L'intervento analizza e interpreta i reportages di Parise da New York, scritti nel 1975 per il "Corriere" a ridosso della morte di Pasolini. La rappresentazione parisiana di New York è incentrata in prevalenza su dettagli ( oggetti, corpi, segni). Il suo vero comune denominatore tuttavia è la vitalità energetica e "barbarica", che presiede al processo di mutazione e omologazione. Si tratta di uno sguardo un po’ attardato, di un veneto sulla Grande Mela. Il fatto tuttavia che i reportages newyorkesi si aprano e si chiudano con l’immagine di Venezia può indurre a ipotizzare, a rovescio, che la fuoriuscita dalla periferia produca in filigrana una rappresentazione dello spazio metropolitano e esotico come cartografia o proiezione della periferia stessa. L’intera cultura in questi testi si fa natura: in un moto di reversibilità vitale e biologica che allontana Parise da Pasolini conducendolo paradossalmente accanto al Calvino delle "Città invisibili". Non solo come Calvino metterà in scena in "L’eleganza è frigida" un Marco Polo postmoderno, ma nei reportage newyorkesi arriverà a costruire un piccolo calco di Leonia, la città che si monda dei propri rifiuti: "Il risultato è che la città di New York, bellissima anche per questo suo ventre mai sazio e sempre pieno, appare in certi giorni fissati e in certe ore della notte un immenso immondezzaio battuto dal vento dove rifiuti e uomini si confondono, prefigurando l’immagine di tutte le città del futuro "(p.52)

Parise a New York: gli oggetti della mutazione

ZINATO, EMANUELE
2012

Abstract

L'intervento analizza e interpreta i reportages di Parise da New York, scritti nel 1975 per il "Corriere" a ridosso della morte di Pasolini. La rappresentazione parisiana di New York è incentrata in prevalenza su dettagli ( oggetti, corpi, segni). Il suo vero comune denominatore tuttavia è la vitalità energetica e "barbarica", che presiede al processo di mutazione e omologazione. Si tratta di uno sguardo un po’ attardato, di un veneto sulla Grande Mela. Il fatto tuttavia che i reportages newyorkesi si aprano e si chiudano con l’immagine di Venezia può indurre a ipotizzare, a rovescio, che la fuoriuscita dalla periferia produca in filigrana una rappresentazione dello spazio metropolitano e esotico come cartografia o proiezione della periferia stessa. L’intera cultura in questi testi si fa natura: in un moto di reversibilità vitale e biologica che allontana Parise da Pasolini conducendolo paradossalmente accanto al Calvino delle "Città invisibili". Non solo come Calvino metterà in scena in "L’eleganza è frigida" un Marco Polo postmoderno, ma nei reportage newyorkesi arriverà a costruire un piccolo calco di Leonia, la città che si monda dei propri rifiuti: "Il risultato è che la città di New York, bellissima anche per questo suo ventre mai sazio e sempre pieno, appare in certi giorni fissati e in certe ore della notte un immenso immondezzaio battuto dal vento dove rifiuti e uomini si confondono, prefigurando l’immagine di tutte le città del futuro "(p.52)
2012
La città e l'esperienza del Moderno
9788846733146
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