Il contributo muove dalla constatazione dell'esistenza di una pluralità di fonti sostanziali a partire dalle quali, nel momento attuale, è garantita la tutela dei diritti fondamentali all'interno dell'ordinamento dell'Unione europea. È cosa nota infatti che, a partire da un panorama inizialmente privo di qualsiasi riferimento al tema dei diritti fondamentali, nel testo originario del Trattato di Roma, la giurisprudenza della Corte di giustizia ha individuato un corpus di principi destinati a fungere da parametro nella valutazione tanto della legittimità di normative e di atti individuali del diritto dell'Unione, quanto della conformità dei diritti nazionali con questo. Dopo aver sottolineato il passaggio decisivo prodottosi con l'adozione della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea e con la sua successiva equiparazione ai Trattati, l'autore analizza l'evoluzione della giurisprudenza della Corte di giustizia ed osserva una tendenza piuttosto marcata ad abbandonare il riferimento a fonti materiali esterne all'ordinamento dell'Unione, compresa la Convenzione europea di salvaguardia, per utilizzare invece esclusivamente, laddove possibile, i parametri interni all'ordinamento: la Carta dei diritti e il corpus giurisprudenziale della Corte di giustizia. In quest'ottica, il parametro esterno del controllo del rispetto dei diritti fondamentali sembra destinato ad essere richiamato soltanto a scopo di integrazione, laddove cioè manchi un compiuto sistema normativo e giurisprudenziale piano interno, capace di fungere da parametro autonomo. Secondo l'autore, si tratta di una tendenza frutto di di un consapevole adattamento al nuovo quadro del sistema, ed in particolare al futuro assetto dei rapporti tra diritto dell'Unione e diritto convenzionale. La Corte mirerebbe cioè a predisporre un sistema di parametri tendenzialmente autosufficiente, nell'ambito del diritto dell'Unione, anche al fine di chiarire il ruolo della Convenzione europea e della Corte di Strasburgo quali strumenti di controllo esterno del sistema. Ciò consentirebbe ad un tempo di sdrammatizzare il problema del rapporto tra le Corti, escludendo nei limiti del possibile un conflitto aperto relativo all'interpretazione del medesimo sistema normativo, e darebbe forse anche un contributo alla più ordinata gestione dei rapporti tra diritti nazionali degli Stati membri e sistema convenzionale, sgomberando il campo dall'inevitabile cortocircuito di fonti e di meccanismi di soluzione dei conflitti tra ordinamenti e sistemi, che la "comunitarizzazione" della CEDU rischia altrimenti di generare.

FONTI E DIRITTI FONDAMENTALI NELL’UNIONE EUROPEA DOPO IL TRATTATO DI LISBONA: VERSO L’AFFERMAZIONE DI UN SISTEMA DI GARANZIE AUTONOMO DELL’UNIONE

CORTESE, BERNARDO
2013

Abstract

Il contributo muove dalla constatazione dell'esistenza di una pluralità di fonti sostanziali a partire dalle quali, nel momento attuale, è garantita la tutela dei diritti fondamentali all'interno dell'ordinamento dell'Unione europea. È cosa nota infatti che, a partire da un panorama inizialmente privo di qualsiasi riferimento al tema dei diritti fondamentali, nel testo originario del Trattato di Roma, la giurisprudenza della Corte di giustizia ha individuato un corpus di principi destinati a fungere da parametro nella valutazione tanto della legittimità di normative e di atti individuali del diritto dell'Unione, quanto della conformità dei diritti nazionali con questo. Dopo aver sottolineato il passaggio decisivo prodottosi con l'adozione della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea e con la sua successiva equiparazione ai Trattati, l'autore analizza l'evoluzione della giurisprudenza della Corte di giustizia ed osserva una tendenza piuttosto marcata ad abbandonare il riferimento a fonti materiali esterne all'ordinamento dell'Unione, compresa la Convenzione europea di salvaguardia, per utilizzare invece esclusivamente, laddove possibile, i parametri interni all'ordinamento: la Carta dei diritti e il corpus giurisprudenziale della Corte di giustizia. In quest'ottica, il parametro esterno del controllo del rispetto dei diritti fondamentali sembra destinato ad essere richiamato soltanto a scopo di integrazione, laddove cioè manchi un compiuto sistema normativo e giurisprudenziale piano interno, capace di fungere da parametro autonomo. Secondo l'autore, si tratta di una tendenza frutto di di un consapevole adattamento al nuovo quadro del sistema, ed in particolare al futuro assetto dei rapporti tra diritto dell'Unione e diritto convenzionale. La Corte mirerebbe cioè a predisporre un sistema di parametri tendenzialmente autosufficiente, nell'ambito del diritto dell'Unione, anche al fine di chiarire il ruolo della Convenzione europea e della Corte di Strasburgo quali strumenti di controllo esterno del sistema. Ciò consentirebbe ad un tempo di sdrammatizzare il problema del rapporto tra le Corti, escludendo nei limiti del possibile un conflitto aperto relativo all'interpretazione del medesimo sistema normativo, e darebbe forse anche un contributo alla più ordinata gestione dei rapporti tra diritti nazionali degli Stati membri e sistema convenzionale, sgomberando il campo dall'inevitabile cortocircuito di fonti e di meccanismi di soluzione dei conflitti tra ordinamenti e sistemi, che la "comunitarizzazione" della CEDU rischia altrimenti di generare.
2013
PROCESSO PENALE, LINGUA E UNIONE EUROPEA
9788813335168
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