Questo scritto rappresenta un lavoro pionieristico nel portare all’attenzione in Italia (ma lo stesso può dirsi vero per altri paesi) un movimento di pescatori che, partito negli anni ’70 dal Kerala nel Sud dell’India, ha poi assunto dimensione nazionale e quindi mondiale con il convegno di Loctudy in Bretagna (Francia) il 6 ottobre del 2000 a cui furono presenti ben 21 organizzazioni provenienti da 16 paesi, 250 partecipanti, delegati osservatori e uditori di 32 nazioni. Nuovo soggetto, nuovo protagonista del movimento dei movimenti, come sottolinea l’autrice, il World Forum of Fisher People pone al centro la salvaguardia del legame organico tra il mestiere di pescatore e l’ecosistema, si muove perciò in difesa della piccola pesca o pesca artigianale (l’accezione varia a seconda delle aree cui ci riferiamo) e di tutti quei mestieri che ne rappresentano il corollario. Di contro all’approccio industrial predatorio della grande pesca meccanizzata con reti a strascico e metodologie sempre più distruttive, di contro all’invio nei mari del Sud di flottiglie pescherecce dei paesi del Nord con il compito, dietro ingente sovvenzionamento, di depredare i mari tropicali dopo aver gravemente impoverito quelli delle aree più settentrionali, il movimento dei pescatori afferma il diritto a mantenere quelle economie che, basate su un rapporto amichevole con l’ecosistema ne preservano e utilizzano le risorse entro i limiti che ne permettono la rinnovabilità. E chiede assieme misure di protezione sociale, case decenti e infrastrutture nei villaggi, sicurezza in mare. E’ il caso non solo delle comunità costiere dei paesi del Sud del pianeta ma, con loro, di comunità di pescatori del Nord che ora annodano reti di comuni soluzioni e percorsi. L’articolo offre, oltre ad un’analisi approfondita delle problematiche sollevate da questo movimento, un’ opportunità unica di conoscenza delle lotte condotte da questo soggetto. E sottolinea fortemente la corrispondenza fra Rivoluzione verde in agricoltura e Rivoluzione blù nell’allevamento ittico, la loro falsa produttività che nasconde i costi economici, sociali e ambientali, e indica, nel mantenimento dei cicli di riproduzione spontanea della vita sulla terra e in mare, la più grande garanzia di sicurezza e benessere per tutti.
Il movimento dei pescatori
DALLA COSTA, MARIAROSA
2005
Abstract
Questo scritto rappresenta un lavoro pionieristico nel portare all’attenzione in Italia (ma lo stesso può dirsi vero per altri paesi) un movimento di pescatori che, partito negli anni ’70 dal Kerala nel Sud dell’India, ha poi assunto dimensione nazionale e quindi mondiale con il convegno di Loctudy in Bretagna (Francia) il 6 ottobre del 2000 a cui furono presenti ben 21 organizzazioni provenienti da 16 paesi, 250 partecipanti, delegati osservatori e uditori di 32 nazioni. Nuovo soggetto, nuovo protagonista del movimento dei movimenti, come sottolinea l’autrice, il World Forum of Fisher People pone al centro la salvaguardia del legame organico tra il mestiere di pescatore e l’ecosistema, si muove perciò in difesa della piccola pesca o pesca artigianale (l’accezione varia a seconda delle aree cui ci riferiamo) e di tutti quei mestieri che ne rappresentano il corollario. Di contro all’approccio industrial predatorio della grande pesca meccanizzata con reti a strascico e metodologie sempre più distruttive, di contro all’invio nei mari del Sud di flottiglie pescherecce dei paesi del Nord con il compito, dietro ingente sovvenzionamento, di depredare i mari tropicali dopo aver gravemente impoverito quelli delle aree più settentrionali, il movimento dei pescatori afferma il diritto a mantenere quelle economie che, basate su un rapporto amichevole con l’ecosistema ne preservano e utilizzano le risorse entro i limiti che ne permettono la rinnovabilità. E chiede assieme misure di protezione sociale, case decenti e infrastrutture nei villaggi, sicurezza in mare. E’ il caso non solo delle comunità costiere dei paesi del Sud del pianeta ma, con loro, di comunità di pescatori del Nord che ora annodano reti di comuni soluzioni e percorsi. L’articolo offre, oltre ad un’analisi approfondita delle problematiche sollevate da questo movimento, un’ opportunità unica di conoscenza delle lotte condotte da questo soggetto. E sottolinea fortemente la corrispondenza fra Rivoluzione verde in agricoltura e Rivoluzione blù nell’allevamento ittico, la loro falsa produttività che nasconde i costi economici, sociali e ambientali, e indica, nel mantenimento dei cicli di riproduzione spontanea della vita sulla terra e in mare, la più grande garanzia di sicurezza e benessere per tutti.Pubblicazioni consigliate
I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.