La displasia congenita dell’anca (DCA) indica una condizione di instabilità della testa femorale che non è mantenuta in sito all’interno del cotile per insufficiente copertura dell’acetabolo. È un’affezione generalmente dovuta ad un’immaturità di sviluppo delle anche che si manifesta in età neonatale e perinatale, che si mantiene nei mesi successivi alla nascita e che può evolvere in alcuni casi verso un quadro di “anca lussabile” o di anca lussata (1). Essa rappresenta la più frequente deformità congenita dello scheletro, con un’incidenza variabile, a seconda delle zone, tra l’1% ed il 7% della popolazione; in Italia vi è una distribuzione prevalente in Lombardia, Emilia e Veneto (2). Tra i fattori di rischio associati alla DCA segnalati in letteratura ricordiamo: la familiarità, la malposizione in utero, la presenza di altre malformazioni scheletriche alla nascita (es. piede torto congenito), la gemellarità, e la primogenitura (3,4,5). La displasia congenita d’anca è inoltre uno dei sette segni di Mau che qualificano il quadro clinico della “sindrome del bambino plasmato” (6). Da circa 20 anni per la diagnosi precoce della DCA è stato introdotto lo studio ecografico (7,8). Gli studi recenti hanno avuto come scopo la valutazione dell’affidabilità dello screening ecografico neonatale della DCA rispetto alla metodica classica clinica, spesso modificando la metodica standard d’esecuzione proposta da Graf. Da questi studi (9,10,11) risulta che la percentuale di soggetti con immaturità od ipoplasia, diagnosticata in base all’età e all’esame ecografico è elevata: questi casi, d’incerta evoluzione, sono definiti “borderline”. L’obiettivo di questo studio è quello di valutare l’evoluzione dei quadri borderline, attraverso controlli clinici e strumentali.

La displasia congenita dell’anca: studio dei quadri borderline e considerazioni terapeutiche

PATTAVINA, GIOVANNELLA DESIREE;MASIERO, STEFANO;ORTOLANI, MARCO
2003

Abstract

La displasia congenita dell’anca (DCA) indica una condizione di instabilità della testa femorale che non è mantenuta in sito all’interno del cotile per insufficiente copertura dell’acetabolo. È un’affezione generalmente dovuta ad un’immaturità di sviluppo delle anche che si manifesta in età neonatale e perinatale, che si mantiene nei mesi successivi alla nascita e che può evolvere in alcuni casi verso un quadro di “anca lussabile” o di anca lussata (1). Essa rappresenta la più frequente deformità congenita dello scheletro, con un’incidenza variabile, a seconda delle zone, tra l’1% ed il 7% della popolazione; in Italia vi è una distribuzione prevalente in Lombardia, Emilia e Veneto (2). Tra i fattori di rischio associati alla DCA segnalati in letteratura ricordiamo: la familiarità, la malposizione in utero, la presenza di altre malformazioni scheletriche alla nascita (es. piede torto congenito), la gemellarità, e la primogenitura (3,4,5). La displasia congenita d’anca è inoltre uno dei sette segni di Mau che qualificano il quadro clinico della “sindrome del bambino plasmato” (6). Da circa 20 anni per la diagnosi precoce della DCA è stato introdotto lo studio ecografico (7,8). Gli studi recenti hanno avuto come scopo la valutazione dell’affidabilità dello screening ecografico neonatale della DCA rispetto alla metodica classica clinica, spesso modificando la metodica standard d’esecuzione proposta da Graf. Da questi studi (9,10,11) risulta che la percentuale di soggetti con immaturità od ipoplasia, diagnosticata in base all’età e all’esame ecografico è elevata: questi casi, d’incerta evoluzione, sono definiti “borderline”. L’obiettivo di questo studio è quello di valutare l’evoluzione dei quadri borderline, attraverso controlli clinici e strumentali.
2003
In Lezioni di Medicina Riabilitativa
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