Ho assegnato sempre, al cosiddetto federalismo fiscale, il compito di realizzare due sogni: introdurre, con sapienza e paziente gradualità, la giusta imposta, dando voce alle autonomie, e impedire, nella misura più ampia possibile, la dissipazione delle risorse pubbliche , consentendo loro uno spazio effettivo di libera scelta in campo fiscale. Per questo, ho colto, nelle relative istanze, l’occasione irripetibile per riformare la Repubblica che, da un lato, sopporta i pesi di un passato istituzionale dominato da giochi e da formalismi e, d’altro lato, vive l’aspirazione ad adeguarsi - lo sottolineo con le parole di Charlie Chaplin - ai tempi moderni. Ho pensato che nessun progresso, in questa duplice direzione, si sarebbe conseguito se si fosse trascurato il ruolo costituzionale, perché fondativo, del contribuente onesto : che è il tartassato che paga, dai cui sacrifici dipende, per tutti ivi compresi gli evasori, la fruizione quotidiana di prestazioni e servizi. Ad esempio, di quelli erogati dal costosissimo Sistema sanitario nazionale. Coloro che adempiono al dovere costituzionale posto dall’art. 53 - di “concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva” - hanno il diritto di usufruire delle tutele che la legge fondamentale accorda negli articoli della Parte I. Coloro che non adempiono non possono vantare diritti. Se ne accampano, non hanno dignità. Dunque, prima i contribuenti! Il rapido succedersi di fatti che la crisi, preannunciata nel 2007 e sviluppatasi nel 2008, ha reso ormai non congiunturali ma strutturali, ci ha posti di fronte alla necessità di far pagare di più a chi ha di più. Ma abbiamo toccato con mano, ancorché il fenomeno fosse noto, che non è detto che chi mostra di avere di più, dichiarazione dei redditi alla mano, sia davvero colui che, in assoluto, ha di più. L’evasione fiscale sottrae all’erario immense ricchezze, generando insopportabili ingiustizie: perché - oggi lo si percepisce con chiarezza - la crisi fiscale dello Stato è destinata ad accompagnarci nella vita, senza soluzione di continuità. Così, siamo giunti all’epilogo. L’ottica del diritto tributario, che è quella di un duello permanente tra contribuente e fisco, identifica un dato ineliminabile, ma patologico. Il sistema può vivere, invece, soltanto se, fisiologicamente, chiunque è soggetto passivo di un tributo ha la consapevolezza di svolgere pagando - come ebbe a scrivere Piero Gobetti - una “funzione sovrana”. Questa è l’ottica del diritto costituzionale, ignota alla dottrina giuspubblicistica e alla giurisprudenza della Corte costituzionale, entrambe ancorate a concezioni che hanno a che fare con la sudditanza, piuttosto che con la cittadinanza attiva. Anch’esse portano la responsabilità di questo degrado . È bene discutere. Per questo, ho pensato di anteporre, a un saggio scritto qualche tempo fa , alcune riflessioni a caldo, elaborate in tempo reale nel mese di agosto del 2011, anno molto probabilmente destinato a segnare una discontinuità tra il vecchio ordine costituzionale e il nuovo che verrà. In ogni caso, l’attuale disordine istituzionale e le manifeste ingiustizie, accresciute piuttosto che attenuate, ci dicono che il federalismo istituzionale e fiscale sono di là da venire, anche per evidenti carenze culturali di chi li propone.

Contribuenti e parassiti in una società civile

BERTOLISSI, MARIO
2012

Abstract

Ho assegnato sempre, al cosiddetto federalismo fiscale, il compito di realizzare due sogni: introdurre, con sapienza e paziente gradualità, la giusta imposta, dando voce alle autonomie, e impedire, nella misura più ampia possibile, la dissipazione delle risorse pubbliche , consentendo loro uno spazio effettivo di libera scelta in campo fiscale. Per questo, ho colto, nelle relative istanze, l’occasione irripetibile per riformare la Repubblica che, da un lato, sopporta i pesi di un passato istituzionale dominato da giochi e da formalismi e, d’altro lato, vive l’aspirazione ad adeguarsi - lo sottolineo con le parole di Charlie Chaplin - ai tempi moderni. Ho pensato che nessun progresso, in questa duplice direzione, si sarebbe conseguito se si fosse trascurato il ruolo costituzionale, perché fondativo, del contribuente onesto : che è il tartassato che paga, dai cui sacrifici dipende, per tutti ivi compresi gli evasori, la fruizione quotidiana di prestazioni e servizi. Ad esempio, di quelli erogati dal costosissimo Sistema sanitario nazionale. Coloro che adempiono al dovere costituzionale posto dall’art. 53 - di “concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva” - hanno il diritto di usufruire delle tutele che la legge fondamentale accorda negli articoli della Parte I. Coloro che non adempiono non possono vantare diritti. Se ne accampano, non hanno dignità. Dunque, prima i contribuenti! Il rapido succedersi di fatti che la crisi, preannunciata nel 2007 e sviluppatasi nel 2008, ha reso ormai non congiunturali ma strutturali, ci ha posti di fronte alla necessità di far pagare di più a chi ha di più. Ma abbiamo toccato con mano, ancorché il fenomeno fosse noto, che non è detto che chi mostra di avere di più, dichiarazione dei redditi alla mano, sia davvero colui che, in assoluto, ha di più. L’evasione fiscale sottrae all’erario immense ricchezze, generando insopportabili ingiustizie: perché - oggi lo si percepisce con chiarezza - la crisi fiscale dello Stato è destinata ad accompagnarci nella vita, senza soluzione di continuità. Così, siamo giunti all’epilogo. L’ottica del diritto tributario, che è quella di un duello permanente tra contribuente e fisco, identifica un dato ineliminabile, ma patologico. Il sistema può vivere, invece, soltanto se, fisiologicamente, chiunque è soggetto passivo di un tributo ha la consapevolezza di svolgere pagando - come ebbe a scrivere Piero Gobetti - una “funzione sovrana”. Questa è l’ottica del diritto costituzionale, ignota alla dottrina giuspubblicistica e alla giurisprudenza della Corte costituzionale, entrambe ancorate a concezioni che hanno a che fare con la sudditanza, piuttosto che con la cittadinanza attiva. Anch’esse portano la responsabilità di questo degrado . È bene discutere. Per questo, ho pensato di anteporre, a un saggio scritto qualche tempo fa , alcune riflessioni a caldo, elaborate in tempo reale nel mese di agosto del 2011, anno molto probabilmente destinato a segnare una discontinuità tra il vecchio ordine costituzionale e il nuovo che verrà. In ogni caso, l’attuale disordine istituzionale e le manifeste ingiustizie, accresciute piuttosto che attenuate, ci dicono che il federalismo istituzionale e fiscale sono di là da venire, anche per evidenti carenze culturali di chi li propone.
2012
9788824320818
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11577/2485245
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