La stretta interconnessione tra i processi di istruzione e educazione riteniamo possa essere colta attraverso queste brevi definizioni: l’istruzione è una «incessante rielaborazione di conoscenze, le quali mentre entrano nella presa di coscienza del discente, istruiscono e educano al tempo stesso» (Bertin); l’educazione è «un servizio alla libertà, un aiuto che rende liberi», mediante rapporti di autentica autorevolezza, una «consegna di capacità, alfabeti, strumenti culturali, saggezze vitali che servono per camminare da soli. È il dono dell’indipendenza» (Scurati). Ora, dal canto suo, la scuola è chiamata a contribuire all’educazione in particolare rendendo partecipi le giovani generazioni del patrimonio culturale dell’umanità: una sfida da cui troppe volte esce sconfitta, se si registra disaffezione crescente nei suoi confronti, se si constata che quel patrimonio millenario resta spesso una anonima acquisizione, anziché divenire una eredità personale. Molte le possibili spiegazioni. Forse che tale criticità derivi anche dal considerare l’istruzione un fine in sé, anziché un mezzo dell’educazione, ancorché potente? Dal misconoscere la distanza tra le richieste rivolte alla scuola e le condizioni, non solo e non tanto materiali, in cui si trova a operare? Oppure dal «pensare a educare solo per mezzo dell’istruzione», trascurando altre attività che nel fuori scuola possono svolgere «un ruolo primario nella formazione del carattere» (Weil)? O ancora dal sottovalutare, immersi come siamo in un clima funzionalista ed efficientista, il valore di ciò che è gratuito?... Comunque sia, rispetto ai “mali” della scuola – alla sua resilienza/impermeabilità alle “riforme” (inveterata incapacità di rinnovamento o legittima strategia difensiva?) –, forte è la tentazione da un lato di starsene fermi, in attesa che il mondo cambi, dall’altro di gettare la spugna, presi allo scoraggiamento. Per uscire dall’improduttiva logica del “tutto o niente”, sembra necessario provare a percorrere la strada di un cambiamento a piccoli passi, inserendo nella vita della scuola, attraverso il reale coinvolgimento partecipativo degli allievi, esperienze dal sapore di avventura, non di episodio (Gadamer). È quello che abbiamo cercato di fare, realizzando un percorso di educazione ai diritti umani – il cuore dell’ethos della famiglia umana, della cittadinanza insieme personale-comunitaria-cosmopolita – mettendo a tema il diritto di ascolto-partecipazione di bambini e adolescenti, aspetto innovativo della Convenzione di New York del 1989.

Oltre la "logica del tutto o niente": esperienze partecipative a scuola

TOFFANO, EMANUELA;ZANATO, ORIETTA;
2011

Abstract

La stretta interconnessione tra i processi di istruzione e educazione riteniamo possa essere colta attraverso queste brevi definizioni: l’istruzione è una «incessante rielaborazione di conoscenze, le quali mentre entrano nella presa di coscienza del discente, istruiscono e educano al tempo stesso» (Bertin); l’educazione è «un servizio alla libertà, un aiuto che rende liberi», mediante rapporti di autentica autorevolezza, una «consegna di capacità, alfabeti, strumenti culturali, saggezze vitali che servono per camminare da soli. È il dono dell’indipendenza» (Scurati). Ora, dal canto suo, la scuola è chiamata a contribuire all’educazione in particolare rendendo partecipi le giovani generazioni del patrimonio culturale dell’umanità: una sfida da cui troppe volte esce sconfitta, se si registra disaffezione crescente nei suoi confronti, se si constata che quel patrimonio millenario resta spesso una anonima acquisizione, anziché divenire una eredità personale. Molte le possibili spiegazioni. Forse che tale criticità derivi anche dal considerare l’istruzione un fine in sé, anziché un mezzo dell’educazione, ancorché potente? Dal misconoscere la distanza tra le richieste rivolte alla scuola e le condizioni, non solo e non tanto materiali, in cui si trova a operare? Oppure dal «pensare a educare solo per mezzo dell’istruzione», trascurando altre attività che nel fuori scuola possono svolgere «un ruolo primario nella formazione del carattere» (Weil)? O ancora dal sottovalutare, immersi come siamo in un clima funzionalista ed efficientista, il valore di ciò che è gratuito?... Comunque sia, rispetto ai “mali” della scuola – alla sua resilienza/impermeabilità alle “riforme” (inveterata incapacità di rinnovamento o legittima strategia difensiva?) –, forte è la tentazione da un lato di starsene fermi, in attesa che il mondo cambi, dall’altro di gettare la spugna, presi allo scoraggiamento. Per uscire dall’improduttiva logica del “tutto o niente”, sembra necessario provare a percorrere la strada di un cambiamento a piccoli passi, inserendo nella vita della scuola, attraverso il reale coinvolgimento partecipativo degli allievi, esperienze dal sapore di avventura, non di episodio (Gadamer). È quello che abbiamo cercato di fare, realizzando un percorso di educazione ai diritti umani – il cuore dell’ethos della famiglia umana, della cittadinanza insieme personale-comunitaria-cosmopolita – mettendo a tema il diritto di ascolto-partecipazione di bambini e adolescenti, aspetto innovativo della Convenzione di New York del 1989.
2011
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