L'occasione – non l'oggetto - di questo breve lavoro è data da una serie di recentissimi studi sperimentali nei quali si affronta il tema delle scelte pratiche cc.dd. dilemmatiche. Tali studii contestano, sulla base di alcune evidenze empiriche, la posizione assunta da J. Greene per la quale le scelte morali compiute in tali situazioni, e giustificate deontologicamente, sarebbero il frutto di attività prevalentemente emotiva del soggetto, mentre quelle giustificate consequenzialisticamente sarebbero il derivato di processi più pienamente razionali, in quanto connotati cognitivamente. Le perplessità sollevate verso quest'ultima versione del riduzionismo morale, spingono a ritenere che nelle situazioni dilemmatiche di conflitto irresolubile tra criteri di valore, e, quindi, tragiche, l'uomo si trovi coinvolto nella totalità del suo essere e, almeno in queste situazioni, non sia possibile discernere ed isolare una razionalità totalmente apollinea e squalificare così dal piano razionale alcune decisioni piuttosto che altre. Poiché questa stessa intuizione sembra essere emersa alla coscienza dell'uomo greco nel momento in cui, almeno secondo un'autorevole opinione, vengono concepiti con piena consapevolezza i principi fondamentali del diritto occidentale, ci si chiede se ed in che termini la formazione metodologica del giurista contemporaneo conservi memoria di ciò, e se, quindi, egli possa essere considerato un interlocutore autorevole allorché si discuta di scelte tragiche.
Il diritto e il dilemma. Il modello giuridico di fronte alla scelta tragica
SARRA, CLAUDIO
2011
Abstract
L'occasione – non l'oggetto - di questo breve lavoro è data da una serie di recentissimi studi sperimentali nei quali si affronta il tema delle scelte pratiche cc.dd. dilemmatiche. Tali studii contestano, sulla base di alcune evidenze empiriche, la posizione assunta da J. Greene per la quale le scelte morali compiute in tali situazioni, e giustificate deontologicamente, sarebbero il frutto di attività prevalentemente emotiva del soggetto, mentre quelle giustificate consequenzialisticamente sarebbero il derivato di processi più pienamente razionali, in quanto connotati cognitivamente. Le perplessità sollevate verso quest'ultima versione del riduzionismo morale, spingono a ritenere che nelle situazioni dilemmatiche di conflitto irresolubile tra criteri di valore, e, quindi, tragiche, l'uomo si trovi coinvolto nella totalità del suo essere e, almeno in queste situazioni, non sia possibile discernere ed isolare una razionalità totalmente apollinea e squalificare così dal piano razionale alcune decisioni piuttosto che altre. Poiché questa stessa intuizione sembra essere emersa alla coscienza dell'uomo greco nel momento in cui, almeno secondo un'autorevole opinione, vengono concepiti con piena consapevolezza i principi fondamentali del diritto occidentale, ci si chiede se ed in che termini la formazione metodologica del giurista contemporaneo conservi memoria di ciò, e se, quindi, egli possa essere considerato un interlocutore autorevole allorché si discuta di scelte tragiche.Pubblicazioni consigliate
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