L’attuale società occidentale scotomizza la morte, ma l’illusoria negazione della morte porta ad affrontare la fine della vita totalmente impreparati. La medicina tende a gestire la malattia come mera alterazione organica di una macchina cartesiana, privilegiando i fatti convenzionalmente definiti obiettivi e trascurando il soggetto malato. La fase terminale della vita dell’individuo non può essere solo materia di medicalizzazione meccanica del corpo, ma deve contemplare il significato della vita e della morte, due facce della stessa medaglia le cui definizioni rimangono sfuggenti e misteriose, ma costituiscono il problema fondamentale dell’esistenza. Gli esseri viventi sono caratterizzati da grande complessità e organizzazione, mantenute assorbendo energia dall’esterno in un continuo scambio e interdipendenza con l’ambiente. L’essenza della vita può essere quindi intesa come neghentropia (o entropia negativa), che si realizza mediante un continuo ricambio, in cui la morte è parte essenziale del processo di trasformazione. La vita-morte è quindi un’inscindibile unità: la morte in sé non è l’opposto della vita ma suo attributo fondamentale. Lo spazio e il tempo costituiscono lo scenario entro il quale la vita si manifesta. Sono insieme entità fisiche e prodotto della mente, in sé diversi da come la coscienza ordinaria li percepisce. La fisica del XX secolo ha definito lo spazio-tempo come un’unica realtà quadridimensionale dipendente dalla gravità, di fronte alla quale i concetti classici di tempo e di spazio si sgretolano, evidenziando la precarietà delle immagini convenzionali del mondo e della vita vita che in esso fluisce. Compito della medicina è alleviare le sofferenze evitabili e aiutare il morente, non come corpo malato ma come uomo che affronta il viaggio più importante della vita, nella consapevolezza che presto lo si seguirà. La condizione terminale supera il concetto di patologia, perché è parte della fisiologica trasformazione della vita, mentre il signifcato della sua fine rimane sconosciuto: il mistero della vita-morte non è solo un dilemma filosofico-religioso, ma anche psicologico, epistemologico, fisico e biomedico, che si esplica nell’ancora misteriosa relazione mente-cervello-corpo-mondo.

La vita-morte nella geometria dello spazio-tempo.

FACCO, ENRICO
2010

Abstract

L’attuale società occidentale scotomizza la morte, ma l’illusoria negazione della morte porta ad affrontare la fine della vita totalmente impreparati. La medicina tende a gestire la malattia come mera alterazione organica di una macchina cartesiana, privilegiando i fatti convenzionalmente definiti obiettivi e trascurando il soggetto malato. La fase terminale della vita dell’individuo non può essere solo materia di medicalizzazione meccanica del corpo, ma deve contemplare il significato della vita e della morte, due facce della stessa medaglia le cui definizioni rimangono sfuggenti e misteriose, ma costituiscono il problema fondamentale dell’esistenza. Gli esseri viventi sono caratterizzati da grande complessità e organizzazione, mantenute assorbendo energia dall’esterno in un continuo scambio e interdipendenza con l’ambiente. L’essenza della vita può essere quindi intesa come neghentropia (o entropia negativa), che si realizza mediante un continuo ricambio, in cui la morte è parte essenziale del processo di trasformazione. La vita-morte è quindi un’inscindibile unità: la morte in sé non è l’opposto della vita ma suo attributo fondamentale. Lo spazio e il tempo costituiscono lo scenario entro il quale la vita si manifesta. Sono insieme entità fisiche e prodotto della mente, in sé diversi da come la coscienza ordinaria li percepisce. La fisica del XX secolo ha definito lo spazio-tempo come un’unica realtà quadridimensionale dipendente dalla gravità, di fronte alla quale i concetti classici di tempo e di spazio si sgretolano, evidenziando la precarietà delle immagini convenzionali del mondo e della vita vita che in esso fluisce. Compito della medicina è alleviare le sofferenze evitabili e aiutare il morente, non come corpo malato ma come uomo che affronta il viaggio più importante della vita, nella consapevolezza che presto lo si seguirà. La condizione terminale supera il concetto di patologia, perché è parte della fisiologica trasformazione della vita, mentre il signifcato della sua fine rimane sconosciuto: il mistero della vita-morte non è solo un dilemma filosofico-religioso, ma anche psicologico, epistemologico, fisico e biomedico, che si esplica nell’ancora misteriosa relazione mente-cervello-corpo-mondo.
2010
9788897385059
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