La personificazione della Fama compare per la prima volta nel IV libro dell’“Eneide”. Seguendone la tracce fino alle “Genealogie deorum gentilium” di Giovanni Boccaccio, all’“Adone” del Marino o al “Fermo e Lucia” del Manzoni e soffermandosi in particolare su alcuni testi poetici mediolatini (per esempio il Carmen Buranum 120 rammentato nel titolo), il lavoro mette in luce come l’aspetto complessivo del mostro creato da Virgilio sia per lo più messo da parte a favore di alcuni singoli tratti e come anche la definizione virgiliana della Fama come male, dovuta in primo luogo al fatto che essa è annunciatrice «tam ficti pravique [...] quam [...] veri», tenda a essere rimossa, forse perché ricorda troppo da vicino la libertà concessa per statuto alla poesia di mescolare appunto «vera cum fictis».

«Procul a Fame palpebris»: la Fama come male da Virgilio a Boccaccio

GIANOLA, GIOVANNA MARIA
2011

Abstract

La personificazione della Fama compare per la prima volta nel IV libro dell’“Eneide”. Seguendone la tracce fino alle “Genealogie deorum gentilium” di Giovanni Boccaccio, all’“Adone” del Marino o al “Fermo e Lucia” del Manzoni e soffermandosi in particolare su alcuni testi poetici mediolatini (per esempio il Carmen Buranum 120 rammentato nel titolo), il lavoro mette in luce come l’aspetto complessivo del mostro creato da Virgilio sia per lo più messo da parte a favore di alcuni singoli tratti e come anche la definizione virgiliana della Fama come male, dovuta in primo luogo al fatto che essa è annunciatrice «tam ficti pravique [...] quam [...] veri», tenda a essere rimossa, forse perché ricorda troppo da vicino la libertà concessa per statuto alla poesia di mescolare appunto «vera cum fictis».
2011
Fama e publica vox nel Medioevo
9788889190869
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