Un tema di riflessione che rimane sempre attuale, attraverso i secoli, è quello del rapporto tra autorità e libertà, prossimità e distanza, nella relazione educativa. La questione affonda le sue radici nell’antropologia filosofica e – in particolare – nella naturale “educabilità” che è propria della natura umana: la persona umana, essere che esiste sulla linea di orizzonte tra sostanze corporee e spirituali, ha bisogno di essere accompagnata in termini educativi per conquistare la capacità di agire pienamente secondo la propria natura spirituale. Intesa in tal senso l’educazione è un processo a termine, che si conclude con la conquista dell’autonomia, ovvero la capacità di agire responsabilmente con libertà, da parte della persona. Si può parlare di lifelong learning, ovvero di formazione per tutta la vita, non di lifelong education. Molte sono le immagini e le metafore che indicano la figura dell’educatore: il Padre, la Madre, la Nutrice, il Maestro. In tutti i casi si può sottolineare la consapevolezza di una vocazione educativa, in cui l’educatore prende coscienza della sua missione. Interpretando il ruolo educativo ne assume anche le responsabilità connesse, tra cui quella dell’esercizio di una specifica autorità educativa. Tale autorità è a sua volta un’autorità “a termine”, secondo la natura del processo educativo, che mira a promuovere nell’allievo il massimo di autonomia e quindi di libertà. L’autorità dell’educatore è un’autorità che mira a dissolversi e lo stesso educatore desidera rendersi inutile. Nell’esercizio dell’autorità educativa è necessario trovare un equilibrio tra prossimità e distanza. Vi sono autori come Bertin che sottolineano il rischio di un’eccessiva prossimità, che lui chiama simpatia, in cui potrebbe svilupparsi – da parte dell’allievo – una identificazione acritica nella figura del maestro. Altri autori sottolineano invece la necessità di una forte prossimità; Bertolini parla esplicitamente di un Eros educativo. Una terza posizione, che può considerarsi di sintesi tra le prime due, potrebbe costruirsi attorno a un altro termine greco che indica prossimità: Agape. Si è vicini alla persona non per servirsene o per plagiarla, ma per servirla. A queste condizioni il massimo della prossimità coincide con il massimo del rispetto per l’autonomia della persona, che si sta formando come tale.

Prossimità e distanza dell'educatore

PORCARELLI, ANDREA
2013

Abstract

Un tema di riflessione che rimane sempre attuale, attraverso i secoli, è quello del rapporto tra autorità e libertà, prossimità e distanza, nella relazione educativa. La questione affonda le sue radici nell’antropologia filosofica e – in particolare – nella naturale “educabilità” che è propria della natura umana: la persona umana, essere che esiste sulla linea di orizzonte tra sostanze corporee e spirituali, ha bisogno di essere accompagnata in termini educativi per conquistare la capacità di agire pienamente secondo la propria natura spirituale. Intesa in tal senso l’educazione è un processo a termine, che si conclude con la conquista dell’autonomia, ovvero la capacità di agire responsabilmente con libertà, da parte della persona. Si può parlare di lifelong learning, ovvero di formazione per tutta la vita, non di lifelong education. Molte sono le immagini e le metafore che indicano la figura dell’educatore: il Padre, la Madre, la Nutrice, il Maestro. In tutti i casi si può sottolineare la consapevolezza di una vocazione educativa, in cui l’educatore prende coscienza della sua missione. Interpretando il ruolo educativo ne assume anche le responsabilità connesse, tra cui quella dell’esercizio di una specifica autorità educativa. Tale autorità è a sua volta un’autorità “a termine”, secondo la natura del processo educativo, che mira a promuovere nell’allievo il massimo di autonomia e quindi di libertà. L’autorità dell’educatore è un’autorità che mira a dissolversi e lo stesso educatore desidera rendersi inutile. Nell’esercizio dell’autorità educativa è necessario trovare un equilibrio tra prossimità e distanza. Vi sono autori come Bertin che sottolineano il rischio di un’eccessiva prossimità, che lui chiama simpatia, in cui potrebbe svilupparsi – da parte dell’allievo – una identificazione acritica nella figura del maestro. Altri autori sottolineano invece la necessità di una forte prossimità; Bertolini parla esplicitamente di un Eros educativo. Una terza posizione, che può considerarsi di sintesi tra le prime due, potrebbe costruirsi attorno a un altro termine greco che indica prossimità: Agape. Si è vicini alla persona non per servirsene o per plagiarla, ma per servirla. A queste condizioni il massimo della prossimità coincide con il massimo del rispetto per l’autonomia della persona, che si sta formando come tale.
2013
La generazione dell'umano. Snodi per una filosofia dell'educazione
9788897497066
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11577/2802484
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