Muovendo dalla ricostruzione dell’istituto operata dalla sentenza n. 15 del 2011 dell’Adunanza plenaria e dal successivo intervento legislativo sui rimedi esperibili dal terzo nei confronti della d.i.a. o s.c.i.a. (art. 6 D.L. n. 138/2011), l’autore svolge una serie di critiche alla decisione del Consiglio di Stato, esprimendo un moderato dissenso rispetto all’opinione adesiva dominante e una parziale condivisione della novella. In particolare, lo scritto contesta, da un lato, la configurazione dell’azione proponibile dal terzo nei confronti della d.i.a. come impugnazione di un (inesistente) silenzio diniego della p.a. ad esercitare i poteri inibitori e repressivi ad essa attribuiti dalla legge e, dall’altro, il modo in cui l’Adunanza plenaria, attraverso il principio della conversione delle azioni, giunge a giustificare, sul piano teorico, l’accesso immediato alla tutela cautelare da parte del ricorrente. Inoltre, viene avversata l’idea che dalla sentenza possano sorgere o risorgere in capo alla p.a. dei poteri che questa non ha mai avuto o ha comunque medio tempore perduto. L’indagine viene poi estesa alla ricerca dei motivi che hanno portato la giurisprudenza ad individuare delle soluzioni che rappresentano evidenti forzature del dato normativo, sì da costringere il legislatore ad intervenire nuovamente sull’argomento. Essi vengono individuati nella impropria estensione delle ipotesi di denuncia o segnalazione certificata di inizio attività e nella distinzione non sempre agevole dalle ipotesi di silenzio assenso. In particolare, l’indagine viene condotta sul piano del diritto urbanistico, dal quale è scaturito il maggiore contenzioso, mettendo in luce le problematiche discendenti dall’introduzione dalla figura ibrida della d.i.a. alternativa al permesso di costruire (o superdia). L’autore conclude la sua indagine suggerendo di ritornare alla filosofia iniziale del testo unico dell’edilizia, sopprimendo la c.d. superdia e prendendo atto che per gli interventi edilizi minori è accettabile l’idea, avvalorata dall’ultimo intervento del legislatore, che il terzo possa incontrare dei limiti ad ottenere una tutela di tipo ripristinatorio.
D.i.a., s.c.i.a. e silenzio assenso: una proposta per semplificare il regime dei titoli edilizi, dopo le sentenze del Cons. Stato, Adunanza plenaria, 29 luglio 2011, n. 15 e della Corte costituzionale 23 novembre 2011, n. 309
CALEGARI, ALESSANDRO
2011
Abstract
Muovendo dalla ricostruzione dell’istituto operata dalla sentenza n. 15 del 2011 dell’Adunanza plenaria e dal successivo intervento legislativo sui rimedi esperibili dal terzo nei confronti della d.i.a. o s.c.i.a. (art. 6 D.L. n. 138/2011), l’autore svolge una serie di critiche alla decisione del Consiglio di Stato, esprimendo un moderato dissenso rispetto all’opinione adesiva dominante e una parziale condivisione della novella. In particolare, lo scritto contesta, da un lato, la configurazione dell’azione proponibile dal terzo nei confronti della d.i.a. come impugnazione di un (inesistente) silenzio diniego della p.a. ad esercitare i poteri inibitori e repressivi ad essa attribuiti dalla legge e, dall’altro, il modo in cui l’Adunanza plenaria, attraverso il principio della conversione delle azioni, giunge a giustificare, sul piano teorico, l’accesso immediato alla tutela cautelare da parte del ricorrente. Inoltre, viene avversata l’idea che dalla sentenza possano sorgere o risorgere in capo alla p.a. dei poteri che questa non ha mai avuto o ha comunque medio tempore perduto. L’indagine viene poi estesa alla ricerca dei motivi che hanno portato la giurisprudenza ad individuare delle soluzioni che rappresentano evidenti forzature del dato normativo, sì da costringere il legislatore ad intervenire nuovamente sull’argomento. Essi vengono individuati nella impropria estensione delle ipotesi di denuncia o segnalazione certificata di inizio attività e nella distinzione non sempre agevole dalle ipotesi di silenzio assenso. In particolare, l’indagine viene condotta sul piano del diritto urbanistico, dal quale è scaturito il maggiore contenzioso, mettendo in luce le problematiche discendenti dall’introduzione dalla figura ibrida della d.i.a. alternativa al permesso di costruire (o superdia). L’autore conclude la sua indagine suggerendo di ritornare alla filosofia iniziale del testo unico dell’edilizia, sopprimendo la c.d. superdia e prendendo atto che per gli interventi edilizi minori è accettabile l’idea, avvalorata dall’ultimo intervento del legislatore, che il terzo possa incontrare dei limiti ad ottenere una tutela di tipo ripristinatorio.Pubblicazioni consigliate
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