In questo lavoro proponiamo un approfondimento originale dell’inattività femminile, analizzando la disponibilità a lavorare delle donne inattive. Ciò è reso possibile dalla disponibilità dei dati dell’indagine ISFOL sull’inattività, il cui questionario contiene domande formulate appositamente per ricavare una stima della disponibilità a lavorare (in termini di ore) delle donne inattive e la corrispondente retribuzione alla quale le stesse sarebbero disposte a svolgere un lavoro. Tali informazioni ci hanno permesso di ricavare una stima del salario di riserva. L’analisi che proponiamo, dunque, si sviluppa attraverso un iniziale approfondimento delle caratteristiche del campione di donne inattive, per evidenziare eventuali differenze produttive rispetto al gruppo di donne occupate e mettere in evidenza la presenza di difficoltà nel consentire alle donne con un’elevata disponibilità a lavorare di inserirsi nel mercato del lavoro. La seconda parte dello studio è dedicata all’analisi della retribuzione minima dichiarata, alla quale le inattive sarebbero disposte a lavorare. Tale informazione, incrociata al dato sulle ore “potenzialmente” lavorabili, ci permette di calcolare il salario di riserva, e di confrontarlo con il salario orario teorico, calcolato applicando alle caratteristiche delle inattive i rendimenti stimati sul campione delle donne occupate. Tale confronto ci permette di evidenziare e studiare la componente del campione di inattive che presenta salari di riserva inferiori al salario teorico, e che secondo uno schema metodologico neoclassico, costituisce un bacino di potenziale attività. Il lavoro si conclude con l’analisi qualitativa delle differenze tra il gruppo delle donne potenzialmente attive e le donne che, diversamente, presentano salari di riserva maggiori del salario orario teorico.
Salario di riserva e attività potenziale
FAVARO, DONATA
2010
Abstract
In questo lavoro proponiamo un approfondimento originale dell’inattività femminile, analizzando la disponibilità a lavorare delle donne inattive. Ciò è reso possibile dalla disponibilità dei dati dell’indagine ISFOL sull’inattività, il cui questionario contiene domande formulate appositamente per ricavare una stima della disponibilità a lavorare (in termini di ore) delle donne inattive e la corrispondente retribuzione alla quale le stesse sarebbero disposte a svolgere un lavoro. Tali informazioni ci hanno permesso di ricavare una stima del salario di riserva. L’analisi che proponiamo, dunque, si sviluppa attraverso un iniziale approfondimento delle caratteristiche del campione di donne inattive, per evidenziare eventuali differenze produttive rispetto al gruppo di donne occupate e mettere in evidenza la presenza di difficoltà nel consentire alle donne con un’elevata disponibilità a lavorare di inserirsi nel mercato del lavoro. La seconda parte dello studio è dedicata all’analisi della retribuzione minima dichiarata, alla quale le inattive sarebbero disposte a lavorare. Tale informazione, incrociata al dato sulle ore “potenzialmente” lavorabili, ci permette di calcolare il salario di riserva, e di confrontarlo con il salario orario teorico, calcolato applicando alle caratteristiche delle inattive i rendimenti stimati sul campione delle donne occupate. Tale confronto ci permette di evidenziare e studiare la componente del campione di inattive che presenta salari di riserva inferiori al salario teorico, e che secondo uno schema metodologico neoclassico, costituisce un bacino di potenziale attività. Il lavoro si conclude con l’analisi qualitativa delle differenze tra il gruppo delle donne potenzialmente attive e le donne che, diversamente, presentano salari di riserva maggiori del salario orario teorico.Pubblicazioni consigliate
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