Il saggio muove dall’affermazione dell’esigenza di guardare alla politica europea dell’Italia non in isolamento, ma in interazione con altre dimensione della sua politica internazionale e nella fattispecie la politica verso i pvs. Esso indaga l’interazione fra la politica comunitaria dell’Italia e la sua politica verso i paesi emergenti nei primi due decenni di storia comunitaria, che furono anche i primi due ‘decenni dello sviluppo’. Sfruttando una varietà di fonti archivistiche fra cui l’Archivio Moro, esso dimostra come i leader politici italiani promuovessero l’idea di un’Europa protagonista nei ppoarti con i pvs. Ciò perché a fronte dei ritardi strutturali della propria economia e dell’insufficienza delle risorse finanziarie, l’Italia aveva bisogno di una solida struttura multilaterale che legasse in un unico sistema la perequazione delle differenze interne alla Cee e una trasformazione pilotata delle relazioni economiche internazionali. In una politica europea l’Italia sperava di trovare il modo di risolvere la contraddizione fra una politica estera ambiziosa e risorse insufficienti. Questo caso sembra ben esemplificare le ragioni dell’adesione dell’Italia alla costruzione politica evolutiva dell’Europa, che poteva offrire quello che non offriva la cornice atlantica preferita da altri paesi per il rapporto con il ‘Terzo mondo’. L’Italia fu nei primi anni infatti volonterosa sostenitrice di un approccio europeo ai pvs, con proposte di politica di sviluppo e di politica mediterranea che, in anni di ottimismo e fiducia nelle prospettive del paese, potevano conciliare obiettivi economici e politici inconciliabili su un piano puramente nazionale e forse anche per dare risposta alla difficoltà di articolare obiettivi politici nazionali verso le aree ex-coloniali. Alla fine degli anni sessanta, di fronte all’affermarsi di regimi radicali nel Mediterraneo e in altre aree in via di sviluppo e alla crisi economica interna, si diffuse un senso di vulnerabilità e dipendenza e l’Europa parve assumere un ruolo ancor più fondamentale per permettere all’Italia di far fronte ai contraccolpi della ridistribuzione internazionale della ricchezza e del lavoro. L’integrazione europea era tanto più necessaria in quanto doveva fornire al paese l’aiuto necessario a affrontare una modernizzazione economica imposta dalle richieste di industrializzazione dei pvs.

L'Italia e la questione dello sviluppo, una sfida fra anni sessanta e settanta

CALANDRI, ELENA
2009

Abstract

Il saggio muove dall’affermazione dell’esigenza di guardare alla politica europea dell’Italia non in isolamento, ma in interazione con altre dimensione della sua politica internazionale e nella fattispecie la politica verso i pvs. Esso indaga l’interazione fra la politica comunitaria dell’Italia e la sua politica verso i paesi emergenti nei primi due decenni di storia comunitaria, che furono anche i primi due ‘decenni dello sviluppo’. Sfruttando una varietà di fonti archivistiche fra cui l’Archivio Moro, esso dimostra come i leader politici italiani promuovessero l’idea di un’Europa protagonista nei ppoarti con i pvs. Ciò perché a fronte dei ritardi strutturali della propria economia e dell’insufficienza delle risorse finanziarie, l’Italia aveva bisogno di una solida struttura multilaterale che legasse in un unico sistema la perequazione delle differenze interne alla Cee e una trasformazione pilotata delle relazioni economiche internazionali. In una politica europea l’Italia sperava di trovare il modo di risolvere la contraddizione fra una politica estera ambiziosa e risorse insufficienti. Questo caso sembra ben esemplificare le ragioni dell’adesione dell’Italia alla costruzione politica evolutiva dell’Europa, che poteva offrire quello che non offriva la cornice atlantica preferita da altri paesi per il rapporto con il ‘Terzo mondo’. L’Italia fu nei primi anni infatti volonterosa sostenitrice di un approccio europeo ai pvs, con proposte di politica di sviluppo e di politica mediterranea che, in anni di ottimismo e fiducia nelle prospettive del paese, potevano conciliare obiettivi economici e politici inconciliabili su un piano puramente nazionale e forse anche per dare risposta alla difficoltà di articolare obiettivi politici nazionali verso le aree ex-coloniali. Alla fine degli anni sessanta, di fronte all’affermarsi di regimi radicali nel Mediterraneo e in altre aree in via di sviluppo e alla crisi economica interna, si diffuse un senso di vulnerabilità e dipendenza e l’Europa parve assumere un ruolo ancor più fondamentale per permettere all’Italia di far fronte ai contraccolpi della ridistribuzione internazionale della ricchezza e del lavoro. L’integrazione europea era tanto più necessaria in quanto doveva fornire al paese l’aiuto necessario a affrontare una modernizzazione economica imposta dalle richieste di industrializzazione dei pvs.
2009
L'Italia nella costruzione europea. Un Bilancio storico (1957-2007)
9788856813555
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