Nella cultura giuridica europea la crisi del sistema delle fonti e il tramonto della legge quale punto di riferimento originario per l’interprete si accompagnano all’avvento definitivo del diritto giudiziario delle Corti, con conseguente modifica della tradizionale categoria moderna della positività giuridica. Lo sviluppo del precedente giudiziario e l’involuzione della legge negli orientamenti interpretativi del giurista contemporaneo suggeriscono una rilettura del giuspositivismo formalistico di Hans Kelsen, che, riflettendo nel periodo nordamericano sui problemi del diritto internazionale, elabora un normativismo giusrealista che, non del tutto casualmente, riappare oggi nel rinnovato ruolo assunto dalla giurisprudenza quale interprete e artefice della positività giuridica. Da questa radice normativista, tipica della visione razionalistica moderna, nasce la concezione empiristica del diritto giudiziario, caratteristica dell’epoca postmoderna, fondata sulla contingenza volontaristica della decisione efficace e sullo smarrimento di valori permanenti che la norma positiva stabilita dalla legge dello Stato non può più indicare. Ne consegue l’esigenza di riflettere criticamente sul controllo della decisione del giudice e, dunque, della giustificazione del primato della giurisprudenza nel sistema delle fonti del diritto, icasticamente rappresentato nella cultura del diritto europeo dal noto brocardo Quis custodiet ipsos custodes? Per rimediare a questa indiscussa e talora arbitraria supremazia del diritto giudiziario sembra opportuno risemantizzare la positività giuridica e ritornare all’origine classica della cultura europea, ripensando la legge non tanto quale norma imperativa ed astratta, come ha fatto il pensiero giuridico e politico della modernità, quanto quale fonte orientativa e dinamica dell’esperienza giuridica che si mostra nella controversia organizzata nel processo. Questa prospettiva è sviluppata criticamente e in modo paradigmatico dalla filosofia greca e, in particolare, si ritrova emblematicamente nella riflessione di Platone, il quale assegna al legislatore un compito necessario e nel contempo problematico di continuo ed inesausto controllo critico del nómos dialettico, fondato sul principio che consente ed impone la discussione, come avviene nel processo. In conclusione, la cultura giuridica classica, emblematicamente rappresentata dal pensiero platonico, insegna che, come la sentenza, anche la legge è autenticamente giuridica quando è dialettica e, dunque, quando riconosce la sua natura processuale di costante esposizione alla critica. Ma ciò avviene non soltanto quando la decisione del giudice o il provvedimento del legislatore formulano princìpi, regole o soluzioni che conciliano le opposte tesi che inevitabilmente si presentano nella controversia giudiziaria, ma anche quando la legge stessa, proprio come la sentenza che per sua natura non è mai veramente irrevocabile, si sottopone al controllo critico di un giudizio che si ponga come limite ad ogni pretesa di imporre un comando senza discussioni.

Quis custodiet ipsos custodes? Ripensare la legge nell’epoca del diritto giudiziario

MORO, PAOLO
2012

Abstract

Nella cultura giuridica europea la crisi del sistema delle fonti e il tramonto della legge quale punto di riferimento originario per l’interprete si accompagnano all’avvento definitivo del diritto giudiziario delle Corti, con conseguente modifica della tradizionale categoria moderna della positività giuridica. Lo sviluppo del precedente giudiziario e l’involuzione della legge negli orientamenti interpretativi del giurista contemporaneo suggeriscono una rilettura del giuspositivismo formalistico di Hans Kelsen, che, riflettendo nel periodo nordamericano sui problemi del diritto internazionale, elabora un normativismo giusrealista che, non del tutto casualmente, riappare oggi nel rinnovato ruolo assunto dalla giurisprudenza quale interprete e artefice della positività giuridica. Da questa radice normativista, tipica della visione razionalistica moderna, nasce la concezione empiristica del diritto giudiziario, caratteristica dell’epoca postmoderna, fondata sulla contingenza volontaristica della decisione efficace e sullo smarrimento di valori permanenti che la norma positiva stabilita dalla legge dello Stato non può più indicare. Ne consegue l’esigenza di riflettere criticamente sul controllo della decisione del giudice e, dunque, della giustificazione del primato della giurisprudenza nel sistema delle fonti del diritto, icasticamente rappresentato nella cultura del diritto europeo dal noto brocardo Quis custodiet ipsos custodes? Per rimediare a questa indiscussa e talora arbitraria supremazia del diritto giudiziario sembra opportuno risemantizzare la positività giuridica e ritornare all’origine classica della cultura europea, ripensando la legge non tanto quale norma imperativa ed astratta, come ha fatto il pensiero giuridico e politico della modernità, quanto quale fonte orientativa e dinamica dell’esperienza giuridica che si mostra nella controversia organizzata nel processo. Questa prospettiva è sviluppata criticamente e in modo paradigmatico dalla filosofia greca e, in particolare, si ritrova emblematicamente nella riflessione di Platone, il quale assegna al legislatore un compito necessario e nel contempo problematico di continuo ed inesausto controllo critico del nómos dialettico, fondato sul principio che consente ed impone la discussione, come avviene nel processo. In conclusione, la cultura giuridica classica, emblematicamente rappresentata dal pensiero platonico, insegna che, come la sentenza, anche la legge è autenticamente giuridica quando è dialettica e, dunque, quando riconosce la sua natura processuale di costante esposizione alla critica. Ma ciò avviene non soltanto quando la decisione del giudice o il provvedimento del legislatore formulano princìpi, regole o soluzioni che conciliano le opposte tesi che inevitabilmente si presentano nella controversia giudiziaria, ma anche quando la legge stessa, proprio come la sentenza che per sua natura non è mai veramente irrevocabile, si sottopone al controllo critico di un giudizio che si ponga come limite ad ogni pretesa di imporre un comando senza discussioni.
2012
Positività e giurisprudenza. Teoria e prassi nella formazione giudiziale del diritto
9788856849660
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