso di mandato di arresto europeo, ciò può evidentemente comportare una relativizzazione del principio stesso della lex mitior. Un approccio del genere dovrebbe allora avere una ricaduta anche sulla portata del principio da ultimo richiamato, quando il fenomeno della successione delle leggi nel tempo interferisca con la presenza di obblighi punitivi derivanti dal diritto UE, come nel caso Berlusconi. In particolare, qualora la competenza in materia di definizione delle fattispecie di reato fosse esercitata tramite un atto regolamentare, ed una volta che a tale previsione venisse assicurata la necessaria integrazione tramite la previsione di precise conseguenze sanzionatorie nel diritto interno di un determinato Stato membro, una successiva eventuale modifica della sanzione in termini non rispondenti ai parametri di diritto UE, configgerebbe apertamente con i principi del primato e dell'effetto diretto, cosicché non sarebbe più possibile invocare il principio dell’applicazione al reo della legge più favorevole. Soprattutto, però, secondo l'autore l’approccio alla definizione dei principi generali del diritto penale seguito nella sentenza Advocaten voor de Wereld, valorizzando il principio del mutuo riconoscimento, porta ad una definizione maggiormente decentralizzata dei principi generali del diritto comunitario in materia penale. In coerenza con tale approccio, secondo l'autore, una maggiore attenzione alle particolarità dei diversi sistemi nazionali avrebbe dovuto spingere la Corte a lasciare al giudice nazionale la valutazione del contenuto del principio lex mitior, e dei limiti all'abrogazione della legge penale, secondo l’approccio del sistema costituzionale nazionale rilevante.
2010
Experienţe Italo-Romane in Cooperarea Juridică Internaţională in Materie Penală, Esperienze Italo-Romene nella cooperazione giuridica internazionale in materia penale
9789731252926
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11577/2421381
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