La giurisprudenza tende a ritenere utilizzabili ai fini di un processo italiano dichiarazioni assunte all’estero senza l’impiego del metodo dell’esame incrociato. Una statuizione del genere desta stupore, se si considera che l’art. 111 comma 4 Cost. impone il principio del contraddittorio nella formazione della prova dichiarativa. Non si può dire, però, che la vigente disciplina delle rogatorie sia netta nell’escludere l’utilizzabilità delle prove dichiarative raccolte all’estero senza l’osservanza degli artt. 498 s. c.p.p. L’art. 431 comma 1 lett. f c.p.p. prescrive che nel fascicolo per il dibattimento vanno inseriti i verbali delle testimonianze alle quali «i difensori sono stati posti in grado di assistere e di esercitare le facoltà loro consentite dalla legge italiana». L’«assistenza» e le «facoltà» conferite al difensore, però, non comportano anche l’applicazione di tutte le norme in cui si concretizza l’esame incrociato, il quale richiede la presenza dell’accusa, non nominata dall’articolo in questione, e che l’esame sia gestito prevalentemente dalle parti. L’obbligo di rispettare il contraddittorio non discende nemmeno dall’inutilizzabilità delle prove acquisite in violazione della Convenzione europea di assistenza giudiziaria stipulata a Strasburgo il 20 aprile 1959, delle altre Convenzioni in vigore per l’Italia e delle norme di diritto internazionale generale. Le dichiarazioni non formate dialetticamente nell’ambito delle rogatarie, inoltre, trovano ingresso nel nostro ordinamento attraverso il varco dell’«impossibilità di natura oggettiva» di formare la prova dichiarativa in contraddittorio ex art. 111 comma 5 Cost. Secondo la decisione in commento l’impossibilità in questione nascerebbe dalla mera circostanza che l’ordinamento straniero in cui deve essere assunta la testimonianza non preveda l’esame incrociato. Si deve replicare che è necessario formulare una lettura più rigorosa del concetto: l’impossibilità nasce solo quando l’autorità giudiziaria straniera non acconsenta alla richiesta dell’autorità italiana di esaminare il dichiarante nelle forme previste dalla legislazione italiana. Si deve aggiungere, più in generale, che l’indifferenza dell’ordinamento italiano rispetto al metodo di assunzione delle prove dichiarative all’estero, per quanto la normativa considerata, come si è detto, non si possa ritenere in contrasto con la Costituzione, non è tollerabile, e lo sarà sempre di meno con la probabile futura espansione della criminalità sovranazionale. La soluzione del problema dipende soprattutto dalla volontà degli altri Stati di arrivare ad una normativa condivisa finalizzata alla repressione dei reati che colpiscono gli interessi di più ordinamenti. Si dovrebbe instaurare un sistema tale da consentire a ciascuno Stato di applicare le proprie regole anche al fine dell’assunzione delle testimonianze all’estero. In tale direzione sarebbe auspicabile l’introduzione di un meccanismo di videoconferenza giudiziaria del tipo di quella prevista dalla Convenzione relativa all’assistenza giudiziaria in materia penale tra gli Stati membri dell’Unione europea del 29 maggio 2000.

Il contraddittorio "impossibile" nell'assunzione delle testimonianze penali all'estero

DANIELE, MARCELLO
2010

Abstract

La giurisprudenza tende a ritenere utilizzabili ai fini di un processo italiano dichiarazioni assunte all’estero senza l’impiego del metodo dell’esame incrociato. Una statuizione del genere desta stupore, se si considera che l’art. 111 comma 4 Cost. impone il principio del contraddittorio nella formazione della prova dichiarativa. Non si può dire, però, che la vigente disciplina delle rogatorie sia netta nell’escludere l’utilizzabilità delle prove dichiarative raccolte all’estero senza l’osservanza degli artt. 498 s. c.p.p. L’art. 431 comma 1 lett. f c.p.p. prescrive che nel fascicolo per il dibattimento vanno inseriti i verbali delle testimonianze alle quali «i difensori sono stati posti in grado di assistere e di esercitare le facoltà loro consentite dalla legge italiana». L’«assistenza» e le «facoltà» conferite al difensore, però, non comportano anche l’applicazione di tutte le norme in cui si concretizza l’esame incrociato, il quale richiede la presenza dell’accusa, non nominata dall’articolo in questione, e che l’esame sia gestito prevalentemente dalle parti. L’obbligo di rispettare il contraddittorio non discende nemmeno dall’inutilizzabilità delle prove acquisite in violazione della Convenzione europea di assistenza giudiziaria stipulata a Strasburgo il 20 aprile 1959, delle altre Convenzioni in vigore per l’Italia e delle norme di diritto internazionale generale. Le dichiarazioni non formate dialetticamente nell’ambito delle rogatarie, inoltre, trovano ingresso nel nostro ordinamento attraverso il varco dell’«impossibilità di natura oggettiva» di formare la prova dichiarativa in contraddittorio ex art. 111 comma 5 Cost. Secondo la decisione in commento l’impossibilità in questione nascerebbe dalla mera circostanza che l’ordinamento straniero in cui deve essere assunta la testimonianza non preveda l’esame incrociato. Si deve replicare che è necessario formulare una lettura più rigorosa del concetto: l’impossibilità nasce solo quando l’autorità giudiziaria straniera non acconsenta alla richiesta dell’autorità italiana di esaminare il dichiarante nelle forme previste dalla legislazione italiana. Si deve aggiungere, più in generale, che l’indifferenza dell’ordinamento italiano rispetto al metodo di assunzione delle prove dichiarative all’estero, per quanto la normativa considerata, come si è detto, non si possa ritenere in contrasto con la Costituzione, non è tollerabile, e lo sarà sempre di meno con la probabile futura espansione della criminalità sovranazionale. La soluzione del problema dipende soprattutto dalla volontà degli altri Stati di arrivare ad una normativa condivisa finalizzata alla repressione dei reati che colpiscono gli interessi di più ordinamenti. Si dovrebbe instaurare un sistema tale da consentire a ciascuno Stato di applicare le proprie regole anche al fine dell’assunzione delle testimonianze all’estero. In tale direzione sarebbe auspicabile l’introduzione di un meccanismo di videoconferenza giudiziaria del tipo di quella prevista dalla Convenzione relativa all’assistenza giudiziaria in materia penale tra gli Stati membri dell’Unione europea del 29 maggio 2000.
2010
File in questo prodotto:
Non ci sono file associati a questo prodotto.
Pubblicazioni consigliate

I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.

Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11577/2424052
Citazioni
  • ???jsp.display-item.citation.pmc??? ND
  • Scopus ND
  • ???jsp.display-item.citation.isi??? ND
social impact