«La Difesa della Razza» uscì con il suo primo numero nell'agosto del 1938, due mesi prima dell'introduzione delle leggi razziali da parte del regime fascista. La rivista è diventata nella retorica antifascista “l'icona della politica razzista”, descritta soprattutto come un esempio del delirio patologico di un manipolo di fanatici. Un oggetto vergognoso da conservare nel museo degli orrori, in attesa di essere evocata in funzione catartica nel giorno della memoria. Il bimensile fu distribuito in modo capillare sul territorio dell'impero, con una particolare attenzione alle istituzioni scolastiche e culturali, voluta personalmente da Mussolini e sostenuta ufficialmente dal Ministro dell'Educazione Giuseppe Bottai. In questo senso, «La Difesa della Razza» offre una visione panottica dell'intento pedagogico della politica fascista che procede a razzializzare i campi del discorso giuridico, filosofico, medico, estetico e religioso. Le strategie retoriche di comunicazione del progetto egemonico razzista si esprimono in una “campagna iconografica”, dal linguaggio immaginifico, innovativo e accattivante. Il mio contributo propone un itinerario etnografico attraverso la specificità discorsiva della rivista per analizzare come la “razza”, potente categoria “facile da pensare”, sia stata usata come risorsa simbolica unificante per ridefinire il senso sociale di nazione, cittadinanza, religione e famiglia. La lettura etnografica delle pratiche strutturanti del discorso razzista rivela le analogie profonde con gli attuali fenomeni di neorazzismo e xenofobia e apre all'ipotesi di una continuità storico-culturale della società italiana con un “cattivo passato” che non passa.

Nello specchio della "Difesa della Razza": la lunga vita dei processi di razzializzazione.

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Abstract

«La Difesa della Razza» uscì con il suo primo numero nell'agosto del 1938, due mesi prima dell'introduzione delle leggi razziali da parte del regime fascista. La rivista è diventata nella retorica antifascista “l'icona della politica razzista”, descritta soprattutto come un esempio del delirio patologico di un manipolo di fanatici. Un oggetto vergognoso da conservare nel museo degli orrori, in attesa di essere evocata in funzione catartica nel giorno della memoria. Il bimensile fu distribuito in modo capillare sul territorio dell'impero, con una particolare attenzione alle istituzioni scolastiche e culturali, voluta personalmente da Mussolini e sostenuta ufficialmente dal Ministro dell'Educazione Giuseppe Bottai. In questo senso, «La Difesa della Razza» offre una visione panottica dell'intento pedagogico della politica fascista che procede a razzializzare i campi del discorso giuridico, filosofico, medico, estetico e religioso. Le strategie retoriche di comunicazione del progetto egemonico razzista si esprimono in una “campagna iconografica”, dal linguaggio immaginifico, innovativo e accattivante. Il mio contributo propone un itinerario etnografico attraverso la specificità discorsiva della rivista per analizzare come la “razza”, potente categoria “facile da pensare”, sia stata usata come risorsa simbolica unificante per ridefinire il senso sociale di nazione, cittadinanza, religione e famiglia. La lettura etnografica delle pratiche strutturanti del discorso razzista rivela le analogie profonde con gli attuali fenomeni di neorazzismo e xenofobia e apre all'ipotesi di una continuità storico-culturale della società italiana con un “cattivo passato” che non passa.
In corso di stampa
Discriminazioni. Modelli culturali, retoriche pubbliche e pratiche sociali.
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