Nel saggio si evidenzia come l’actio de dolo non perseguisse solo ipotesi negoziali connotate da dolo specifico, bensì qualunque condotta che arrecasse un danno, qualora tale condotta non fosse altrimenti sanzionata (si alia actio non erit) e al contempo il pretore ritenesse meritevole di tutela la posizione del danneggiato (si iusta causa esse videbitur), secondo quanto richiedeva espressamente la clausola di promessa dell’azione. Gli strumenti contro il dolo perseguivano, dunque, qualunque violazione della buona fede desse luogo ad un danno altrimenti non risarcibile. L’actio de dolo sanzionava una responsabilità al confine tra i due tipi tradizionali, da contratto e da delitto. Dall’analisi dei casi di applicazione dell’azione di dolo si è messa a partito un’ulteriore riflessione: per la concessione dell’azione di dolo era sufficiente che la condotta sanzionata fosse oggettivamente scorretta, a prescindere da una volontà diretta a danneggiare. Ciò non vuol dire che l’azione di dolo venisse concessa anche in caso di semplice colpa; in realtà, il dolo si evidenziava 'in iure', nel momento in cui il convenuto pretendeva di far valere una situazione, la cui applicazione in quel caso concreto si sarebbe rivelata dannosa, e già solo perciò iniqua. Bisogna ricordare che il pretore, in tema di actio de dolo malo, doveva prendere cognizione della causa e perciò poteva e doveva accertare l’esistenza del dolo proprio nella fase in iure: il convenuto nei cui confronti era richiesta l’azione di dolo si comportava in modo doloso in quel momento stesso, se rifiutava di risarcire spontaneamente un danno da lui arrecato e non altrimenti sanzionato dal diritto.

‘Actio de dolo malo’ e risarcimento per fatto illecito

LAMBRINI, PAOLA
2011

Abstract

Nel saggio si evidenzia come l’actio de dolo non perseguisse solo ipotesi negoziali connotate da dolo specifico, bensì qualunque condotta che arrecasse un danno, qualora tale condotta non fosse altrimenti sanzionata (si alia actio non erit) e al contempo il pretore ritenesse meritevole di tutela la posizione del danneggiato (si iusta causa esse videbitur), secondo quanto richiedeva espressamente la clausola di promessa dell’azione. Gli strumenti contro il dolo perseguivano, dunque, qualunque violazione della buona fede desse luogo ad un danno altrimenti non risarcibile. L’actio de dolo sanzionava una responsabilità al confine tra i due tipi tradizionali, da contratto e da delitto. Dall’analisi dei casi di applicazione dell’azione di dolo si è messa a partito un’ulteriore riflessione: per la concessione dell’azione di dolo era sufficiente che la condotta sanzionata fosse oggettivamente scorretta, a prescindere da una volontà diretta a danneggiare. Ciò non vuol dire che l’azione di dolo venisse concessa anche in caso di semplice colpa; in realtà, il dolo si evidenziava 'in iure', nel momento in cui il convenuto pretendeva di far valere una situazione, la cui applicazione in quel caso concreto si sarebbe rivelata dannosa, e già solo perciò iniqua. Bisogna ricordare che il pretore, in tema di actio de dolo malo, doveva prendere cognizione della causa e perciò poteva e doveva accertare l’esistenza del dolo proprio nella fase in iure: il convenuto nei cui confronti era richiesta l’azione di dolo si comportava in modo doloso in quel momento stesso, se rifiutava di risarcire spontaneamente un danno da lui arrecato e non altrimenti sanzionato dal diritto.
2011
Actio in rem e actio in personam. In ricordo di Mario Talamaca.
9788813308186
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