L’obiettivo di fondo del nostro paper, nel presentare questa traccia, questa ipotesi di ricerca fra Storia delle Relazioni Internazionali e Storia dell’integrazione europea con una attenzione particolare al “micromondo” dei prodotti tipici, è quello di far emergere quale importanza, e se una qualche importanza vi sia nell’individuare sul lungo periodo quali siano gli attori in gioco, e quale ruolo questi abbiano nel proiettare nella dimensione internazionale della politica del proprio paese promozione e difesa dei prodotti “tipici”. Non si tratta di un interesse esclusivamente “storiografico”, visto il silenzio sul tema, certo vedremo giustificato, dei testi dedicati a origini e sviluppo della PAC . Questo abbozzo di analisi, fondato su archivi e su di una bibliografia del tutto limitati rispetto al tema, dovrebbe a nostro pare già suggerire alcune riflessioni – e per questo il periodo di riferimento del paper non può che estendersi ai giorni nostri – in merito anche agli attuali sviluppi dell’uso dei DOP/IGP europei nella politica estera e commerciale non solo di Italia e Francia. Da qui il senso di riferirci ad un periodo necessariamente lungo, “lungo” nel senso che superi le date canoniche del ‘92 – il lancio dei DOP/IGP/SGT nel quadro delle normative dell’Unione europea – e del ‘96 con i primi casi della BSE ma anche in Italia del botulino “da mascarpone”, poi nel ‘97 la prima lista di prodotti “tipici” europei dove l’Italia figurava al primo posto con ben 30 formaggi, fino ad arrivare al 2001, alla “mucca pazza” e alla creazione dell’Agenzia sulla sicurezza alimentare nel 2002, last but not least ai conseguenti nuovi regolamenti UE del 2006 che hanno portato ad una accelerazione, ad una moltiplicazione esponenziale dei DOP/IGP affiancati a livello nazionale da una miriade di prodotti tipici, in particolare nei due paesi membri dell’Unione maggiormente sensibili, storicamente sensibili all’agro-alimentare, la Francia e l’Italia. Rapidamente ci siamo però trovati di fronte ad un fenomeno divenuto “europeo” perché la corsa alla labellisation “comunitaria” ha finito per coinvolgere paesi periferici rispetto ad una tradizione culinaria europea “accreditata”. La tipicità alla quale facciamo riferimento, e che ci pare di avere riscontrato nella documentazione presa in esame dalla fine della Guerra in poi, ruoterebbe attorno: - all’origine del prodotto in uno spazio e in un tempo determinato; - alla sua qualità, e dunque al suo gusto e all’immaginario «qui lui est légué»… è così and esempio nella rappresentazione della gastronomia regionale o di terroir come all’inizio degli anni ’60 è veicolata dalle due più importanti compagnie aeree europee, continentali dell’epoca, Air France e Alitalia . Uno style, una immagine che queste due compagnie hanno riproposto, quasi contemporaneamente, ma con riferimento ai prodotti tipici e alla loro rielaborazione da parte di chef noti all’inizio degli anni 2000, Antonello Colonna , e Guy Martin , con le loro ricette, da una parte legale alla tradizione – il romanissimo “cacio e pepe” di Colonna – e all’inevitabile internazionalizzazione di una compagnia leader in un trasporto globale, e in attesa del suo A380, il più grande velivolo da trasporto mai esistito, e non prodotto negli Stati Uniti, ma a Tolosa. Tuttavia l’appellation del prodotto tipico non è anche certificazione di qualità? Non dipende solo dal gusto, ma dalla “sicurezza”. Entra così in gioco la “tracciabilità”. Il prodotto tipico non si pone allora fra sicurezza alimentare e origini etno-gustative? …l’attenzione alla “sicurezza” alimentare propria forse più del Nord Europa, e il gusto del Sud… che sia vero? Se lo è, certo ha avuto una influenza sui negoziati agro-alimentari a livello europeo e internazionale, e innanzitutto nell’alleanza franco-italiana per la “tipicità” nonostante l’interesse di fondo divergente per una integrazione agricola europea di settore per Parigi, e più generale per Roma, o meglio per le associazioni di categoria italiane.

L’Italie, la France et les fromages « tipiques » (1950-2009). Aux origines d’une politique étrangère européenne?

BURIGANA, DAVID
2012

Abstract

L’obiettivo di fondo del nostro paper, nel presentare questa traccia, questa ipotesi di ricerca fra Storia delle Relazioni Internazionali e Storia dell’integrazione europea con una attenzione particolare al “micromondo” dei prodotti tipici, è quello di far emergere quale importanza, e se una qualche importanza vi sia nell’individuare sul lungo periodo quali siano gli attori in gioco, e quale ruolo questi abbiano nel proiettare nella dimensione internazionale della politica del proprio paese promozione e difesa dei prodotti “tipici”. Non si tratta di un interesse esclusivamente “storiografico”, visto il silenzio sul tema, certo vedremo giustificato, dei testi dedicati a origini e sviluppo della PAC . Questo abbozzo di analisi, fondato su archivi e su di una bibliografia del tutto limitati rispetto al tema, dovrebbe a nostro pare già suggerire alcune riflessioni – e per questo il periodo di riferimento del paper non può che estendersi ai giorni nostri – in merito anche agli attuali sviluppi dell’uso dei DOP/IGP europei nella politica estera e commerciale non solo di Italia e Francia. Da qui il senso di riferirci ad un periodo necessariamente lungo, “lungo” nel senso che superi le date canoniche del ‘92 – il lancio dei DOP/IGP/SGT nel quadro delle normative dell’Unione europea – e del ‘96 con i primi casi della BSE ma anche in Italia del botulino “da mascarpone”, poi nel ‘97 la prima lista di prodotti “tipici” europei dove l’Italia figurava al primo posto con ben 30 formaggi, fino ad arrivare al 2001, alla “mucca pazza” e alla creazione dell’Agenzia sulla sicurezza alimentare nel 2002, last but not least ai conseguenti nuovi regolamenti UE del 2006 che hanno portato ad una accelerazione, ad una moltiplicazione esponenziale dei DOP/IGP affiancati a livello nazionale da una miriade di prodotti tipici, in particolare nei due paesi membri dell’Unione maggiormente sensibili, storicamente sensibili all’agro-alimentare, la Francia e l’Italia. Rapidamente ci siamo però trovati di fronte ad un fenomeno divenuto “europeo” perché la corsa alla labellisation “comunitaria” ha finito per coinvolgere paesi periferici rispetto ad una tradizione culinaria europea “accreditata”. La tipicità alla quale facciamo riferimento, e che ci pare di avere riscontrato nella documentazione presa in esame dalla fine della Guerra in poi, ruoterebbe attorno: - all’origine del prodotto in uno spazio e in un tempo determinato; - alla sua qualità, e dunque al suo gusto e all’immaginario «qui lui est légué»… è così and esempio nella rappresentazione della gastronomia regionale o di terroir come all’inizio degli anni ’60 è veicolata dalle due più importanti compagnie aeree europee, continentali dell’epoca, Air France e Alitalia . Uno style, una immagine che queste due compagnie hanno riproposto, quasi contemporaneamente, ma con riferimento ai prodotti tipici e alla loro rielaborazione da parte di chef noti all’inizio degli anni 2000, Antonello Colonna , e Guy Martin , con le loro ricette, da una parte legale alla tradizione – il romanissimo “cacio e pepe” di Colonna – e all’inevitabile internazionalizzazione di una compagnia leader in un trasporto globale, e in attesa del suo A380, il più grande velivolo da trasporto mai esistito, e non prodotto negli Stati Uniti, ma a Tolosa. Tuttavia l’appellation del prodotto tipico non è anche certificazione di qualità? Non dipende solo dal gusto, ma dalla “sicurezza”. Entra così in gioco la “tracciabilità”. Il prodotto tipico non si pone allora fra sicurezza alimentare e origini etno-gustative? …l’attenzione alla “sicurezza” alimentare propria forse più del Nord Europa, e il gusto del Sud… che sia vero? Se lo è, certo ha avuto una influenza sui negoziati agro-alimentari a livello europeo e internazionale, e innanzitutto nell’alleanza franco-italiana per la “tipicità” nonostante l’interesse di fondo divergente per una integrazione agricola europea di settore per Parigi, e più generale per Roma, o meglio per le associazioni di categoria italiane.
2012
Typicality in History. Tradition, Innovation, and Terroir – La typicité dans l’histoire. Tradition, innovation et terroir
9782875740076
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