Il governo democratico insediatosi in Sudafrica nel 1994 sotto la guida di Nelson Mandela, ha dovuto avviare, tra le altre, una politica linguistico-culturale che rilanciasse le lingue fino ad allora sottostimate e segregate: una affirmative action, come è stata definita, che correggesse gli squilibri del passato. D’altro canto il ruolo ormai indiscutibilmente assunto dall’inglese, sia internamente al paese (è ben presto diventato, oltre che una vera e propria lingua franca, anche “the language of freedom and liberation” essendo impiegato quale lingua ufficiale dell’African National Congress in contrapposizione allì’afrikaans, lingua dell’apartheid), sia sul piano internazionale, ha condotto allo sviluppo di almeno due altri nodi: • una volta riconosciute undici lingue come ufficiali (comprese le due lingue germaniche), quale dovrebbe essere il ruolo dell’inglese tra di esse, dato il suo dilagante impiego funzionale? • ammettendo che per ragioni di “praticità” (in primis un risparmio sui costi di traduzione), l’inglese sia dominante sulla scena pubblica, quale inglese deve essere accettato, impiegato, promosso? L’intervento si propone di offrire un quadro della politica linguistica intrapresa per rispondere a questi quesiti. A partire da un’analisi dei punti della Costituzione e del Bill of Rights viene delineato un profilo delle strategie adottate e delle implicazioni positive e negative cui hanno condotto.

La politica linguistica nel nuovo Sudafrica: tra difesa dell’identità etnico-linguistica e l’inglese lingua funzionale

SANTIPOLO, MATTEO
2005

Abstract

Il governo democratico insediatosi in Sudafrica nel 1994 sotto la guida di Nelson Mandela, ha dovuto avviare, tra le altre, una politica linguistico-culturale che rilanciasse le lingue fino ad allora sottostimate e segregate: una affirmative action, come è stata definita, che correggesse gli squilibri del passato. D’altro canto il ruolo ormai indiscutibilmente assunto dall’inglese, sia internamente al paese (è ben presto diventato, oltre che una vera e propria lingua franca, anche “the language of freedom and liberation” essendo impiegato quale lingua ufficiale dell’African National Congress in contrapposizione allì’afrikaans, lingua dell’apartheid), sia sul piano internazionale, ha condotto allo sviluppo di almeno due altri nodi: • una volta riconosciute undici lingue come ufficiali (comprese le due lingue germaniche), quale dovrebbe essere il ruolo dell’inglese tra di esse, dato il suo dilagante impiego funzionale? • ammettendo che per ragioni di “praticità” (in primis un risparmio sui costi di traduzione), l’inglese sia dominante sulla scena pubblica, quale inglese deve essere accettato, impiegato, promosso? L’intervento si propone di offrire un quadro della politica linguistica intrapresa per rispondere a questi quesiti. A partire da un’analisi dei punti della Costituzione e del Bill of Rights viene delineato un profilo delle strategie adottate e delle implicazioni positive e negative cui hanno condotto.
2005
Lingue, istituzioni, territori. Riflessioni teoriche, proposte metodologiche ed esperienze di politica linguistica. Atti del XXXVIII Congresso Internazionale di Studi della Società di Linguistica Italiana
9788878700567
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