Il discorso "Al benigno lettore" che introduce l’oratorio "Il gigante" di Leone Santi (Roma, 1632) ed appare con alcune modifiche ne "Il David", seconda edizione dell’opera (Roma, 1637), sotto il titolo di "Discorso del Poetar Drammatico sopra gl’argumenti presi dalla sacra Scrittura" si prospetta come un autentico trattato di poetica che inquadra il testo dell’azione tragica nel complesso dibattito coevo sulla ridefinizione del genere tragico. La prima versione del "Discorso" costituisce una piccola enciclopedia della nuova tragedia nella quale trovano uguale spazio sia le dissertazioni sulla materia drammatica che quelle sullo stile e la lingua tragici. La scelta del genere, rigorosamente a soggetto sacro, è giustificata nella consueta prospettiva del movere et delectare. Il problema dell’inventio è invece risolto mediante l’adozione della categoria del «verisimile», estesa anche alla scenografia e al linguaggio. La riformulazione stilistica del paradigma tragico è quindi affidata alla contaminatio di generi qualitativamente opposti come tragedia, commedia, elegia pastorale e poema eroico, mentre il carattere del «parlare scenico» è improntato al principio dell’«uso commune». Nel rifacimento del 1637, la veste del paratesto è abbastanza mutata. Il volume riceve l’imprimatur ed è aperto da una dedicatoria "Alli nobilissimi Giovani del Seminario Romano" a firma dello stampatore. Il "Discorso" mantiene nel complesso la struttura originaria, ma il contenuto del dibattito si riduce esclusivamente al problema del verosimile. Le posizioni di Santi sono sostenute attraverso costanti richiami a numerose auctoritates scritturali ed ecclesiastiche, oltre all’Aristotele della "Poetica" e ai massimi auctores in campo poetico e linguistico quali Petrarca, Ariosto e Tasso.
Un'amabile tragedia di eroici pastori: intersezione di modelli e linguaggi nel «Gigante» e nel «David» di Leone Santi
PIETROBON, ESTER
2014
Abstract
Il discorso "Al benigno lettore" che introduce l’oratorio "Il gigante" di Leone Santi (Roma, 1632) ed appare con alcune modifiche ne "Il David", seconda edizione dell’opera (Roma, 1637), sotto il titolo di "Discorso del Poetar Drammatico sopra gl’argumenti presi dalla sacra Scrittura" si prospetta come un autentico trattato di poetica che inquadra il testo dell’azione tragica nel complesso dibattito coevo sulla ridefinizione del genere tragico. La prima versione del "Discorso" costituisce una piccola enciclopedia della nuova tragedia nella quale trovano uguale spazio sia le dissertazioni sulla materia drammatica che quelle sullo stile e la lingua tragici. La scelta del genere, rigorosamente a soggetto sacro, è giustificata nella consueta prospettiva del movere et delectare. Il problema dell’inventio è invece risolto mediante l’adozione della categoria del «verisimile», estesa anche alla scenografia e al linguaggio. La riformulazione stilistica del paradigma tragico è quindi affidata alla contaminatio di generi qualitativamente opposti come tragedia, commedia, elegia pastorale e poema eroico, mentre il carattere del «parlare scenico» è improntato al principio dell’«uso commune». Nel rifacimento del 1637, la veste del paratesto è abbastanza mutata. Il volume riceve l’imprimatur ed è aperto da una dedicatoria "Alli nobilissimi Giovani del Seminario Romano" a firma dello stampatore. Il "Discorso" mantiene nel complesso la struttura originaria, ma il contenuto del dibattito si riduce esclusivamente al problema del verosimile. Le posizioni di Santi sono sostenute attraverso costanti richiami a numerose auctoritates scritturali ed ecclesiastiche, oltre all’Aristotele della "Poetica" e ai massimi auctores in campo poetico e linguistico quali Petrarca, Ariosto e Tasso.Pubblicazioni consigliate
I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.