Studiare l’arte da un punto di vista comunicativo offre parecchi vantaggi. Tra questi il più rilevante è la suddivisione degli elementi che concorrono alla sua formazione, cioè l’autore, l’opera e il fruitore e, quindi, il collegamento tra di essi. Per comprendere perché un atto così individuale come la creazione artistica è anche sociale si deve comprendere la duplicità insita già dal primo momento in cui l’opera nasce nella mente dell’artista come idea e come “fare”. Nel caso in cui l’opera è commissionata, il committente affida alla creatività dell’artista. La fiducia nell’artista sottintende un’aspettativa adeguata (in quanto definita socialmente) a una determinata attuazione. Chi possiede la capacità poietica è un membro della società e non solo sa materialmente come fare, ma anche come interpretare in modo personalizzato mettendo in atto il paradosso dello stile (stile che ha fatto sì che il committente scegliesse proprio quell’artista e non un altro). Certamente la creatività artistica è anche creatività sociale e se ci si rifà ai classici della sociologia si nota che Durkheim sottolinea la tendenza della società a controllare con contratti sociali anche la spontaneità. Weber da parte sua osserva che la razionalità tende a imbrigliare intuizione e individualità riportandole dentro la tradizione intesa come serie di comportamenti “tipici” accettati perché riconosciuti socialmente e, ciononostante, sono stati realizzati capolavori espressione di grande individualità. Simmel sottolinea che l’individuo ha la tendenza a svincolarsi dal controllo sociale e il fatto stesso che l’attore sociale sia esposto a scelte differenziate lo porta a opzioni imprevedibili e quindi creative. L’organizzazione sociale si configura come un universo di senso che deriva da un percorso storico attraverso il quale è passata l’attività umana. Proprio per questo tali universi sono soggetti a cambiamenti provocati “dalle concrete azioni degli uomini” (Berger e Luckmann, 1969, p. 162). Anche se la realtà viene definita socialmente, si deve tener presente che le definizioni vengono date dagli individui e dai gruppi sociali. Non è la domanda “Che cos’è l’arte?” che è cruciale, ma quella più sostanziale “Chi dice che questo prodotto, quest’opera, ecc. è arte?”. Nella società gli “esperti” hanno il potere di teorizzare collegando tra loro i processi di definizione e di produzione della realtà. La legittimazione permette di rafforzare tutto ciò che è stato tradizionalmente fissato nelle azioni istituzionalizzate, ma comporta, inevitabilmente, un processo che implica uno stato d’inerzia delle istituzioni. Il mantenimento dello status quo, la conoscenza di regole fisse, rende più semplice la comprensione e quindi l’accettazione. In un certo senso la definizione di “arte” porta alla produzione di artefatti che funzionano principalmente perché seguono determinati canoni rientrano nelle definizioni promulgate dagli esperti. Nel passaggio tra artista-opera-fruitore intercorrono processi di mediazione della conoscenza artistica che sono dovuti al mercato, all’offerta educativo/conoscitiva da parte delle istituzioni. L’istituzionalizzazione è intervenuta in ogni epoca in quanto la società ha sempre dovuto “controllare” da una parte e “proteggere” dall’altra, la creatività umana. Solo in questo modo l’arte è diventata un “fatto sociale” e ha ottenuto la legittimazione entro canali istituzionalizzati messi in atto da processi selettivi operati da gatekeeper esponenti di una determinata cultura. Il loro compito è di controllare la “purezza” del modello e la “conformità” delle nuove creazioni ai modelli esistenti.

L’arte come comunicazione tra individuo e società

TESSAROLO, MARISELDA
2012

Abstract

Studiare l’arte da un punto di vista comunicativo offre parecchi vantaggi. Tra questi il più rilevante è la suddivisione degli elementi che concorrono alla sua formazione, cioè l’autore, l’opera e il fruitore e, quindi, il collegamento tra di essi. Per comprendere perché un atto così individuale come la creazione artistica è anche sociale si deve comprendere la duplicità insita già dal primo momento in cui l’opera nasce nella mente dell’artista come idea e come “fare”. Nel caso in cui l’opera è commissionata, il committente affida alla creatività dell’artista. La fiducia nell’artista sottintende un’aspettativa adeguata (in quanto definita socialmente) a una determinata attuazione. Chi possiede la capacità poietica è un membro della società e non solo sa materialmente come fare, ma anche come interpretare in modo personalizzato mettendo in atto il paradosso dello stile (stile che ha fatto sì che il committente scegliesse proprio quell’artista e non un altro). Certamente la creatività artistica è anche creatività sociale e se ci si rifà ai classici della sociologia si nota che Durkheim sottolinea la tendenza della società a controllare con contratti sociali anche la spontaneità. Weber da parte sua osserva che la razionalità tende a imbrigliare intuizione e individualità riportandole dentro la tradizione intesa come serie di comportamenti “tipici” accettati perché riconosciuti socialmente e, ciononostante, sono stati realizzati capolavori espressione di grande individualità. Simmel sottolinea che l’individuo ha la tendenza a svincolarsi dal controllo sociale e il fatto stesso che l’attore sociale sia esposto a scelte differenziate lo porta a opzioni imprevedibili e quindi creative. L’organizzazione sociale si configura come un universo di senso che deriva da un percorso storico attraverso il quale è passata l’attività umana. Proprio per questo tali universi sono soggetti a cambiamenti provocati “dalle concrete azioni degli uomini” (Berger e Luckmann, 1969, p. 162). Anche se la realtà viene definita socialmente, si deve tener presente che le definizioni vengono date dagli individui e dai gruppi sociali. Non è la domanda “Che cos’è l’arte?” che è cruciale, ma quella più sostanziale “Chi dice che questo prodotto, quest’opera, ecc. è arte?”. Nella società gli “esperti” hanno il potere di teorizzare collegando tra loro i processi di definizione e di produzione della realtà. La legittimazione permette di rafforzare tutto ciò che è stato tradizionalmente fissato nelle azioni istituzionalizzate, ma comporta, inevitabilmente, un processo che implica uno stato d’inerzia delle istituzioni. Il mantenimento dello status quo, la conoscenza di regole fisse, rende più semplice la comprensione e quindi l’accettazione. In un certo senso la definizione di “arte” porta alla produzione di artefatti che funzionano principalmente perché seguono determinati canoni rientrano nelle definizioni promulgate dagli esperti. Nel passaggio tra artista-opera-fruitore intercorrono processi di mediazione della conoscenza artistica che sono dovuti al mercato, all’offerta educativo/conoscitiva da parte delle istituzioni. L’istituzionalizzazione è intervenuta in ogni epoca in quanto la società ha sempre dovuto “controllare” da una parte e “proteggere” dall’altra, la creatività umana. Solo in questo modo l’arte è diventata un “fatto sociale” e ha ottenuto la legittimazione entro canali istituzionalizzati messi in atto da processi selettivi operati da gatekeeper esponenti di una determinata cultura. Il loro compito è di controllare la “purezza” del modello e la “conformità” delle nuove creazioni ai modelli esistenti.
2012
Arte, psiche e società
9788843066131
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