Nella villa estense di Belriguardo presso Voghiera nel ferrarese, eretta nel corso del Quattrocento, sopravvive una rara testimonianza pittorica estense per la quale furono quasi certamente chiesti pareri e disegni a Giulio Romano, che nel 1535 visitò il sito. Nella Sala delle Cariatidi tra luglio e agosto del 1537 fu chiamata una squadra di pittori, ciascuno con un garzone, a dipingere “figure”: Battista Dossi, Garofalo, Girolamo e Tommaso da Carpi, Biagio Pupini, Camillo Filippi, Jacopo da Faenza. L'aula, di diciotto metri per nove, insiste sul progetto ideato da Baldassarre Peruzzi nella Sala delle Prospettive alla Farnesina, poi ripreso in considerazione da Gerolamo Genga nella Sala del Giuramento della Villa Imperiale a Pesaro. Se il vaglio di alcuni progetti giulieschi continua a confermare la responsabilità del Pippi nella concezione dell’impianto della sala, una valutazione ravvicinata delle erme di ogni singola infilata prospettica ha consentito di distinguere le diverse mani dei pittori qui attivi, utilizzando materiale grafico o pittorico di confronto, e varianti significative nella formulazione di gesti e di atteggiamenti. Tra i materiali ben presenti all’ideatore devono essere annoverate alcune illustrazioni prodotte dalle moderne rimeditazioni del testo di Vitruvio: l'incisione del cosiddetto Portico Persiano di Marcantonio Raimondi da Raffaello, le illustrazioni di un codice del De Architectura di Vitruvio nella Biblioteca Ariostea e le Regole generali di architettura di Sebastiano Serlio dedicate a Ercole II nel 1537. Anche per il tema della cariatide, che, del resto, fa parte del bagaglio figurativo di Giulio stesso, si è esplorata la trattatistica cinquecentesca dal punto di vista del dialogo con il testo di Vitruvio: il soggetto viene a fondersi con quello relativo all'origine degli ordini ed è visualizzato da spontanee riduzioni grafiche da architetti e trattatisti, come si vede nei disegni di Francesco Di Giorgio Martini e nelle illustrazioni che corredano i testi di Fra Giocondo e di Cesare Cesariano; in quest'ultimo la cariatide si fonde con l'origine della colonna stessa, mentre l'architettura porticata diventa prerogativa e simbolo del buon governante. Si è dunque indotti a pensare che Ercole II per illustrare le proprie virtù di sovrano abbia stimolato i pittori di corte a svolgere un esercizio interpretativo sul tema vitruviano delle cariatidi e del portico dei persiani. La sala dunque, più che luogo di spettacolo, dovrà essere riconsiderata come spazio di rappresentanza di un principe di età moderna.

I pittori di Ercole II a Belriguardo: modelli giulieschi e tradizione vitruviana.

PATTANARO, ALESSANDRA
2011

Abstract

Nella villa estense di Belriguardo presso Voghiera nel ferrarese, eretta nel corso del Quattrocento, sopravvive una rara testimonianza pittorica estense per la quale furono quasi certamente chiesti pareri e disegni a Giulio Romano, che nel 1535 visitò il sito. Nella Sala delle Cariatidi tra luglio e agosto del 1537 fu chiamata una squadra di pittori, ciascuno con un garzone, a dipingere “figure”: Battista Dossi, Garofalo, Girolamo e Tommaso da Carpi, Biagio Pupini, Camillo Filippi, Jacopo da Faenza. L'aula, di diciotto metri per nove, insiste sul progetto ideato da Baldassarre Peruzzi nella Sala delle Prospettive alla Farnesina, poi ripreso in considerazione da Gerolamo Genga nella Sala del Giuramento della Villa Imperiale a Pesaro. Se il vaglio di alcuni progetti giulieschi continua a confermare la responsabilità del Pippi nella concezione dell’impianto della sala, una valutazione ravvicinata delle erme di ogni singola infilata prospettica ha consentito di distinguere le diverse mani dei pittori qui attivi, utilizzando materiale grafico o pittorico di confronto, e varianti significative nella formulazione di gesti e di atteggiamenti. Tra i materiali ben presenti all’ideatore devono essere annoverate alcune illustrazioni prodotte dalle moderne rimeditazioni del testo di Vitruvio: l'incisione del cosiddetto Portico Persiano di Marcantonio Raimondi da Raffaello, le illustrazioni di un codice del De Architectura di Vitruvio nella Biblioteca Ariostea e le Regole generali di architettura di Sebastiano Serlio dedicate a Ercole II nel 1537. Anche per il tema della cariatide, che, del resto, fa parte del bagaglio figurativo di Giulio stesso, si è esplorata la trattatistica cinquecentesca dal punto di vista del dialogo con il testo di Vitruvio: il soggetto viene a fondersi con quello relativo all'origine degli ordini ed è visualizzato da spontanee riduzioni grafiche da architetti e trattatisti, come si vede nei disegni di Francesco Di Giorgio Martini e nelle illustrazioni che corredano i testi di Fra Giocondo e di Cesare Cesariano; in quest'ultimo la cariatide si fonde con l'origine della colonna stessa, mentre l'architettura porticata diventa prerogativa e simbolo del buon governante. Si è dunque indotti a pensare che Ercole II per illustrare le proprie virtù di sovrano abbia stimolato i pittori di corte a svolgere un esercizio interpretativo sul tema vitruviano delle cariatidi e del portico dei persiani. La sala dunque, più che luogo di spettacolo, dovrà essere riconsiderata come spazio di rappresentanza di un principe di età moderna.
2011
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11577/2525895
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